Capitolo 3

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-è ora di indagare!- esclamai andando a prendere le armi che servivano per l'indagine. Izzy non convinta della risposta che le avevo dato prima mi rifece la stessa domanda.
-Jade, sono la tua parabatai, puoi dirmi tutto quello che ti tormenta- espresse mettendomi una mano sulla spalla.
-Izzy sto bene, ero solo un po'...pensierosa ecco- risposi con tono abbastanza distaccato per evitare di farla preoccupare. Non volevo dirle che pensavo al mio passato, a quello che mi era accaduto quando ero piccola. Non volevo che si spaventasse. Legai i miei capelli biondi in una coda alta, presi la mia spada angelica, dei pugnali, e mi diressi verso gli altri.
-Allora ragazzi, dove si va?- chiesi io avvicinandomi al tavolo dove eravamo soliti fare il punto della situazione.
-L'attacco è avvenuto ieri notte in un locale popolato di Los Angeles, chiamato Palace Nightclub- rispose Alec. Io e Isabelle ci guardammo stupite.
-È il locale dove siamo state ieri sera. Non abbiamo percepito nessuna presenza di demoni- appuntai io senza togliermi l'aria stupita dal volto.
-Ecco la prova che le distrazioni causano disastri. Forza andiamo- ordinò il moro incominciando a camminare verso l'uscita.
Mentre camminavamo per le strade di Los Angeles, affianco a me c'era Jace.
-Perché Alec si comporta sempre cosi?- chiesi cercando di spezzare il silenzio che c'era.
-È il suo carattere, non ama essere dolce con gli altri. Deve mostrarsi sempre serio e duro- rispose lui senza guardarmi -devo ammettere che da fastidio pure a me- sorrise leggermente.
Arrivammo davanti al locale ed entrammo. Ovviamente era strapieno di gente anche di mattina e mi avvicinai al bancone per parlare con una cameriera.
-Scusa- dissi.
-Dimmi, come posso aiutarti?- rispose le ragazza con molta gentilezza.
-per caso ieri sera hai sentito di un omicidio avvenuto in questo locale? Sono una poliziotta e cerco informazioni riguardo il caso- chiesi io ricambiando la gentilezza.
-Oh beh, ho sentito delle voci che circolavano riguardo questo fatto. Pare che la vittima sia un certo John Smitt. Era un cliente abituale nel nostro bar. Veniva sempre qui con sua moglie, Michelle Smitt- rispose la ragazza mentre asciugava un bicchiere.
-Grazie per le informazioni- dissi e mi allontanai dal bancone per tornare dagli altri. Ma non trovai nessuno.
-Ragazzi!- li chiamai ma non sentii nessuna risposta da parte loro.
-Jace! Isabelle! Alec!- urlai i loro nomi uno dopo uno senza smettere di urlare, ma nulla...nessuna risposta. Continuando a camminare per il locale in cerca degli altri tre Shadowhunters, mi ritrovai nella sala fumatori, stranamente vuota. Qualcosa o qualcuno sibilava tra le pareti e mi voltai di scatto ma non vidi nulla. Tirai fuori dalla fodera la mia spada tenendola salda tra le mani. Ad un certo punto sentii qualcosa avvinghiarmi il collo e sbattermi contro il muro, facendo cadere la mia arma a terra e dopo pochi secondi mi ritrovai bloccata alla parete con una specie di corda intorno al collo che pian piano si faceva più stretta...con le mani tentavo di sciogliere quell'avvinghio ma era quasi impossibile. Una voce sibilante sentirono le mie orecchie.
"Jade Anderson, che piacere vederti" disse la voce.
"Chi sei?" Chiesi continuando a dimenarmi.
"È inutile che continui a muoverti. Non riuscirai a liberarti almeno che non lo voglia io" sibilò e subito dopo una figura alta e squamosa si mostrò ai miei occhi. Aveva una lunga coda da lucertola e la lingua biforcuta faceva entra ed esci dalla bocca.
"Tuo padre mi ha tanto parlato di te" commentò avvicinandosi sempre di più a me e stringendo la presa. I suoi occhi erano verdi e le pupille quelle di un coccodrillo. La gola cominciava a bruciarmi.
"È un piacere vederti di persona" la sua bocca si era curvata in un orrendo sorriso.
"Non si può dire lo stesso per me" risposi io sentendo il fiato andarsene piano piano.
"Chi sei tu?" Chiesi di nuovo sperando di ricevere una risposta, con quel poco di aria rimasta.
"Lo scoprirai molto presto mia cara Jade" rispose di nuovo la creatura corrugando la fronte.
Tirai fuori dalla tasca un pugnale ma, invano, anch'esso finì a terra vicino la spada. Mi girava la testa e sentivo i sensi lasciare il mio corpo uno dopo l'altro fino a quando qualcosa non conficcò il ventre della creatura facendola cadere a terra e mollandomi. Caddi a terra con un respiro affannoso, recuperando tutta l'aria persa.
-Stai bene?- mi chiese una voce compatta molto familiare. Io alzai lo sguardo e notai con mio grande stupore che si trattava di Alec.
-Si, almeno spero- risposi alzandomi e prendendo le armi cadute a terra prima.
-Non ti abituare perché non lo farò un'altra volta- appuntò severo il ragazzo di fronte a me.
-Non mi aspetto che tu lo faccia, comunque grazie- ribattei andandomene dandogli le spalle. Per Raziel quanto lo odiavo. Sentivo i suoi passi dietro di me e raggiungemmo Jace e Isabelle.
-Si può sapere dove eravate finiti!?- sbottò Jace indicando me e Alec.
-Beh ecco, io ero stata attaccata tutto qui- spiegai con nonchalance.
-Si esatto, la biondina è stata attaccata e quanto pare non è riuscita a difendersi-mi schernì Alec facendo spallucce. Volevo tiragli un pugno ma non so come, riuscii a contenere la rabbia dentro di me.
-che demone era?- chiese Isabelle.
-demone mutaforma. Era in tutto e per tutto un rettile misto a lucertola e coccodrillo- spiegai ma non volli andare oltre con le spiegazioni. Era più che sufficiente.

FIGLIA DEL NEMICO: L'inizio // Alec Lightwood Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora