XXVI

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Mikhail Theodore Ivanov, Villa Ivanov, New York.

Irruppi nella stanza poco dopo la dipartita di Ariel, seguito da Andrej e pretesi spiegazioni.

"Cos'è successo? Qualcosa non va?" Presi fiato solo per porre un'altra domanda. "Perché aveva bisogno di te?"

Lily Rose mi sorrise con dolcezza. "Calmati, Mikhail." Prese un grosso respiro e mi indicò il divano. "Accomodati pure."

"Non ho bisogno di una seduta." A quella esternazione Andrej mi tirò uno scappellotto sul coppino. "Ehi!, non volevo essere maleducato, ma non ne ho davvero bisogno."

Con un grugnito mio fratello mi tirò sul divano e si accomodò alla mia destra.

"A volte dovresti solo imparare a fare silenzio."

Chiusi la bocca.

"Come ho detto, Ariel non ha nulla che non vada." Lily corrugò le sopracciglia. "Non ho idea del cosa abbia scatenato in lei una nostalgia e tristezza tale da chiedermi aiuto, ma quello che ho compreso..."—sfogliò un paio di foglietti bianchi nel suo taccuino, per poi continuare—"è che non ha mai superato il lutto dei nostri genitori. Sai, era molto piccola, ed è stata tirata via dalla casa di nostro zio a soli sette anni, non credo che successivamente abbia avuto qualche tutela." Un po' di tristezza le ingrigì il volto. "Hai per caso idea di cosa possa essere stato detto o fatto per poterle scatenare una tale reazione?"

Deglutii e mi diedi dell'idiota per averle suggerito di costruire una famiglia senza accertarmi delle sue condizioni.

"Io, credo." Mi grattai la testa colpevole. "Io le ho semplicemente detto che forse avremmo potuto prendere in considerazione... Sì, insomma avete capito."

Andrej e Lily si guardarono stralunati, palesemente insicuri su cosa stessi intendendo.

"Veramente no, caro." Lily si allungò verso di me. "Non devi aver paura, non ti giudicherei mai e nulla di quello che mi dirai uscirà da questa stanza, posso garantire anche per tuo fratello."

A seguito di quelle parole sorrise con amore al suo quasi marito, che le sfiorò il dorso della mano in risposta, ma non era certo della reazione della dottoressina dal caschetto biondo che ero preoccupato, quanto più di quella del troglodita di fianco a me.

"Di costruire una famiglia." Come da manuale, Andrej imprecò non una, ma ben quattro volte ed io grugnii infastidito da quel suo comportamento da mister perfezione senza macchia e senza paura. "Non intendevo volerla costruire seduta stante, l'avevo semplicemente detto per parlare; vederla con Erin e Aleks mi aveva fatto un certo effetto," ringhiai. "Non ho il cuore di pietra come qualcuno."

Andrej mi prese per la collottola e avvicinò il viso al mio.

"Ascoltami bene, moccioso: io non ho il cuore di pietra, ho solamente un cervello che funziona," imprecò di nuovo. "Conoscendo la loro storia, come ti è cazzo saltato in mente di suggerirle di metter su famiglia?"

Lo spintonai con cattiveria. "Io non ho suggerito proprio un cazzo di niente, ho solo parlato a vanvera, d'accordo?" La mia voce si sollevò di ottave. "Non avevo idea di produrre tutto questo casino e poi forse è meglio che non ti metta a fare il paladino della giustizia, o devo forse ricordare chi ha mollato la sua quasi moglie in un hotel fatiscente alle prese con una ex psicotica?" Feci un grosso sforzo di coraggio per sostenere lo sguardo gelido e funereo di Andrej, ma continuai imperterrito: "non è stata mia intenzione."

"Non sei stato tu, infatti."

La voce di Ariel mi giunse flebile all'orecchio e come se fossi animato da diversi fili invisibili mi avvicinai a lei quasi correndo.

Malizia |THE NY RUSSIAN MAFIA #3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora