L'autore apatico

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Quella notte Emma non riuscì a chiudere occhio.
Il gesso le stava creando non pochi problemi.
Non solo il dolore alla gamba non la lasciava dormire, ma aveva anche tutte le mani rovinate a causa dei calli dovuti dalle stampelle.

Fuori era ancora buoi.

Guardò la sveglia sul suo comodino ed erano le 5:04 del mattino.

Decise di non provare nemmeno a rimettersi a dormire.
Si vestì e uscì dalla camera.

Aveva deciso di cercare un posto tranquillo dove leggere, e le quattro mura della sua stanza iniziavano a starle strette.

L'istituto era deserto, e il corridoio, che Emma stava percorrendo, era illuminato solo dalle luci d'emergenza.

In lontananza sentiva le voci delle infermiere e dei dottori. Sapeva che se l'avrebbero vista, l'avrebbero subito rimandata in camera sua, perciò saltellando più in fretta possibile con le stampelle, arrivò in una stanza e ci si chiuse dentro.

Era probabilmente la sala relax per le infermiere.
Aveva delle grandi finestre da dove si poteva vedere la luna illuminare la pioggia che stava colpendo la cittadina dormiente.
Sapeva che si era rintanata nella tana del lupo e che prima o poi sarebbe arrivata un'infermiera a rovinarle il nascondiglio, ma era stanca di aggirarsi per i corridoi con le stampelle e la gamba le faceva male.
Decise quindi, di sedersi sulla poltrona più vicina alla grande finestra e di godersi il momento prima d'essere scoperta.

Stava leggendo tranquillamente il suo libro preferito: Il malpensante, di Gesualdo Bufalino, quando ad un tratto sentì qualcuno avvicinarsi alla porta e aprirla.
"È durato troppo poco" sospirò Emma, e chiuse gli occhi aspettando che quella persona le gridasse che doveva tornarsene in camera sua immediatamente.

"Tu cosa ci fai qui?" Chiese una voce a lei fin troppo familiare.
Si voltò e vide Al sulla soglia della porta.
Era sempre vestito di nero e indossava i suoi amati occhiali da sole, anche se fuori era buio.

"Potrei farti la stessa domanda" rispose Emma incurante della faccia perplessa del ragazzo.
"È il mio nascondiglio questo. Sei tu nel mio territorio. Perciò esigo delle spiegazioni. Mi stai forse seguendo?.. che c'è la ragazzina dal cuore di ghiaccio, si è presa una cotta per me e ora cerca in tutti i modi di starmi vicino? Non sei proprio il mio tipo, ma credo che ci sia sempre tempo per una sveltina." disse con un tono talmente acido, che a Emma ribollì il sangue nelle vene.
"Sei tu caso mai che mi segui. Ieri nella sala degli incontri e adesso qui. E poi se lo vuoi sapere nemmeno tu sei il mio tipo. Sei solo un arrogante narcisista."
"Bada come parli ragazzina."
"E tu smettila di assillarmi!"

Si guardarono per minuti interi, con gli occhi che scrutavano ogni movimento dell'altro.
Gli occhi di ghiaccio di Emma congelarono il sangue nelle vene di Al, e lui sotto ai suoi occhiali neri, la osservava incuriosito. Come se Emma fosse una cassaforte, e lui stesse cercando la combinazione perfetta per aprirla.

Fu il ragazzo ad interrompere il freddo silenzio che si era instaurato fra di loro.

"Va bene" borbottò continuando a guardarla incuriosito. "C'è spazio per entrambi in questa stanza" disse camminando fino al frigo, dove le infermiere tenevano i cibi portati da casa, tutti divisi per contenitori.

Emma non rispose, si limitò a sbuffare infastidita e ad abbassare lo sguardo sul suo libro.

Al prese una fetta di torta al cioccolato. Provò a contenersi, ma la curiosità era troppa, e mentre si gustava quel dolce rubato, si girò per guardarla.

Era lì, con il suo sguardo impassibile, che scorreva veloce le parole.
Era sicuro che nemmeno se l'avesse pugnalata in quel momento avrebbe cambiato espressione, e nemmeno se l'avesse baciata.

Sarebbe rimasta lì, immobile e impassibile. Sempre con quello sguardo vuoto e freddo, incapace d'amare.

Dalla finestra entrava della luce che le illuminava per metà il volto.
Era bellissima.
Una bellezza mortale e più la guardava più lo irritava.
Quella ragazza stava sprecando la sua vita, e la cosa non sembrava turbarla affatto.
Il suo sguardo si abbassò al libro che stava leggendo.
Lo aveva letto anche lui da bambino, rinchiuso nella sua stanza, abbandonato a se stesso.

La sua mente viaggiò lontana, al ricordo di quella fredda notte, in quel palazzo enorme, che per quanto tale, non sarebbe mai riuscito a chiamare casa.
Era solo un bambino di dieci anni e già aveva capito come andava il mondo.
I grandi decidevano il suo futuro e lui non poteva fare nulla per cambiarlo.
Aveva già capito quanto male facesse uno schiaffo, e quanto raro fosse ricevere una carezza.
Si rifugiava spesso nei libri, per scappare dalla sua realtà, e quel libro in particolare gli aveva scaldato il cuore.
Ora era cresciuto. Non era più un bambino, e i lividi sul corpo erano ormai cicatrici indelebili, che gli ricordavano giorno e notte chi fosse.
Ma se quei lividi erano scomparsi dalla sua pelle bianca, ora ciò che lo affliggeva erano tagli peggiori, ferite interne che non poteva rimarginare, ferite che bastava un ricordo come quello per far sanguinare.
Ormai il dolore era solo interno e non più esterno, e da uomo adulto e possente che poteva tutto, ritornava quel bambino di dieci anni indifeso, che non accettava la sua vera natura, perché di vero per lui aveva poco, perché quella non era la sua vita. Non era il suo destino.

Forse la ragazza dal cuore di pietra, che aveva davanti, non era poi così impassibile, forse era solo umana e come lui stava scappando da qualcosa di più grande di lei.

"Le stelle sono varianti.."
"...rifiutate dalla terra" concluse Emma la frase.

Alzò lo sguardo dal libro e lo guardò impassibile. Con i suoi occhi freddi come il ghiaccio che scrutavano ogni cosa attorno a lei.

Come se stesse vedendo il mondo per la prima volta.

"Tu lo hai letto?" Chiese con un filo di voce.
"Mi è capitato"
"Strano."
"Perché è tanto strano che abbia letto quel libro?"
"Perché è sicuramente stato scritto da un apatico. E vedendo il tuo disprezzo nei miei, confronti non credevo fosse possibile"
"Ma stai scherzando? Gesualdo Bufalino non era apatico"
"Ma davvero?" Chiese Emma, con tono di sfida mentre sfogliava il libro in cerca di qualcosa.

Appena arrivò alla pagina, lesse ad alta voce: "Capita a volte di sentirsi per un minuto felici. Non fatevi cogliere dal panico: è questione di un attimo e passa." sfogliò di nuovo il libro e si fermò ad un'altra pagina "Bisogna che abbiamo un'idea molto primitiva dell'eternità se facciamo tanto caso del morire a trenta o a cent'anni" sfogliò un'altra volta il libro e lèsse ad alta voce "Morire. Non fosse che per fregare l'insonnia."

Stava per leggere un'altra frase quando Al la interruppe.

"Ma smettila! Questo non significa assolutamente nulla. E poi hai letto solo le parti che ti facevano comodo ci sono altre frasi che esprimono la gioia di vivere"
"Tipo?" Chiese Emma con sufficienza.

Al non rispose, pensò intensamente ad una frase, ma niente, non gli veniva in mente niente.

"Te l'ho detto" disse, riportando il libro a dove lo aveva interrotto.
"Tu cerchi solo di fare l'alternativa. Quando invece sei uguale a tutte le altre. Sei solo una ragazzina viziata che ha ricevuto troppo nella vita!"
"Continua a parlare, tanto il mio cuore di ghiaccio non si offende" gli rispose senza nemmeno alzare gli occhi dal libro.

A quella frase Al fece cadere a terra la torta e uscì dalla porta.
La odiava. Era immensamente viziata e non la sopportava. Non ascoltava i consigli e non aveva intenzione di cambiare.
Avrebbe fatto sicuramente una brutta fine.

Rimasta sola nella stanza, Emma pensava le stesse cose di Al.
Non sopportava quel ragazzo arrogante. Le aveva dato della viziata quando lei non aveva fatto altro che dimostrargli la realtà. Era lui che era viziato, e non avrebbe sopportato un altro giorno la sua presenza.

"Si è persa signorina?" Chiese una voce, interrompendo i suoi pensieri.
Si girò di scatto e vide una donna con il camice bianco guardarla dalla soglia della stanza.
"Allora?" Ripetè indispettita.
"No. Stavo solo leggendo. Ora me ne vado"
E si alzò dalla poltrona.

Si erano fatte le 6:50 e decise d'andare direttamente in mensa per la colazione.

A causa di quell'arrogante non era riuscita a leggere gran che, e questo non le piaceva affatto.
Se avesse provato emozioni sicuramente nei confronti di Al avrebbe provato solamente odio.

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