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Mikhail Theodore Ivanov, Midwest, Stati Uniti d'America Medio-Occidentali.

Parecchio tempo dopo, mi ritrovai ad abbracciare la silhouette nuda di Ariel e, attento agli ematomi che ancora mi producevano delle fitte in tutto il corpo, nascosi il mio viso tra i soffici capelli rossi, inspirando il suo classico profumo di fiori; mi persi a tracciarle dei piccoli circolini sulla pelle lattea, quando il sole iniziò a sorgere, illuminando la stanza. Il mio dito trovò la strada per la piccola cicatrice rosea sul volto.

"Bellissima," mormorai a bassa voce.

Nel sonno si rigirò tra le mie braccia e appoggiò la guancia sulla mia spalla.

Poverina pensai, le avevo davvero reso impossibili quelle quattro settimane, ma purtroppo non era stato semplice venire a patti con tutta la merda che avevo dovuto passare.

Scossi la testa con insistenza e le sfiorai il nasino mentre continuai a fissare il lento movimento del suo torace. Fui perso nella sua bellezza fino a quando qualcuno non iniziò a bussare insistentemente alla porta e disturbare il mio risveglio.

"Ariel!"

Quando udii la voce del contadino scattai come una biscia.

"Ariel."

Un piccolo sorrisino ironico e diabolico mi si stampò sul volto; con delicatezza scivolai lontano da mia moglie, indossai i boxer e la maglietta grigia, per poi dirigermi con abbastanza fatica alla porta. Ci impiegai più tempo del necessario, ma avevo davvero voglia di un faccia a faccia con il contadino che aveva pensato bene di prendersi una bella sbandata per la mia rossa.

"Sì?" Mi addossai allo stipite di legno e sorrisi feroce al metro e ottanta di ossa. "Posso fare qualcosa per te?" Non ero uno stolto, sapevo che la mia massa muscolare non fosse diminuita nemmeno di un chilo e, rispetto a quello sciocco contadino spennacchiato, ero decisamente molto meglio; molto più attraente conclusi con una punta di narcisismo. "Cerchi qualcuno in particolare?"

Incrociai le braccia al petto e ampliai a dismisura il mio ghigno, quando il tizio notò i miei bicipiti.

"Io..." Si guardò intorno confuso. "Ariel è qui?"

"Oh, cerchi mia moglie?"

"Tua-tua moglie?" Balbettò lo stolto e con lentezza il suo sguardo scivolò dai miei occhi, al mio petto e al, beh, non c'è bisogno che io debba spiegare al dove, ma lo osservai indietreggiare con particolare curiosità. "Ariel?"

"Come vedi, ero impegnato, ma le devo lasciar detto qualcosa?"

"Oh, no, no." Scese i gradini di corsa e inciampò sull'ultimo. "Assolutamente nulla, buona giornata."

E detto ciò, saltò in groppa al cavallo e tirò dritto, galoppando lontano dalla casetta. Con un sorrisino strafottente mi attardai a seguire con lo sguardo la sua ritirata e poi chiusi la porta, ma una voce assonnata mi riprese da non molto lontano.

"Divertito, Mik?"

Ariel mi sorrise in maniera deliziosa, con i capelli rossi arruffati e il viso gonfio dal sonno; nonostante mi dovetti fermare a prendere fiato, riuscii a raggiungerla con meno di dieci falcate e a sollevarle il mento.

"Non sai quanto," le sussurrai a fior di labbra e le aprii leggermente il lenzuolo nel quale si era avviluppata. "Quella faccia da stoccafisso quando mi ha guardato i boxer sarebbe stata da incorniciare." Le diedi un piccolo bacio. "Impagabile."

Arricciò il naso con fare inglese e il suo piccolo sorriso mi tolse il respiro, così come le sue lentiggini.

"Immagino; dopotutto, quando non si è abituati alla magnificenza, si può rimanere anche impressionati." Mi strizzò l'occhio con fare complice. "Io non ero per niente impressionata la prima volta, niente che non avessi già visto," mentì con una punta di malizia.

Malizia |THE NY RUSSIAN MAFIA #3Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora