Marla

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Emma aprì gli occhi. Aveva dormito, si e no, tre ore quella notte.
Guardò la sveglia sul suo comodino e segnava le 7:03. Decise d'alzarsi e di prepararsi per andare a fare colazione.
Si fece una doccia e velocemente si vestì.
Stava percorrendo il corridoio che univa le camerate della sua ala, con il corridoio principale, dal quale si arrivava in mensa, quando sentì delle grida disperate provenire da una camera.

"No. Non può farmi questo! Io lo odio. Lo odio"

Emma si avvicinò alla porta socchiusa da dove proveniva il rumore e la aprì delicatamente, per vedere da chi provenissero quelle strilla strazianti.

I suoi occhi videro Marla accasciata a terra.
Si stringeva la testa fra le braccia, con le mani che stringeva forte in due pugni serrati.
Gridava disperata, come se qualcuno la stesse riempiendo di schiaffi.
Il suo viso disperato e gli occhi che piangevano lacrime acide, che gli rigavano il viso.

Poco più avanti, brandelli di carta ricoprivano il pavimento. Quella lettera che l'istruttrice le aveva consegnato, pochi giorni prima, ora erano coriandoli carnefici delle urla strazianti della ragazza.

"Vuole che io salvi sua figlia. Quel lurido verme non si è fatto sentire per anni e ora vuole che io salvi sua figlia! E io cosa sono?!" Gridava, mentre si muoveva avanti e indietro con il busto, come se cercasse di cullarsi da sola, come se cercasse d'immaginare d'essere fra le braccia di una mamma premurosa, che era lì per darle la pace che cercava come l'aria.

Emma provò ad avvicinarsi a lei, piano piano, cercando di non fare movimenti azzardati. Come se avesse paura di spaventarla ancora di più, di quanto già non lo fosse.
Si sedette per terra vicino a lei, le prese la testa e la appoggio alla sua spalla, e anche se ad entrambe quella mossa, sembrava molto meccanica e teatrale, decisero di stare così, nel silenzio più totale.

Emma abbatteva il suo scudo d'indifferenza, cercando di rassicurarla come meglio poteva, mentre Marla in quell'abbraccio cercò la sicurezza che sembrava aver perso per sempre.

Il silenzio le circondava, interrotto solo da qualche singhiozzo qua e là.

Il tempo scorreva lento, ma loro rimanevano li immobili, nella speranza che qualcosa improvvisamente succedesse. Che qualcosa venisse a cambiare la situazione.

Ma quello non era un film fantasioso, non era una storia con un lieto fine, e nessuno sarebbe arrivato a salvare quella ragazza, che nella sua vita aveva conosciuto fin troppo in fretta la sofferenza.
Si sarebbe dovuta salvare da sola, ancora una volta.
E mentre il silenzio della stanza cullava in un sonno profondo entrambe, Marla rivide la sua vita scorrerle davanti.
Dalla prima sofferenza, fino a quel giorno, in cui un semplice pezzo di carta le aveva ricordato quanto bastarda fosse la vita.

Marla nacque in un freddo pomeriggio di Gennaio.
Figlia unica, suo padre era un ingegnere di successo, pieno di impegni, e poche volte rimaneva a casa con la figlia e la moglie.
Sua madre invece, era una donna bellissima.
Lunghi capelli neri e occhi verdi splendenti.
Non lavorava, non lo aveva mai fatto, era rimasta fin da subito in casa, ad accudire figlia e marito.
La loro era una vita invidiata da tutti. Tanti soldi, casa immensa e futuro brillante, ma se all'apparenza potevano sembrare una famiglia perfetta sotto ogni punto di vista, nella realtà, nella vita privata, c'era poco da invidiare.
La madre di Marla, non era mai stata capace d'esprimere le sue emozioni, parlava poco e i sorrisi, che era solita concedere alla figlia, scomparirono con il tempo, diventando solo un lontano miraggio.
Per suo padre, che era solito circondarsi di sorrisi finti e di falsi complimenti, la situazione divenne insostenibile.
E presto, abbandò lei e sua figlia, nella ricerca di una nuova compagna, in grado di dargli tutto l'affetto che voleva, senza dover mai dare nulla in cambio.
Se ne andò una notte, nel completo silenzio, illuminato solo dalla luna.
Lasciò solo una lettera, in cui chiedeva di non cercarlo, di dimenticarsi di lui, perché di una figlia e una madre, incapaci di mostrare amore non ne aveva bisogno.
Da quella fredda notte ogni cosa cambiò.
Quella donna dai lunghi capelli neri e gli occhi verdi splendenti, si trasformò in un corpo che respirava soltanto.
Passava le sue giornate seduta davanti alla finestra, senza degnare la figlia di un sorriso, senza degnare la figlia di uno sguardo, perché con suo padre se n'era andata anche l'anima di sua madre.
In quel freddo pomeriggio di Gennaio, di dieci anni dopo, in quella grande casa, che era fredda e vuota, in una stanza, c'era una bambina, con la passione per i supereroi, che soffiava le candeline su una torta immaginaria, mentre nella stanza affianco, sua madre si toglieva la vita.
Quando si accorse di ciò che era successo, quella bambina, che aveva dovuto crescere fin troppo in fretta, non pianse nemmeno una lacrima.
Si limitò a mettersi distesa di fianco a quel corpo ormai freddo.
Chiuse gli occhi e si lasciò andare, nella speranza di ritrovare la sua mamma dai capelli neri e gli occhi brillanti, ma l'unica cosa che trovò, furono anni di casa famiglia, rabbia repressa e schiaffi in faccia.
Perché la vita per quella bambina che adorava i supereroi, non era mai stata facile e con il tempo la situazione, poteva solo peggiorare.
Non passò molto perché cercasse una via di fuga da quella vita, che sembrava l'inferno.
E in un altro pomeriggio di Gennaio, cercò di farla finita, in una strada deserta, con il sorriso sulle labbra, per star mettendo fine a quell'agonia.
Ma se Marla ne aveva abbastanza della vita, la vita non aveva ancora finito con lei, e senza volerlo si ritrovò in quel centro che da ormai due anni era la sua casa.
L'istruttrice fu la prima persona, nella sua esistenza, che si interessò a lei.
Che le chiese come stesse, senza pretendere di sentirsi dire "un bene", sotto mentite spoglie.
Ma se Emily le salvava la mente e il corpo, la sua anima continuava a vagare in continua pena, finchè un girono, da quel grosso portone, entrò un uomo con una lunga treccia e con un cane pieno di pulci, che lo seguiva ovunque.
Dago fu la sua salvezza.
La vera cura che salvò quella ragazza composta da tristezza e schiaffi in faccia, e la fece sbocciare in una donna che non si faceva mettere i piedi in testa da nessuno.

Ma si sa, la vita è bastarda e la pioggia scende sempre dove è già bagnato, e la sua felicità fu spazzata via in un secondo, facendola tornare quella bambina indifesa, che invece dell'amore conosceva la sofferenza.
Una lettera, un pezzo di carta, ma spedita da quell'uomo che era il suo incubo peggiore.

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