VI

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Ariel Audrey Deep, appartamento periferia di New York, New York.

Quando la porta dell'appartamento si chiuse con un tonfo, sobbalzai e corsi all'ingresso, per sincercarmi che non fosse entrato qualche estraneo; dopotutto, non conoscevo per nulla le abitudini degli Ivanov, quanto meno come questi controllassero i propri affiliati, o nel mio caso, i propri prigionieri.

Rimasi impietrita.

Con ingenuità avevo sempre creduto, che, nella mia sfortunata esistenza, avessi visto, vissuto ed osservato tanti scenari negativi e terrorizzanti da averne per una vita intera, ma mi ero sempre sbagliata: Mikhail, furioso, non era lontanamente paragonabile a nessuna delle mie esperienze più terrificanti.

Feci un passo indietro e mi ritrovai a sostenere, seppur con angoscia crescente, quello sguardo vitreo; lo sguardo di un uomo che era perso all'interno della propria furia e non riusciva a venirne a galla.

"È successo qualcosa?" Balbettai, per rompere la tensione che saturava l'aria irrespirabile dell' ingresso. "Mikhail?"

La mia voce sembrò avere il potere di strapparlo dalla sua trance e con sguardo allucinato varcò la soglia della cucina senza degnarmi di attenzione. Sbattè con poca grazia il cappotto sul tavolo ed in silenzio decisi di raggiungerlo in punta di piedi.

"Che sta succedendo?" La mia voce tradì un po' di emozione, che avessero scoperto il mio segreto? "Mikhail." Lo strattonai per il gomito, ma non si mosse. "Mikhail, mi devi una spiegazione, tu mi de-

Mikhail si girò con uno scatto repentino e mi ritrovai  schiacciata tra lui ed il frigorifero.

"Io non ti devo un bel niente." Spalancai la bocca sorpresa di fronte a quel tono grave e gelido mai udito prima di allora, ma la richiusi immediatamente quando tremò. "Io non ti devo un cazzo di niente, stupida sgualdrina."

Mi urlò in viso, così incazzato da non rendersi nemmeno conto che la mia mano andò a collidere contro la sua guancia.

"Non provare." La mia voce vibrò dalla rabbia, così come il mio corpo e per risultare sicura e non spaventata, mi dovetti schiarire la voce. "Non ti azzardare mai più a chiamarmi sgualdrina, Mikhail."

Sollevai lo sguardo ed incontrai due lande steppose deserte e gelide; deglutii, sempre più impaurita dalla sua prossima decisione: ero la preda poco intelligente e con scarso senso di preservazione, braccata a vista dal cacciatore letale.

"Come hai osato?"

I lineamenti rigidi del volto sembrarono scolpiti nella pietra e così anche le sue parole.

"Come hai osato tu." Sbraitai, in un vano tentativo di ribellarmi a quella minaccia soffocante. "Volevo solo cercare di essere gentile, ma con te è impossibile."

Senza scomporsi avanzò ancora di un passo e permise ai nostri petti di toccarsi; fui conscia dell'accelerazione della mia respirazione e della sua vicinanza, così intensa, da farmi sudare l'attaccatura dei capelli.

"Vuoi renderti utile, Ariel?" Ovviamente fu una domanda retorica. "Vuoi davvero renderti utile?" La sua mano destra si appoggiò pesantemente sul mio interno coscia. "Allora lasciati scopare."

La mia salivazione si azzerò e i miei circuiti neuronali furono messi fuori uso da quella frase rude, territoriale e altamente eccitante.

"Tu vuoi scoparmi?" Con voce flebile e tentennante ripetei le sue parole dopo un lasso di tempo piuttosto interessante e la sua presa si acuì mentre i polpastrelli guadagnarono qualche centimetro in più in direzione delle mie mutande. "Mikhail?"

Mi morsicai il labbro per trattenere un gemito.

"Oh." Ghignò. "Per la verità desidero farlo dalla prima volta che ti ho vista. Per non parlare di quando ti ho fatto incazzare, eri così dannatamente eccitante, che ho pensato almeno ad una decina di modi per farti stare zitta e quando mi sono allontanato dalla boutique, ho dovuto scopare la cameriera del caffè nel bagno per trovare un po' di sollievo." Rise, divertito dal mio sgomento. "Cos'è, fai la puritana adesso? Non eri tu la ragazza audace?" Poi l'azzurro dei suoi occhi cambiò tonalità, lo vidi insospettirsi di fronte alla mia espressione terrea e il diavolo avvenente si trasformò in un serpente pronto a colpire. "O forse sei ancora vergine?" La sua voce vibrò in avvertimento. "Non è che hai mentito, Cappuccetto rosso?" La sua mano si mosse ancora più all'interno e sussultai, andando a collidere contro la superficie gelata del frigorifero. "Cosa nascondi?"

Non gli diedi tempo di esaminare la mia espressione e non diedi nemmeno tempo a me stessa di comprendere il piano disastroso in cui avevo deciso di lanciarmi: gli arpionai i lembi della camicia e lo baciai.

Mikhail rispose con vigore al mio gesto e mi ritrovai seduta sul tavolo con lui fra le mie gambe. Una parte della mia coscienza urlò di fermarmi, di porre fine a quella disastrosa escalation che mi avrebbe portata a rivelare, irrimediabilmente, la mia condizione, ma avrei comunque potuto avere fortuna, non era così?

In fondo, non tutte le ragazze la prima volta avvertivano quel dolore lancinante e non tutte soffrivano. Potevo solo sperare di essere una tra queste.

Chiusi gli occhi e la mente, abbandonandomi ai movimenti esperti di Mikhail e quando le sue dita oltrepassarono il sottile strato di stoffa, persi consapevolezza del mio corpo. Mi resi vagamente conto di essere trasportata dalla sala da pranzo alla sua camera da letto e, altrettanto inconsciamente, gli allentai il nodo della cravatta e gli slacciai la camicia. Quando gliela feci scivolare oltre le spalle, nonostante la fatica immane a collegare movimenti e neuroni, mi presi del tempo necessario per poter ammirare il suo fisico scolpito, i tatuaggi, che si rincorrevano su quella pelle candida e...

"Concentrati," sussurrò Mikhail ad un centimetro dalle mie labbra ed io mi concentrai: feci scorrere le mani lungo il suo torace e giù sugli addominali, per poi arrivare a slacciargli la cintura, la cerniera e-

"No, non sono dell'umore adatto per i preliminari." Mi baciò di nuovo e quasi esultai dalla gioia, perché ero convinta di dover improvvisare e non ero così sicura che la mia performance sarebbe stata da dieci. "Quindi saltiamo." Si liberò velocemente dei vestiti ed evitai di spingere lo sguardo oltre i suoi pettorali, perché dovevo concentrarmi sull'inevitabile e non avevo bisogno di distrazioni. "Apri le gambe."

Dovevo riuscire a... un profondo calore mi esplose nel basso ventre, quando Mikhail si posizionò correttamente, per poi spingere senza nessuna ritrosia. Con un potente spasmo mi aggrappai alle sue spalle e buttai fuori tutto il fiato.

"Ariel?" Mikhail mi prese il volto tra le mani e spalancò gli occhi atterrito. "Ariel? Porca puttana." Si spostò così velocemente, che un altro spasmo mi trapassò il ventre ed una lacrima mi cadde dalla guancia. "Ariel, porca puttana, tu eri vergine!" Lo vidi correre in bagno, ma il dolore era diventato così acuto e profondo, da non darmi il tempo di registrare le sue domande. "Ariel, porca puttana."

L'imprecazione giunse da una piccola e lontana parte della mia mente, prima che il buio mi coprì con la sua coperta.

ANGOLO AUTRICE🤩:
L'orgoglio, ragazze è una brutta bruttissima bestia 🤣

Malizia |THE NY RUSSIAN MAFIA #3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora