"Marla tesoro siamo in ritardo"
"Lo so solo un'att-" la ragazza non potè finire la frase che riprese a vomitare.
"Marla é giorni che vomiti devi andare da un dottore"
"Sta zitto! Sto benissimo è stato il volo con Al che mi ha fatto male"
"Amore, anche io ho vomitato subito dopo. Ma tu non hai mai smesso"
"È solo il cibo della mensa che fa schi-" un altro conato di vomito non le permise di finire la frase.Il ragazzo sospirò e uscì dal bagno andando a sedersi nel letto della ragazza.
Era ormai una settimana abbondante che la ragazza vomitava e mangiava poco.
Le aveva più volte detto di fare una visita di controllo, ma lei si era sempre rifiutata categoricamente.
I primi giorni si era comportato da perfetto cavaliere: le aveva tenuto la testa e i capelli indietro facendole compagnia, e le porgeva sempre de cioccolato appena usciva dal bagno, con la speranza che riuscisse a rifarsi la bocca.Ma arrivato al quinto giorno aveva perso le speranza e aveva iniziato a sedersi semplicemente sul suo letto e ad aspettare in silenzio.
Non gli piaceva vederla stare male e Marla quando stava male diventata, se possibile, ancora più... stro-.... sboccata, volevo dire, sboccata.
Dago era l'unica persona che sapeva trattare Marla, senza tentare il suo omicidio ogni volta che apriva bocca.
Tre erano le regole che aveva ideato negli anni, per riuscire ad avere un rapporto pacifico (sempre nei limiti del possibile) e amorevole con lei:
la prima era che lei aveva sempre ragione, a prescindere dall'argomento. Soprattutto se vicino a lei ci fossero stati oggetti contundenti o comunque oggetti capaci di crearti un trauma cranico, o altre ferite mortali, se ti venivano lanciati addosso;
la seconda era che, se per sbaglio la contraddicevi, dovevi chiederle umilmente scusa il più velocemente possibile, ovvero più in fretta della velocità impiegata, da un oggetto di piccole/medie dimensioni, per percorrere la distanza fra te e lei, se lanciato con ferocia;
la terza, forse la più importante di tutte, non dovevi mai prendere sul personale i suoi insulti.
Sembrava un contro senso, ma Marla dimostrava il suo amore con gli insulti.
Più ti insultava e più le stavi simpatico.Dago sapeva tutto della ragazza e sapeva quanto avesse sofferto la morte della madre.
Per lei dimostrare affetto era molto difficile, quasi impossibile, ma con gli insulti ti mostrava in modo alternativo di tenerci.Molte vomitate dopo, Marla uscì dal bagno.
Era pallida, ma cercava in tutti i modi di dimostrare che era in perfetta salute e che non aveva bisogno di un medico.
"Possiamo andare" disse sorridendo al ragazzo.
"Sei ancora sicura di volerlo fare?"
"Dago ne abbiamo giá parlato. Non mi lasceró rovinare la vita da quell'essere. Sono migliore di lui. Perciò ora andiamo la e ritiriamo i risultati e se sono compatibile le donerò il mio rene.... Così, se mai dovesse sprecarlo, avrò un attenuante, quando scopriranno che l'ho, accidentalmente, uccisa."Il ragazzo si avvicinò a lei e la strinse fra le sue braccia, lasciandole un dolce bacio sulla fronte.
"Sai perchè ti amo?" Le bisbigliò all'orecchio.
"Perchè sono magnifica e ho un fondoschiena che parla?"
"No... non solo..." rispose sorridendo. "Ti amo perchè dici sempre quello che pensi. E sei naturalmente stronza!"
"Per questa volta lo prendo come un complimento" commentò ironica, mentre un sorriso le illuminava il viso, che piano piano riacquistava colore, "ma alla prossima uccido anche te"
"So che ne saresti capace" disse prendendola per mano, mentre si avviavano verso l'ospedale.Arrivati nell'area dell'edificio, in cui si ritiravano le analisi, si sedettero in una sala d'aspetto, dove c'erano solo loro ed una signora anziana qualche posto più in là.
"Sta tranquilla tesoro." Gli sorrise il ragazzo cercando di tranquillizzarla, "in qualunque caso io ti starò vicino".
"Facile per te. Sono io che ci perdo un rene!" Gridò Marla, ottenendo così un'occhiataccia dalla signora anziana.
Il ragazzo si limitò a sorridere divertito.Regola numero uno: Mai contraddirla.
"Possiamo andare via se vuoi."
"Cosa staresti insinuando? Che non ho coraggio? Ti sembro una donna senza coraggio? Usciti da qui ti uccido con le miei mani così vedi se non ho coraggio"Regola numero due: Chiedere umilmente scusa
"Scusa hai ragione mi sono espresso male io"
Regola numero tre: Mai prendere sul personale i suoi insulti
"Ovvio che ti sei espresso male. Hai solo polvere al posto del cervello!" Gridò attirando nuovamente l'attenzione della signora vicino a loro, la quale li invitò a fare silenzio.
"Ohh stia zitta! Ha un piede nella fossa e ancora parla?" Ringhiò come risposta Marla, con le mani che le tremavano per l'ansia.
"La signora Marla?" Chiese un uomo con il camice bianco interrompendo così la scenata.
"Sono io" rispose avvicinandosi a lui.
"Signora Marla, dalla sua cartella leggo che pochi giorni fa ha effettuato il test per vedere se è compatibile con sua sorella-"
"Sorellastra!" Puntualizzò indignata.
"Va bene... sorellastra... comunque dalle analisi risulta che lei è compatibile, ma che non puó sottoporsi all'intervento di donazione"
"Scusi e perchè non posso salvare quella?" Chiese confusa, concentrando tutto il suo disprezzo nell'ultima parola.L'uomo alzò finalmente lo sguardo dalla cartella che aveva in mano, donando così la sua completa attenzione alla ragazza.
"Ma signorina, è ovvio. Lei non puó donare organi mentre sta attraversando una gravidanza."
"CHE COSA?" Chiese sta volta Dago, raggiungendo così la ragazza vicino al dottore, "Sta scherzando?" Domandò cercando di trattenersi dal gridare.
"Non scherzo su queste cose signor?"
"Dago, sono il... padre del bambino"
"Oh congratulazioni! Ora se mi scusate, devo visitare la signora in sala d'aspetto con voi. Signora Maria come sta oggi?" Chiese allontanandosi da loro due e avvicinandosi alla donna in questione, ancora traumatizzata dalla minaccia ricevuta poco prima.Marla era paralizzata.
La notizia l'aveva sconvolta.
Per la prima volta dopo tanto tempo, non sapeva cosa dire.
Non aveva insulti, non aveva commenti. Niente di niente. Solo un groppo alla gola e le lacrime che premevano per uscire dai suoi occhi chiari."Tesoro stai bene?" Domandò sconvolto il ragazzo, ma lei non rispose.
Si voltò verso di lui e lo guardò per qualche secondo, prima di iniziare a correre e tornare in Istituto.
Chiuse la porta della sua camera e iniziò a strillare. Con le lacrime che le rigavano le guance rosse e il cuore che batteva all'impazzata.
Iniziò a distruggere ogni cosa avesse vicina, a lanciare oggetti per terra e a disfare la sua camera.
Come se con quel gesto riuscisse a sfogare la rabbia e l'angoscia che aveva in quel momento. Ma nulla ci riusciva.Dago la rincorse e bussò alla sua porta più di una volta. Ma lei non gli aprì.
Sentiva le sue grida disperate e gli oggetti che si rompevano in mille pezzi, e ad ogni strillo, sul suo cuore si formava una crepa.
Avrebbe donato un braccio pur di farla stare meglio. Avrebbe voluto stringerla fra le sue enormi braccia e cercare di farla tranquillizzare, ma sapeva che in quel momento aveva bisogno di sfogarsi così: distruggendo ogni cosa.
Si sedette quindi davanti alla sua porta e aspettò tutto il giorno che la ragazza lo facesse entrare, mentre nella sua testa cercava anche lui di metabolizzare quella notizia sconvolgente.
STAI LEGGENDO
Apatia
FantasyLa vita di Emma è caratterizzata dall'indifferenza. Ha un mostro dentro di lei che vive al posto suo e ogni cosa sembra non suscitarle nessuna emozione. Vive nella sua vita monotona, senza sentire il desiderio di cambiare qualcosa, finchè una notte...