Emma aprì gli occhi.
La testa le pulsava e l'odore di disinfettante le pizzicava il naso.
Si guardò attorno con l'aria sospetta, mentre si teneva stretta la testa dolorante, che sembrava fasciata da metri infiniti di fasce.
La stanza in cui si trova era completamente bianca e in lontananza sentiva il rumore di altoparlanti e ticchettii di macchine mediche.
Era in un ospedale.
Accanto a lei, c'era suo padre addormentato, che con la mano stringeva la sua, piena di aghi e fasce.
La gamba destra era ingessata e il suo esile corpo era pieno di lividi violacei, che spiccavano a confronto con la sua pelle bianca.
Cercò d'alzarsi, con l'intento di specchiarsi, per vedere quanto tragica fosse la situazione.
E mentre si alzava, cercando di non svegliare suo padre, la sua testa liberava i pensieri, chiusi la notte prima, in quel cassetto immaginario, e ogni sua azione, ogni parola detta, si riproponevano, come un film proiettato al cinema.Vedeva ogni sua azione, ogni fatto accaduto quella sera, ma li guardava come se fosse una spettatrice della sua stessa vita.
"Emma dove vai?" La voce di suo padre la fece quasi sussultare. Evidentemente non era riuscita a fare piano come voleva.
"Devi stare a riposo""Volevo solo vedermi allo specchio" disse in un bisbiglio, ma mentre lo diceva ringraziava suo padre d'averla fermata in tempo.
L'idea di rivedere la sua figura allo specchio, dopo quella notte, non la allettava.Non aveva paura, era impossibile, ma solo all'idea di rivedere quella figura, il suo subconscio le gridava di scappare.
Era come se l'auto conservazione del suo corpo, si fosse attivato.
Suo padre si avvicinò ancora di più a lei e le accarezzò la testa.
I suoi occhi spenti ora brillavano disperazione, e la paura gli aveva riempito il volto stanco, di rughe."Perché?" Fù l'unica cosa che riuscì a dire, con la voce che tremava e le parole che faticavano ad uscire.
Emma non rispose. Continuò a guardare il viso spaventato e stanco di suo padre, inerte. Avrebbe voluto raccontargli di ciò che aveva visto, della figura nello specchio, della sua mente che all'improvviso era diventata vuota, libera da ogni pensiero, ma non sapeva come spiegarlo.
Nemmeno lei sapeva cosa aveva realmente visto."Tesoro io sto cercando di capirti. Di lasciarti fare le cose a modo tuo, ma non posso lasciare che arrivi.."
A morire.
Ecco cosa avrebbe voluto dire David, ma non ci riuscì.
La parola morte gli era rimasta incastrata in gola, provocandogli una fitta al cuore al solo pensiero.Non poteva perdere anche lei, solo il pensiero lo opprimeva come un sasso sopra la sua testa.
Rimasero in completo silenzio, mentre i loro occhi si scrutavano a vicenda.
David cercava risposte, mentre Emma cercava il coraggio di raccontargli ciò che era successo.Ma nessuno dei due sembrò riuscirci e poco dopo, il loro silenzio, fù interrotto da un uomo in camice bianco.
"Salve, sono il dottor Evans. Vedo che la nostra paziente si è svegliata. Come sta signorina.."
"Emma. Mi chiamo Emma Hall" rispose con un filo di voce.
"Come stai Emma?" le chiese con un sorriso sulle sue labbra sottili.
"Mi fa solo male la testa"
"Bene vedrai che piano piano passerà anche quella"
"Per quanto tempo ancora, deve stare qui?" la voce di David si intromise nel discorso, come una lama tagliente, continuando a guardare la figlia.
STAI LEGGENDO
Apatia
FantasyLa vita di Emma è caratterizzata dall'indifferenza. Ha un mostro dentro di lei che vive al posto suo e ogni cosa sembra non suscitarle nessuna emozione. Vive nella sua vita monotona, senza sentire il desiderio di cambiare qualcosa, finchè una notte...