Ariel Audrey Deep, NY university campus, New York.
Al termine delle lezioni non avevo incontrato Mikhail e avevo deciso di dirigermi direttamente a casa nostra, per riposare le orecchie dalle incessanti domande di Michelle e delle sue compagne di squadra.
Quando varcai la soglia erano ormai le sei del pomeriggio e decisi fosse giunta l'ora di ravanare nella nostra dispensa e trovare qualcosa da cucinare per entrambi. Non avevamo granché nel frigorifero. In effetti, non avevamo nulla: mai lasciare due ragazzi di diciotto anni alle prese con gli oneri e gli onori domestici, non ne avresti ricavato altro che un parapiglia, come era effettivamente casa nostra.
Ci salvavamo solo perché alcuni domestici della villa pulivano il bilocale quotidianamente da cima a fondo, se no a quest'ora avremmo vissuto all'interno di una discarica. Riuscii a terminare di ordinare un po' di thailandese da asporto, prima che Mikhail varcasse la soglia con espressione funerea. Lo fissai stralunata e feci un passo verso di lui.
"Qualcosa non va?" Che domanda idiota: ovviamente qualcosa non andava, se no non avrebbe avuto quell'espressione funerea. "Ho ordinato thailandese, non avevamo nulla nel frigorifero." Mi portai le mani nelle tasche posteriori dei jeans e mi avvicinai con cautela. "Niente di commestibile, sono rimaste solo le tue patatine e le tue barrette energetiche."
Riuscii a scorgere un mezzo sorriso prima che si lanciasse sul divano e si coprisse gli occhi con il braccio. Mi allarmai. Era vero che non ci conoscevamo da molto, ma ultimamente mi era sembrato di essere sempre più sintonizzati sulla stessa lunghezza d'onda e vederlo in quello stato mi faceva provare una strana agitazione.
"Mikhail, tutto bene? Se non vuoi il thailandese posso chiamare e disdire, ma -
Non riuscii a terminare la frase che con una velocità disarmante, un braccio di Mikhail mi tirò verso di lui e mi ritrovai sul suo petto.
"Stai zitta, per favore e rimani qui."
Probabilmente quella confessione gli costò molto, perché la voce risultò rigida e spezzata.
"D'accordo," sussurrai e chiusi gli occhi, adagiandomi sul petto caldo.
Le sue braccia circondarono i miei fianchi e nonostante fosse un gesto particolarmente dolce e per nulla provocante, una vampata di calore mi fece bollire il viso ed in risposta mi rintanai nell'angolo tra la mandibola ed il collo. Trascorsero pochi minuti, prima che Mikhail decise di confidarsi e fui grata della fiducia che riserbò nei miei confronti.
"Si tratta di Ivan." Le sue dita mi solleticarono la colonna vertebrale, ma cercai comunque di rimanere concentrata sul suo discorso. "Sai che Dimitri non gli lascia far nulla, no?"
Annuii, ma decisi di non parlare, per evitare di rovinare quel momento di condivisione.
"Beh, a quanto pare non ci è riuscito del tutto."
Mi sollevai facendo leva sui palmi delle mani, utilizzando come appoggio i suoi pettorali, dei bei pettorali, ed inclinai la testa.
"In che senso? Quella villa è una fortezza piena di domestici, se avesse provato a fuggire di certo qualcuno se ne sarebbe accorto."
Il bell'uomo sdraiato sotto di me sorrise senza ironia.
"Non quando si tratta di Ivan." Scosse la testa e si portò le mani dietro la testa. "È in grado di hackerare qualsiasi sistema di sicurezza. Ha messo fuori uso le telecamere per riuscire ad uscire e comprarsi una dose."
Mi allarmai. "Che cosa?! Non gli è bastato esser stato ritrovato come un cadavere in mezzo al giardino durante un ricevimento?"
Mi spostai su di lui e quando avvertii un... Mi cristallizzai con il fiato sospeso e così anche Mikhail, che aumentò la presa delle sue mani sui miei fianchi.
"Ariel." I suoi occhi luccicarono in avvertimento. "Non ti muovere." Il cuore mi rimbalzò in gola, così come il suo. "Ariel io non-
Decisi di aumentare la pressione sulla sua intimità, perché volevo capire se mi trovasse quanto meno desiderabile. Era l'uomo con cui avrei dovuto trascorrere un'intera esistenza e non avrei mai voluto stare con qualcuno che non mi reputasse attraente.
"Tu non mi trovi attraente?" Domandai come una stupida ragazzina in cerca di approvazione. "Non è così? È forse per questo che non mi hai più toccata?"
La sua espressione si irrigidì e i suoi bei occhi azzurro cielo assunsero una strana sfumatura di avvertimento.
"Ma che diavolo stai dicendo?"
"Ti ho chiesto," replicai con fermezza e fingendo di essere padrona della situazione, senza spostarmi di mezzo millimetro. "Se mi trovi attraente oppure no."
La sua reazione mi sconvolse, soprattutto perché un paio di secondi prima era serio e immobile come una statua; quando il suo potente scoppio di risa cessò, mi fece scorrere una mano sotto la maglietta e abbandonai tutto il mio cameratismo.
"Pensi che non ti trovi attraente?" La sua voce si ridusse ad un sussurro roco. "Davvero?"
"È così." Annuii con fermezza, cercando di eludere il movimento di quella maledetta mano. "Lo credo."
"Allora ti svelo un segreto, piccola Ariel." Con forza mi fece addossare contro il suo corpo marmoreo e per poco non mi sfuggì un ansito di piacere al tocco di quell'immensa statua di muscoli. "Da quando hai attraversato la porta di casa mia, non ho avuto nient'altro in mente se non portarti a letto e quando ci ero quasi riuscito, mi hai riservato una piccola sorpresa, per la quale ho dovuto desistere dal mio intento."
Le mie guance si imporporarono violentemente.
"Sì, a proposito." Cercai di sollevarmi da lui, ma non me lo permise. "Mi dispiace per quel dettaglio."
Lui ridacchiò e scosse la testa. "A me no."
Inarcai le sopracciglia e con una mano gli girai il capo, così da poterlo osservare direttamente negli occhi.
"Come no?" Mi dimenticai del palmo a contatto con la sua guancia, per il quale lui non sembrò minimamente disturbato. "Ho costretto i tuoi fratelli a farti sposare e per giunta con me: una ragazza che non conosci per nulla. Avresti potuto benissimo avere un'altra fidanzata per quanto ne so."
Soprappensiero non notai il suo avvicinamento.
"Sì, un'altra ragazza, mh? E se avessi avuto un'altra ragazza, mia intelligente Ariel, secondo te avrei provato a scoparti?"
Mi sfiorò il labbro inferiore con lingua ed i miei neuroni decisero fosse giunto il momento di partire per una bella vacanzina.
"Tua?" Chiesi con espressione assente.
"E di chi altro?" La sua mano destra mi sollevò il mento. "Sarai mia moglie, non quella del vicino e per quanto mi riguarda, io odio condividere le mie cose. Quindi, sì, Ariel, tu sei e sarai solo mia." Sorrise di fronte alla mia espressione pacifica. "Non ti turba?"
"Oh, no," risposi di slancio per poi riprendere fiato. "No, nessuno si è mai preoccupato di me dalla morte dei miei genitori, quindi, seppur un po' in maniera alquanto protettiva, sono felice che ti importi di me, nonostante non ci consociamo e ti abbiano costretto a sposarmi."
Lui ridacchiò e mi sistemò una ciocca di capelli rossi dietro l'orecchio.
"Vedila in questo modo: sono felice di portarmi a casa una rossa con un lato b da paura."
Aprii la bocca e rimasi scioccata.
"Come ti permetti?!" Tuonai ridacchiando e sgusciando via dalla sua presa, perché era suonato il campanello. "Ne riparleremo Mikhail!"
Mi sollevai dal divano e mi incamminai verso la porta di ingresso.
"Potrei rimanere incantato per ore a fissare il tuo fondoschiena."
"Mikhail!"
Agguantai il primo cuscino che trovai e glielo lanciai addosso. La sua potente risata mi accompagnò all'ingresso e spalancai la porta con un sorriso, che mi morì sulle labbra quando notai i quattro ragazzi addossati alla mia ringhiera.
"Quindi sei tu?" Mi domandò uno dei quattro, con più precisione quello biondo.
"E tu sei?"
STAI LEGGENDO
Malizia |THE NY RUSSIAN MAFIA #3
Romance[COMPLETAMENTE REVISIONATA✨] * si consiglia la lettura del primo e del secondo libro* Ariel Audrey Rose. Diciotto anni. Un segreto. Una vita sofferente ed una sorella da riscoprire.