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Mikhail Theodore Ivanov.

Le avevo detto che il ricevimento si sarebbe festeggiato all'interno della nostra villa appositamente in ritardo, solo per vederla un po' furiosa e perché avevo deciso che, in qualche modo, doveva pagare per il brutto scherzo di quel pomeriggio.

Porca puttana, eccitarmi in quel modo e poi chiudersi in bagno a farsi una doccia. Nuda. Non era di certo la scena che poteva aiutarmi a tranquillizzarmi, non quando sapevo esattamente quanto calda e morbida potesse essere la sua pelle al mio tocco.

Cercai di concentrarmi sulla conversazione che Dimitri stava portando avanti con l'amico del senatore Klaus, ma quasi la mia mascella cadde a terra quando captai un raccolto rosso muoversi leggiadro tra la folla. Ariel Audrey Deep quella sera era meravigliosa e per quanto mi riguardava, avevo deciso in quel momento che solo i miei occhi potessero spogliarla; non quelli del senatore Thomas, amico e collega di Klaus e nemmeno quelli di altri uomini.

"È la mia futura moglie," dissi ad alta voce a tutti e nessuno, rendendomi anche piuttosto ridicolo. Mi sarei voluto tirare un pugno sulla mascella, soprattutto per l'espressione derisoria che lessi sui volti di Dimitri e Andrej. "Volevo dire"—mi schiarii la gola—"lasciate che vi presenti Ariel, la terza futura signora Ivanov."

La osservai sorridere tesa, ma mi congratulai con lei mentalmente: se non sapeva recitare, almeno era in grado di fingere alla grande.

"Piacere di fare la vostra conoscenza."

Strabuzzai gli occhi inebetito: da dove proveniva quel timbro celestiale? E vagamente arrochito? Mi spostai sul posto per trovare sollievo a causa del cavallo stretto dei pantaloni e con un sorriso di circostanza, la agguantai per la vita e la spostai dal gruppo di uomini.

"Che diavolo ho fatto ora di male?" Mi bisbigliò nell'orecchio e l'occhio mi cadde inesorabilmente sulla scollatura del vestito verde smeraldo. "Allora?"

A dirla tutta, quell'abito aveva l'aria di essere una calamita per gli occhi di qualsiasi uomo. Un corpetto attillato, una gonna a sirena lunga fino alle caviglie e la schiena dannatamente scoperta rappresentavano un tripudio di smeraldo sulla sua pelle candida; Ariel, a quel ricevimento, era una dea che volteggiava, una perfetta e futura signora Ivanov.

"Niente," quasi ringhiai, ma per la verità non aveva davvero fatto nulla, la colpa era tutta mia e della mia scarsa concentrazione.

"Oh, questo non mi sembra," puntualizzò sorseggiando dello champagne in maniera così inglese da farmi girare la testa.

"Non berne troppo."

Scoppiò in una risata deliziosa.

"Mikhail, non farti troppi castelli in aria, sono sottomessa solo quando devo confrontarmi con degli psicopatici come voi," abbassò il tono della voce e si allungò per parlarmi ad un millimetro dal mio orecchio. "Ma non credere di aver anche solo un minimo di influenza sulla mia persona."

La bloccai per il polso e la tirai verso di me.

"Non credere che sia finita," le parlai sfiorandole le labbra e fui consapevole dell'accelerazione del suo battito, proprio perché il mio dito indice rimase appoggiato sul suo polso. "Non credere che finisca così facilmente."

"Non è neanche iniziata, Mikhail."

Mi sfidò con lo sguardo e se non fosse stato per l'arrivo di Maria Maddalena, l'avrei consumata di baci.

"Ehi, piccioncini." Avvertii con chiarezza Ariel irrigidirsi al mio fianco e d'istinto mi avvicinai di più a lei; con la coda dell'occhio la scrutai e mi sembrò apprezzare quel vago tentativo di conforto. "La cena è pronta, se volete seguirmi."

Malizia |THE NY RUSSIAN MAFIA #3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora