VIII

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Ariel Audrey Deep, appartamento della periferia di New York, New York.

Strinsi i denti e sollevai gli occhi sul volto concentrato di mia sorella, su quell'essere umano che mi era più estraneo di Mikhail Ivanov; era strambo a dirsi, come a volte un legame di sangue potesse non rappresentare nulla, nemmeno un piccolo appiglio a cui aggrapparsi nei momenti di difficoltà.

"Vattene," ribadii a denti stretti. "Non ho bisogno del tuo aiuto." Quando non rispose continuai: "non intendo farmi visitare da te."

Lily Rose non sollevò il capo e continuò a preparare quello che sembrava essere un mini carrello chirurgico.

"Stai ancora sanguinando," rispose con tono medico senza nessuna particolare inflessione. "Dobbiamo fare in modo che cessi."

"Non mi interessa." Strinsi più forte la stoffa intorno al mio corpo. "Non mi farò toccare da te."

A quel commento Lily Rose sollevò la testa dal proprio compito e mi studiò con le guance rosse, quasi in imbarazzo.

"D'accordo." Con gesti scattosi ricominciò a sistemare i suoi strumenti, ma questa volta per riporli nelle loro fodere e portarli da dove li aveva prelevati, e se stessa con essi. "Sai cosa, Ariel?" Sbottò d'un tratto. "Non puoi cercare di salvare qualcuno che si diverte ad annegare; quindi va bene, me ne farò una ragione, avevi bisogno di provare questo tipo di dolore per sentirti viva?" Non attese la mia riposta e continuò con la sua filippica. "Distruggiti, Ariel, demolisciti pure"—tremò dal nervoso—"ma poi non venire a cercarmi, poi non venire a cercare qualcuno che debba rimetterti in sesto, che debba ricucirti da capo a piedi, perché, credimi, è quello che succederà se lascerai vincere l'oscurità."

Mi alzai di scatto, profondamente oltraggiata da quel tono e da quelle parole che bruciavano come tizzoni ardenti dentro la mia cassa toracica. Era vero. Ero così satura di oscurità che a volte faticavo a trovare la luce, ma mi ero abituata, ero diventata il lumino tremolante di me stessa e questo mi bastava.

"Non ti cercherò, Lily Rose, per il semplice motivo che non ci sarai!" Urlai. "Come non ci sei mai stata!" La porta della camera si spalancò ed aumentai la presa intorno ai lembi dell'accappatoio, completamente insofferente della presenza di altri. "Non sei la buona samarita, Lily. Tu sei il contrario, apri i tuoi cazzo di occhi!" Sbraitai. "Sei stata solo in grado di autocommiserarti e piangerti addosso, venire da me e rifilarmi le tue stupide ramanzine sulla vita." Ad un centimetro dai suoi occhi le diedi la stoccata finale. "E sai cosa ho fatto per liberarti? É ovvio che non lo sai, sei stata, e sei tutt'ora, troppo egoista per comprendere il dolore che ho provato quando ho saputo in che modo ti toccava, solo per avere parte dello stesso trattamento, seppur più blando, qualche minuto dopo." I suoi occhi sgranati furono l'inconfutabile prova della sua ingenuità. "Ho ucciso per te, Lily Rose." Quando le parole abbandonarono le mie labbra, sorrisi feroce di fronte all'espressione scioccata di mia sorella. "Ho ucciso per mia sorella, ma quando l'ho fatto, ho creduto che in te ci fosse un minimo di decenza, che non mi avessi cercata per un motivo reale e invece ti ho trovata a trastullarti nella villa del boss della mafia russa." Le sorrisi di nuovo e percepii la sorpresa nei tre uomini. "Mi sei davvero caduta in basso, sorellina."

Lily Rose rimase zitta, incapace di processare tutte le informazioni di cui ero in possesso.

"T-Tu hai commesso un-un omicidio?" Balbettò livida e sbuffai una risata di scherno alla vista di lei tremante. "E sai della m-mafia?"

Sì, quell'omicidio mi aveva segnata, su questo non vi era alcun dubbio, ma per onestà intellettuale dovevo ammettere che mi avesse soprattutto liberata. Uccidere nostro zio, per quanto abbietta potesse essere l'azione, mi aveva resa libera da una schiavitù durata sette anni e non riuscivo a condannarmi. Nemmeno nei giorni più bui ero riuscita in tal impresa.

Malizia |THE NY RUSSIAN MAFIA #3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora