Epilogo

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Ariel Audrey Ivanov, Russia.

Mi appoggiai al braccio di mio marito con fatica, rossa in volta e senza fiato. Se non fosse stato per l'amore che nutrivo nei suoi confronti, certamente lo avrei strozzato.

"Non c'è niente da ridere," sibilai a bassa voce, di modo tale che la mia ira non fosse udita dagli ospiti che brulicavano la chiesa. "Mai più, Mikhail."

"Non so se sono più rossi i tuoi capelli o il tuo viso." Mi strizzò l'occhio e mi fece passare una mano attorno alla vita, e con un movimento invisibile mi accarezzò il pancione, ormai sull'orlo dell'esplosione. "Ma non sei mai stata così bella."

Diede un'altra carezza e Vanja scalciò con insistenza.

Già, Vanja, perché il citrullo di fianco a me erano nove mesi che gongolava; circa otto settimane dopo il nostro arrivo in Russia, il ginecologo ci aveva gentilmente refertato il sesso del nuovo membro della famiglia Ivanov: un bambino. Un bambino che secondo il mio marito, fin troppo su di giri, sarebbe stato rosso, con due bellissimi e luminosi occhi azzurro ghiaccio, come i suoi d'altronde, e un temperamento da vero Ivanov.

"Togli quella dannata mano," abbaiai affaticata. "Questa peste ti riconosce subito."

E, infatti, da tre mesi a questa parte, Mikhail si divertiva a parlottare con la mia pancia e accarezzarla, felice che il bambino gli rispondesse con altrettanta impetuosità.

"Vanja," mi sussurrò dolce. "Il mio bellissimo bambino."

Per fortuna, o Vanja avrebbe distrutto la mia pancia, la marcia nuziale risuonò nella grossa chiesa e con le lacrime agli occhi assistemmo al matrimonio tra Andrej, troppo emozionato per recitare le promesse e Lily Rose, così innamorata da continuare a piangere come una fontana.

"Erin!" Chiamai mia nipote con un sussurrino e la bambina corse verso di me e si fece prendere in braccio da suo zio Mikhail, esigente. "Sei bellissima."

La bambina mi ricompensò con un enorme sorriso e una scrollata di capelli biondi.

"Shh, Erin." Mikhail le diede un bacio sulla guancia. "Guarda la tua mamma e il tuo papà."

Non potei ascoltare oltre perché Maria, intenta a tenere d'occhio Aleksei e i gemelli di sei mesi, mi diede di gomito.

"Ti capisco." Fece cenno al pancione. "I gemelli si sono fatti attendere fino all'ultimo, mi immagino il ritardo di due settimane."

Le sorrisi con le guance rosse. "Non puoi capire quanto sia pesante." Mi indicai le ballerine color crema in tinta con l'abito. "Se avessi messo i tacchi sarei morta."

Alla fine, anche la cerimonia terminò e ci potemmo accomodare ad un grosso tavolo per il lungo ricevimento. Tutti i parenti russi erano riuniti per questa cerimonia, addirittura l'algido zio ci aveva sorriso al nostro arrivo; eravamo presenti tutti, tutti tranne uno: Ivan. Lui era alla Istoricheskaya Akademiya, una delle scuole più prestigiose in Russia, rigide come poche e secondo lo zio, a cui Dimitri e Andrej avevano lasciato il compito di educare il fratello, non era consono che gli fosse concessa una via d'uscita e, purtroppo, quasi tutti ci eravamo trovati d'accordo.

Nel bel mezzo delle portate fui scombussolata da un potente calcio e sussultai sulla sedia.

"Tutto bene?" Chiese Mikhail con apprensione, scandagliando il pancione. "Elle?"

"Mh," mugolai. "Sì." Ma un'altra stilettata di dolore mi fece piegare in due sul tavolo e chiudere gli occhi. "Okay, forse no."

Mikhail si sollevò di scatto dalla sedia, facendola ribaltare sull'erba del giardino della villa e iniziò a perdere la testa.

"Ti aiuto, Elle." Mi prese un braccio. "Alzati e respira."

Scossi la testa con foga.

"No, scordatelo, io..." Mi scappò un singulto di dolore. "Oh, porca miseria." Riuscii a percepire la calca di persone che si avvicinarono e il berciare di Mikhail che con frenesia cercava di allontanare più gente possibile, per permettermi di respirare. Nella mia visuale fece capolino una biondina vestita con un abito da sposa. "Non volevo, Lily..." Respirai veloce. "Non volevo, non volevo è il tuo giorno."

Ma mia sorella mi fece un enorme sorriso.

"E non potevo ricevere regalo migliore, se non Vanja."

Mikhail Theodore Ivanov, Russia

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Mikhail Theodore Ivanov, Russia.

All'ennesimo urlo, ingurgitai un ennesimo bicchiere di scotch.

"No, io non riesco a resistere."

Camminai avanti e indietro, e abbandonai la giacca sulla sedia davanti alla porta della villa in cui Lily Rose stava facendo nascere mio figlio. Ci eravamo organizzati proprio per quell'eventualità, ma nessuno aveva creduto davvero che-

"Oh, Dio, io non resisto più..."

E poi un pianto forte, potente, squarciò il silenzio della stanza, e pochi minuti dopo la porta si spalancò e Lily Rose, provata da due ore di travaglio, poche, secondo Maria, fece capolino.

"Vieni." Mi fece un grosso sorriso e mi tirò dentro la stanza. "Guarda tuo figlio, Mik."

E la mia attenzione fu catturata da Ariel, sudata, ma impegnata ad allattare una minuscola e felice testolina rossa. Sollevò lo sguardo acquoso su di me e mi sorrise con amore.

"Rosso con gli occhi chiari."

Fu tutto ciò che mi bastò per correre verso di lei e conoscere Vanja Benjamin Ivanov.

Fine.

Malizia |THE NY RUSSIAN MAFIA #3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora