Parte 1 "Violet's corner"

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"Cara Violet, leggo sempre la tua rubrica ed è un bel passatempo per me mentre sono sulla metro. Ti scrivo per chiederti un consiglio. Ho scoperto che il mio ragazzo mi ha tradita. L'altra notte mentre dormiva ho letto i messaggi sul suo telefono e ho trovato prove evidenti che è stato a letto con un'altra donna. Non ho avuto il coraggio di dirgli niente perché mi sono sentita in colpa per aver violato la sua privacy, ma ora voglio lasciarlo. Secondo te devo dirgli la verità su quello che ho letto oppure lo lascio con un'altra scusa? Grazie di tutto, Eleanor."
"Cara Eleanor, grazie a te per aver scritto alla mia rubrica. Vorrei sapere che te ne importa dei sensi di colpa; il tuo ragazzo ti ha tradita, si è comportato come uno stronzo, il mio consiglio è di urlargli la verità in faccia e rompere il suo cellulare in mille pezzi davanti ai suoi occhi. Ti direi anche di romperglielo in testa, ma non sarebbe corretto da parte mia. Volta pagina e vai avanti con la tua vita. La tua Violet."
Schiacciò invio con un sospiro. Quella era l'ultima mail della giornata, finalmente avava finito. Soltanto quel giorno avrna risposto a cinquanta domande. Da quando curava la rubrica "Violet's corner", le email e i messaggi erano quintuplicati, le persone amavano la sua  schiettezza e il suo modo di affrontare gli argomenti più disparati con ironia e buonsenso. Chiuse il laptop e si guardò intorno: in ufficio erano rimasti solo lei e il capo redattore del giornale, Tim Smith, che era sempre in redazione e probabilmente non aveva neanche una casa visto che era lí praticamente 24 ore su 24. Raccolse frettolosamente le sue cose nella borsa e prima di avviarsi verso l'uscita si affacciò alla porta dell'ufficio di Tim.
"Signor Smith io vado a casa. Le ho inviato la mail con tutte le lettere di oggi."
Smith alzò gli occhi dal giornale che stava leggendo e le sorrise, o meglio, Defne sapeva che le stesse sorridendo, ma chi non lo conosceva avrebbe visto solo quella specie di smorfia che faceva con le labbra.
"Grazie Defne, sceglierò quella da pubblicare sulla rivista e il resto andrà sulla rubrica online. Ci vediamo domani."
"Ehm signor Smith?" Si schiarì la voce.
"Dimmi mia cara"
"Volevo sapere se ci sono novità su quell'incarico che mi aveva promesso. Sa, mi piace molto curare la rubrica di Violet, ma sono certa che potrò fare anche qualcos'altro contemporaneamente."
"Per il momento voglio che ti concentri sulla rubrica. I lettori impazziscono per le tue risposte e anche il blog online ha migliaia di visite giornaliere. Non voglio che trascuri questo lavoro o lo consideri poco valido."
Defne deglutì la delusione, il retrogusto amaro le fece salire le lacrime agli occhi. "Non si preoccupi signor Smith. Amo il mio lavoro. Buonanotte."
Girò i tacchi e si avviò rapidamente verso l'uscita, salutò Kirk, il portiere dello stabile con un rapido cenno della mano e varcò il grande portone che dava sulla Regent, con la consapevolezza che il suo sogno di diventare un'affermata giornalista era ancora molto, molto lontano.
L'aria gelida di Londra la investì non appena mise piede in strada; Era Gennaio inoltrato, ma faceva freddo già da due mesi, e non potè fare a meno di pensare che quello era indubbiamente l'inverno più lungo della sua vita. Si calò il cappello  sulle orecchie, affondò il naso nel caldo sciarpone di lana rossa che le aveva regalato la sua coinquilina per Natale l'anno prima, e si diresse velocemente verso Oxford Circus. Un quarto dopo le 20 e il centro commerciale di Londra era quasi deserto; era sempre così, dopo la chiusura dei negozi, Oxford Street si svuotava inesorabilmente, e questo era ottimo per lei, perché poteva camminare tranquillamente senza scontri e spintoni e trovare tutti i posti a sedere che voleva sulla metro. Portò gli auricolari alle orecchie e cercò la sua canzone preferita del momento. Quando le piaceva una canzone era capace di ascoltarla a ripetizione per tutto il giorno, fino a quando  ne diventava così assuefatta da non riuscire a riascoltarla mai più. Defne adorava camminare per le strade di Londra quando in giro non c'era nessuno; riusciva a provare in quei momenti, lo stesso senso di libertà che aveva avuto quando, cinque anni prima, aveva messo piede per la prima volta in quella città immensa, con gli occhi carichi di curiosità e la valigia piena di speranze. Decise di non scendere alla metro di Oxford Circus e di proseguire a piedi verso Bond Street, avrebbe potuto così godere del suo momento di ricercata solitudine e allo stesso tempo avrebbe evitato di cambiare treno per la coincidenza con la Jubilee line. Camminando osservò le vetrine dei negozi, chiusi ma con le luci ancora accese e i commessi che sistemavano e pulivano tutto per preparare l'apertura dell'indomani. Guardò i caratteristici bus rossi, che si susseguivano uno dietro l'altro ormai semivuoti. Londra aveva quasi settecento linee e oltre ottomila bus, era quindi molto usuale vedere le strade totalmente colorate di rosso. All'inizio le piaceva molto prendere l'autobus, riusciva a vedere tante parti della città che altrimenti non avrebbe mai visto; ma ben presto, con il lavoro e la vita frenetica che quella città imponeva, aveva dovuto sostituire i bus con la metro, sicuramente meno poetica, ma decisamente più pratica e rapida.
La musica si interruppe improvvisamente e il telefono iniziò a squillarle nelle orecchie.
"Ma che c..." esclamò a voce alta. Era la sua coinquilina, nonché la sua migliore amica. "Hello." Rispose. Dall'altro lato si sentiva musica a tutto volume e un gran frastuono di piatti, bicchieri e voci. "Defneee. Dove sei finita?"
"Steffy ho con gli auricolari e mi stai strillando nelle orecchie. Sono quasi arrivata a Bond Street e sto andando a casa."
"No! Ti prego! Appena arrivi vieni qui. C'è un sacco di gente, io e Andrés siamo soli, Alina non è venuta perché ha la febbre come al solito e mi serve una mano."
Defne alzò gli occhi al cielo. Neanche quella sera avrebbe potuto riposare in santa pace.
"Stef sono stanchissima? Sei sicura che non ce la fate? So che vorresti sempre avermi accanto per le mie innate doti organizzative e per la mia invidiabile velocità, ma sono stanca e anche abbastanza arrabbiata stasera."
"Ti prego, ti prego, ti prego! Ti faccio lo sconto sull'affitto!"
Defne sospirò e sentì il freddo invaderle i polmoni. "Va bene, va bene. Però preparami un mega crispy chicken burger, perché sono molto molto affamata. Potrei mangiare la poca carne attaccata alle tue ossa." La sentì ridere dall'altro capo del telefono.
"Ok dico subito ad Andrés di portare la tua ordinazione in cucina. Fai in fretta."
Defne sapeva benissimo che in realtà non c'era nessuna emergenza, che Steffy e Andrés erano capaci di cavarsela da soli, ma da quando Steffy aveva rotto con il suo ragazzo sembrava non poter fare a meno di lei, la voleva sempre intorno.
Nel frattempo era arrivata alla stazione di Bond Street. Attraversò quasi correndo lo shopping centre e si recò verso le scale mobili che conducevano al binario della linea grigia. Una cosa positiva di Londra era che i treni passavano quasi uno dietro l'altro pertanto non dovette aspettare più di due minuti prima che arrivasse la vettura in direzione Stanmore. Il vagone era quasi vuoto, quindi prese posto su una delle poltroncine di velluto azzurro, anche se c'erano solo due fermate prima della sua. Si guardò intorno: tutti i passeggeri erano assorti nel fare qualcosa, nessuno di loro aveva alzato lo sguardo quando era entrata; chi leggeva un libro, chi il quotidiano gratuito della metro, chi giocava con il cellulare. Non si sarebbe mai abituata alla totale indifferenza che gli abitanti di quella città avevano verso il prossimo, le uniche parole che avrebbero rivolto erano "excuse me" quando dovevano passare e "sorry" se urtavano qualcuno.
Alcuni facevano dei viaggi lunghi per tornare a casa: Defne si soffermò a guardare una signora indiana, piuttosto sovrappeso, che si era addormentata con la busta della spesa nelle mani. Le piaceva immaginare le storie di quelle persone, indovinare la loro professione, pensare alla loro giornata e a quello che li attendeva a casa. Immaginò che la signora indiana avesse due bambini che la stessero aspettando per cena, probabilmente era una ragazza madre perché non aveva la fede. Forse faceva un lavoro molto fisico e stancante per addormentarsi sul treno. Era ancora immersa nei suoi pensieri quando gli altoparlanti annunciarono la sua fermata: Swiss Cottage.
Assicurò la sua borsa in spalla e scese velocemente dal treno. Corse verso le lunghissime scale mobili che l'avrebbero riportata in superficie. La jubilee line era una delle linee metropolitane più in profondità, anche i telefoni perdevano totalmente il segnale laggiù, infatti non appena raggiunse il piano terra il cellulare cominciò a squillare. Era un messaggio di Andrés, le aveva inviato la foto del crispy chicken burger che aveva fatto preparare per lei. Defne sorrise mentre prendeva l'uscita sulla Finchley Road. Il pub di Steffy, il Circus Tavern era a meno di dieci minuti dalla fermata e a pochi metri dalla loro casa a Belsize Lane. Fondamentalmente trascorreva lì quasi tutte le sere da cinque anni, un po' per dare una mano ai tavoli e un po' per bere un drink e stare in compagnia dei suoi amici. Lei, Steffy e Andrès vivevano insieme nella grande casa di Steffy. L'aveva ereditata dalla nonna, insieme ad una cifra spropositata con la quale avrebbe potuto vivere di rendita fino alla fine dei suoi giorni, ma Steffy era un'iperattiva e quindi aveva investito parte del denaro e tutte le sue forze per rilevare e ristrutturare il Circus. Defne l'aveva aiutata molto a mettere su quel posto, insieme ad Andres ovviamente e a Travis, il suo ormai ex ragazzo.

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