VI

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ANGOLO AUTRICE: capitolo cruentò, ricordatevi il contesto.

***

Ariel Audrey Ivanov, Midwest, Stati Uniti D'America Medio-Occidentali.

"Rischiamo la copertura, te ne rendi conto, Mik?" Sbraitai a quel cretino di mio marito. "Mi stai almeno ascoltando?"

"Hai mio figlio in grembo," mi rispose mentre si girò sul fianco e mi diede la schiena. "E poi ci saranno Andrej e Luca, non sarò da solo." Finalmente si girò verso di me. "E ti ricordo che non sono un inetto, ma il fatto che tu vada in ospedale a New York è una priorità e non si discute, ci siamo intesi?"

"No, non ci siamo intesi per nulla." Lo sfidai con un sopracciglio sollevato. "Non mi farò tot ore su un elicottero solo per un controllo, quando ci basterebbe attendere al massimo altre due settimane."

"Non hai voce in capito, Ariel. Mi dispiace."

"Ah, Mikhail." Presi il cuscino e glielo lanciai addosso. "Sei insopportabile quando fai così." Poi cercai di puntarla sul senso di colpa. "Davvero vorresti che tua moglie affrontasse la prima ecografia da sola?"

Ma quel razza di idiota era stato formato troppo bene per cedere a quel tipo di pressione.

"Sono sicuro che il medico ti lascerà qualche fotina e ti permetterà di registrare il battito, per quanto sia rammaricato della mia assenza, sono costretto ad insistere." Mi tirò una pacca sul lato b e ghignò. "Non hai voce in capitolo, mogliettina; è inutile che provi giochi psicologici con me, non funzionano."

"Ti odio."

"Mi ami." Mi prese per il polso e sbilanciandomi, mi tirò sul materasso. "E lo so, che mi ami."

A discapito della situazione scoppiai a ridere.

"Non mi interessa se ti amo o no, ma si da il caso che tu sia ancora in convalescenza e che non-

La porta di ingresso della piccola casetta si spalancò con un boato assordante ed entrambi balzammo in piedi alla velocità della luce.

"Mikhail, tira fuori il tuo culo da questa catapecchia."

La voce che chiamò mio marito mi fece accapponare la pelle e fui sicura di chi fosse il proprietario; sapevo a chi apparteneva quell'odioso timbro e tremai di rabbia, tremai di furia e agognai vendetta.

Lo avrei ucciso.

Sarei stata io a farlo, non Mikhail.

Vittorio Bruno non aveva il diritto di rovinarmi il futuro, così agguantai Mikhail per il braccio e lo spinsi contro l'armadio.

"Ti prego." Lo guardai dritto negli occhi. "Ti prego, Mikhail. Non farlo."

"Ariel, tu non -

"Ti prego, ti prego, non lo sopporterei."

I miei occhi iniziarono a riempirsi di lacrime e Mikhail mi tirò con forza verso la portafinestra, in un blando tentativo di fuga.

"Zitta," sussurrò. "Se siamo abbastanza fortunati riusciremo ad inoltrarci nel campo di grano il necessario per avere un po' di vantaggio."

Lo seguii in silenzio, tenendo a bada la rabbia crescente e il panico che mi occludeva lo stomaco; riuscii ad acchiappare un bisturi dalla stanza in cui quel pomeriggio eravamo rimasti accoccolati e lo nascosi nella tasca posteriore dei pantaloncini.

La mia arma, la mia unica chance contro colui che aveva rischiato di mandare all'aria il mio intero matrimonio.

Aiutai Mikhail a scendere i gradini della veranda e quando fummo all'interno del campo di grano, lo aiutai ad allontanarsi quel tanto necessario per farlo riposare, ma con la coda dell'occhio avevo notato che quel dannato boss di Chicago si fosse intrufolato nella stanza della convalescenza e non avrei mai sprecato un'occasione come quella.

Malizia |THE NY RUSSIAN MAFIA #3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora