II

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Ariel Audrey Deep, Hotel Resort Plus, New York City.

Mi appoggiai al lavello della stanza dell'albergo, che ero riuscita a pagare con i soldi sottratti a mio zio quando avevo messo in atto il mio piano, e tirai un sospiro di sollievo; facendo due calcoli, compresi che non mi sarebbero bastati per più di due settimane.

Avevo bisogno di trovarmi una casa in affitto, anche fatiscente, ed un lavoro, sopratutto. Così, per la seconda volta in quella giornata, agguantai il giornale e controllai i nuovi annunci. Non vi era molto, a dire il vero. L'unico impiego che mi potevo permettere era quello di cantante in un bar di drag queen.

Abbandonato il giornale sul tavolino, mi recai nella camera da letto ed indossai l'unico indumento che mi era rimasto, oltre a quello che avevo utilizzato per andare alla Villa Ivanov, ma che non sarebbe stato consono per un colloquio: un vestito estivo, che non si addiceva per nulla alla temperatura rigida di febbraio, insieme a degli stupidi sandali.

Dio, odiavo la mia vita, ma ancora di più odiavo che mia sorella vivesse al caldo con sua figlia ed il compagno, sormontata dall'oro e senza preoccupazioni.

"Al diavolo!"

Con un'ultima occhiata allo specchio decisi di uscire dall'albergo ed andare alla ricerca di quel famigerato bar. Non degnai di attenzione e di peso le occhiate più o meno curiose che viaggiavano nella mia direzione, perché non avevo bisogno della commiserazione degli altri, non quando stavo letteralmente gelando per strada.

"Cappuccetto Rosso." Una voce fastidiosa mi chiamò dal ciglio di una strada mezza abbandonata, ma tirai dritta senza rispondere e udii una risata alquanto irritante. "Non hai freddo?"

Sbuffai indispettita.

"Non te l'hanno mai detto che sei tremendamente banale come ragazzo?" Aumentai l'andatura, ma la Bugatti mi si affiancò ancora. "Hai bisogno di un no o te ne vai da solo?"

Con un'occhiata obliqua mi accorsi che Mikhail, lo stronzo, come lo avevo soprannominato, era a maniche corte grazie al riscaldamento interno dell'auto di lusso.

"Mi hanno detto di peggio, ad essere onesti."

"Non ne dubito." Camminai un po' più veloce, ma il freddo mi aveva intirizzito le ginocchia e le caviglie. "Che diavolo vuoi?" Chiesi scorbutica.

"Andremo all'università insieme."

"Che gioia," borbottai. "Guarda, Mikhail, non so se tu abbia tutto questo tempo da perdere, ma io no, quindi lasciami stare."

La Bugatti si fermò di botto e feci lo stesso anche io, sorpresa da quel movimento.

"Entra in macchina." La velocità con cui i suoi lineamenti si irrigidirono mi diede i brividi.  "Entra."

Non aveva più nulla del ragazzo scherzoso di prima, il suo corpo si era teso e pareva più una pantera sul punto di esplodere.

"Che cosa? No. Non se ne parla io-

Due spari risuonarono nell'aria e con un gesto fulmineo mi ritrovai schiantata contro il sedile del passeggero della Bugatti da almeno mezzo miliardo di dollari.

"Stai giù."

Lo stronzo non attese che comprendessi il concetto, tutt'altro, mi schiacciò la testa verso il basso con prepotenza.

"Ma che diavolo stai combinando?" Sentii gli pneumatici stridere sulla strada ed un forte scossone mi fece sbattere contro la portiera. "Oh, mio Dio."

"Stai attenta." Sterzò di nuovo ed imprecò in una strana lingua. "Dmitriy, menya presleduyut na uglu 10 i 11." Dimitri, mi stanno seguendo tra la decima e l'undecisima.

Malizia |THE NY RUSSIAN MAFIA #3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora