Quella notte Emma non tronò in libreria, non fece cadere tutto a terra, come succede nei film, rivelando la sua presenza.
Posò il vassoio con i caffè delicatamente, senza fare alcun rumore e andò in camera sua.Camminava con una tranquillità disarmante, come se non avesse veramente capito quelle parole gridate.
Ma se fuori era impassibile, dentro aveva un vulcano pronto ad esplodere.Arrivata nella sua stanza, si distese e guardò il soffitto bianco. Lo scrutava in silenzio mentre cercava una soluzione ad ogni cosa, un piano che avrebbe potuto risolvere ogni suo problema.
Ma tra tutto, l'unica, che era sicura avrebbe funzionato alla perfezione, era la sua morte.I suoi diciassette anni passati a non provare emozioni l'avevano portata lì: in un centro mentale circondata da persone che l'avevano accettata per com'era, senza pretendere che cambiasse per loro.
L'avevano fatta sentire giusta in un mondo che la additava come sbagliata.
Guardava il soffitto ripensando alle loro parole, con quel "la amo" gridato senza filtri, che continuava a ripetersi nella sua mente come un chiodo fisso.
La sua apatia che la contraddiceva, che in quel periodo era ormai svanita nel nulla, le aveva permesso d'avere un'anima pura, un'anima senza macchie e senza peccati, come quella di un neonato.
Aveva mille domande, e zero risposte.
Si chiedeva se era pronta a sacrificare la sua vita per un bene superiore, si chiedeva se era pronta a dire addio a quella vita che per la prima volta sentiva con la sua pelle.
E infine, per la prima volta, si chiedeva che cosa provasse per quel ragazzo scorbutico e arrogante, ma che era stato il primo a farla sentire viva."È da un po' che ti osservo, e devo dire che non ho mai visto un'animata pensare così tanto prima di fare qualsiasi cosa. Cioè tu, pensi veramente troppo e vivi troppo poco."
Emma si alzò di scatto, con il cuore che le batteva forte e la paura che le scorreva nelle vene.
Prese la prima cosa che riuscì ad afferrare dal suo comodino e si guardò attorno sospetta."Chi sei?" Chiese ad un uomo vestito con uno smoking bianco, seduto sulla sua scrivania.
"Oh perdonami. Sono il Tempo" disse avvicinandosi porgendole una mano, mentre sorrideva smagliante.
"Come sei entrato?"
"Ecco, non sono proprio entrato, sono più apparso"
"Che ci fai qui? Cosa vuoi da me?"
"Parlarti, mostrarti il futuro" disse alzandosi dalla scrivania e avvicinandosi a lei, che ad ogni passo che riduceva la loro distanza, ne faceva tre indietro. Finchè non si trovò in trappola, con le spalle contro al muro freddo della sua camera.
"Potresti appoggiare quel libro per favore? Sei inquietante, oltre che poco credibile. E poi cosa ci vorresti fare?"
"Tiratelo addosso se ti avvicino troppo." Ringhiò cercando di sembrare il più minacciosa possibile, ma con scarsi risultati.
"A parte che sarebbe parecchio scortese, e poi non mi faresti niente"Emma continuò a guardarlo perplessa, mentre si chiedeva cosa ci facesse quell'uomo in camera sua e perché sembrava risplendere di luce propria.
Si guardarono per qualche secondo in completo silenzio, finchè lui non alzò un sopracciglio.
"Avanti prova"
"Cosa?" Chiese lei balbettando.
"Prova a tirarmi quel libro, così finiamo questa pagliacciata."
La ragazza lo guardò ancora più perplessa.
"Avanti" la incitò, ma ancora una volta lei non si mosse.
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Apatia
FantasyLa vita di Emma è caratterizzata dall'indifferenza. Ha un mostro dentro di lei che vive al posto suo e ogni cosa sembra non suscitarle nessuna emozione. Vive nella sua vita monotona, senza sentire il desiderio di cambiare qualcosa, finchè una notte...