XVII

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Ariel Audrey Deep, NY university campus, New York.

"Chris."

Incrociai le braccia sotto al seno.

"Per caso il tuo nome dovrebbe suggerirmi qualcosa?" Inarcai un sopracciglio e i quattro sghignazzarono. "Allora?"

"Forse, bambolina." Fece un passo spavaldo verso di me e sorrise. "Forse."

Arricciai il naso. "Te la do io la bambolina, razza di idiota."

Caricai il pugno e mancò davvero pochissimo prima che le mie bellissime nocche si infrangessero e rompessero il naso dritto del biondo mastodontico che si stava prendendo gioco di me, ma Mikhail con pronti riflessi mi bloccò contro il suo petto.

"Chris, Diego, Rob e Pete, questa è Ariel." Lo sentii sghignazzare e con la mano intorno alla vita mi spalmò di più contro il suo petto e contro ben altro; sebbene la sensazione del suo corpo adeso al mio fosse sublime, in quel momento avrei davvero desiderato strozzarlo. "Entrate."

Cercai di divincolarmi dalla sua presa.

"Entrate?!" Tuonai. "Entrate?! E quando pensavi di dirmi che sarebbero venuti anche i tuoi amici?"

I quattro continuarono a sghignazzare e la mia pazienza continuò a diminuire drasticamente.

"Non ero sicuro che sarebbero venuti," si scusò lui con un sorriso perfetto. "Non sapevo quanto i miei fratelli mi avrebbero tenuto alla villa."

"Io devo studiare e non posso farlo in una casa in cui cinque ragazzi urlano e si ubriacano giocando alla play."

Il tale Rob dai capelli ricci rise ancor più forte.
"E tu come fai a saperlo?"

Smisi di divincolarmi e mi protesi verso di lui quel tanto che la presa di Mikhail mi permise, con un angolo delle labbra sollevato.

"Perché voi uomini siete così fottutamente prevedibili." La mia frase suscitò una serie di approvazioni circa la mia bocca, per le quali Mikhail gongolò come un idiota. "Patetici."

Riuscii a rientrare in casa svicolando dalla sua attenzione e preparare lo zaino per studiare in biblioteca. Per fortuna, le aule studio del campus rimanevano aperte anche di notte e mi consolava sapere che qualche lavoratore frequentante potesse essere lì, disperato come la sottoscritta.

Varcai la soglia della stanzetta, più uno sgabuzzino a dirla tutta, in cui riponevamo i libri e gli zaini, per recuperare un paio di oggetti e appunti, che mi sarebbero serviti per studiare biologia.

"Che fai?" Mikhail mi raggiunse e si adagiò contro lo stipite della porta.

"Te l'ho detto, Mikhail, devo studiare." Mi legai i capelli in una coda alta e recuperai il cappotto nero, che allacciai in vita. "Tra una settimana ho il primo esame e non vorrei proprio combinare un casino." Mi chinai per recuperare lo zaino ed il portatile. "Devo davvero studiare, se mi avessi dato un po' di preavviso, avrei ordinato più cibo, ma credo che potrai farlo anche tu per i tuoi ospiti." Feci scivolare lo zaino sulla spalla destra e strinsi di più il codino. "Quando finiranno?"

"Te l'ho mai detto che hai un bellissimo viso quando ti fai la coda?"

Gli schioccai le dita di fronte agli occhi e per farlo mi dovetti sollevare sulle punte.

"Bello, mi stai ascoltando?" Feci finta di non notare il mio rossore, ma quel complimento mi aveva davvero lusingata; stavo parlando con Mikhail Ivanov, il mio futuro marito, l'uomo bello quanto un modello di intimo, non un ragazzino qualsiasi. "Ho chiesto quando se ne andranno."

"Mi trovi bello?" Mi tirò per la cintura del cappotto e mi sfiorò le labbra con le sue. "Mi trovi davvero bello?"

Sbuffai e decisi di essere maliziosa a mia volta, di gustarmi quel contatto con la sua pelle per qualche secondo in più.

"Oh, molto più che bello, Mikhail." Gli morsicai il labbro inferiore e lo superai, sfruttando il suo attonimento, per poi dargli una pacca su quel bellissimo di dietro fasciato dai jeans. "Ci si vede."

Lo udii ringhiare dal corridoio, e ridendo come una matta, superai il salone già popolato da testosterone e uscii.

Le aule studio erano la pace dei sensi. Quelle belle stanzette ovattate ti permettevano di studiare senza che nessuno ti disturbasse, per non parlare dell'orario: adoravo le due di notte, mi piaceva essere cullata dal silenzio e di solito Mikhail mi faceva compagnia.

Guardai il display dell'iPhone e risposi al terzo messaggio di Mikhail: a quanto pareva ci teneva a controllare ad ogni ora che fossi viva e vegeta. Chiusi il quaderno degli appunti e misi in standby lo schermo del computer, mi sollevai dalla sedia e mi stiracchiai il collo e la schiena.

Recuperato il cappotto, agguantai anche il pacchetto di sigarette e mi diressi all'uscita della biblioteca. Era un segreto tra me e Mikhail. Avevo iniziato a fumare a sedici anni e seppur sapessi fosse altamente pericoloso per la salute, ormai non sarei riuscita a farne a meno. Inspirai a pieni polmoni l'aroma della nicotina mista a menta e chiusi gli occhi.

"Signorina?"

Sollevai le palpebre con lentezza e fissai il ragazzo di fronte a me.

"Sì?" Allontanai la sigaretta delle labbra e gli sorrisi. "Qualcosa non va?"

Il ragazzo si massaggiò i capelli a disagio e mi sorrise ancora con aria colpevole. "Mi dispiace importunarla a quest'ora di notte, ma non sono del posto."

Presi un'altra boccata di fumo e lo rassicurai: "non ti preoccupare, stavo studiando." Con la sigaretta indicai le aule all'interno, quasi del tutto vuote, tranne per qualche studente disperato come la sottoscritta. "Sei di Chicago?" Inarcai un sopracciglio.

"Oh, beh sì, mi ha scoperto."

Qualcosa nei suoi occhi scintillò, ma decisi di sorvolare e far finta di nulla. Con nonchalance, portai la mano destra all'interno della tasca del cappotto, luogo in cui risiedeva il gps che Mikhail mi aveva sempre ordinato di tenere quando non eravamo insieme e incurvai le dita intorno al piccolo oggetto. Quel tipo mi dava i brividi e desideravo solo ritornare a studiare, allontanandomi da lui quanto più possibile.

"Mi sembrava di aver riconosciuto l'accento." Mi rigirai la sigaretta tra le dita e tergiversai. "Mia madre era di lì," mentii spudoratamente. "Adesso è meglio che rientri."

Buttai la sigaretta nel posa cenere e gli diedi le spalle.

Errore che mi fu più che fatale.
Il tizio mi agguantò per la mano libera e mi bloccò contro al muro.

"No, rossa." Tutta la sua docilità sparì e lasciò spazio alla spavalderia. "Noi due sappiamo che io so chi sei e di chi sei la ragazza, mh?" Mi portò la mano alla gola ed iniziò a stringere. "Hai indovinato da dove vengo." Strinse di più ed io iniziai ad annaspare alla ricerca di aria; gli graffiai le mani, ma a quel sadico i miei futili tentativi di fuga facevano solo che piacere. "Riponi gli artigli gattina, o rischierò di farti davvero davvero molto male."

Allentò la presa quel tanto da permettermi di respirare un po' e non appena tentai un passo in avanti, mi sbattè con violenza contro al muro. Il mio fianco destro urtò contro al cassonetto di metallo ed una fitta lancinante mi rubò il respiro, mentre la risata sguaiata del biondino mi saturò le orecchie.

"Dove vuoi scappare, gattina?"

Con uno sforzo immenso fui in grado di liberarmi dalla sua presa e tirargli una testata sul naso. Fu necessario, nonostante doloroso, per riuscire a fuggire da quel matto e imboccare a rilento la via di casa.

ANGOLO AUTRICE🤩:
Ed oggi dopopioooo per non parlare MIKHAIL VERSIONE ULTRA PROTETTIVO NEL PROSSIMO CAPITOLO!!

Baci!

Malizia |THE NY RUSSIAN MAFIA #3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora