Parte 29 - Death and all his friends

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Lennon fissò inebetito la bara di sua sorella mentre veniva ricoperta da palate di terra rossa. L'aveva guardata mentre la seppellivano in quel piccolo fazzoletto di terra, accanto alla tomba del nonno.
Era arrabbiato, Lennon. Arrabbiato e sconvolto. Aveva cercato di informarsi con suo padre su quel decesso, era stato allo stesso tempo potere e furia quando William non ebbe la forza di indagare oltre, e si rassegnò alla sua perdita precoce. Eppure, tutta la rabbia del mondo non poteva cambiare ciò che era successo: era andata in overdose. Michelle era morta.
Osservò per l'ultima volta quel feretro di legno di castagno, poi vi lanciò la rosa bianca che aveva stretto nelle sue mani per tutta la cerimonia funebre e volse il suo sguardo altrove, perché non riusciva a guardare più, le lacrime gli stavano bruciando gli occhi e offuscando la vista. Enorme era la tristezza che dilagava nel suo cuore. Poi lo vide.
Deniz Kaya era poco più dietro della piccola folla di amici e parenti che si erano riuniti per dare un ultimo saluto a Michelle. Era appoggiato con la schiena contro ad un albero con la testa bassa, di sicuro stava piangendo perché poteva vedere il suo petto sussultare per i singhiozzi.
Una collera dura e pesante si impadronì di lui. Lennon si mosse di scatto in direzione di Deniz e lo afferrò per il bavero del suo giubbotto di pelle, scuotendolo e spintonandolo  con forza contro l'albero.
Deniz non oppose resistenza, non si difese, alzò solo gli occhi pieni di lacrime e lo guardò, ma la rabbia di Lennon era troppo cieca per vedere oltre il suo naso.
"cosa ti viene in mente, pezzo di merda! Ti ammazzo se non sparisci di qui immediatamente!" gli urlò, stringendogli una mano attorno alla gola.
La sua reazione causò l'agitazione di tutti i presenti. Suo padre e lo zio George accorsero immediatamente per cercare di sedare la sua irruenza. Ma Lennon era forte, ed era furioso, fu difficile strapparlo via dalla gola di quel ragazzo.
"Non è stata colpa mia. Non è stata colpa mia!" Gli gridò dietro Deniz, mentre qualcuno dei presenti lo prendeva sottobraccio e lo accompagnava verso l'uscita.

Lennon si alzò in piedi, lentamente. Cercò di riprendere fiato, con il corpo che gli vibrava per la rabbia e la sete di vendetta. Non realizzò subito quello che lei gli aveva detto, non finchè non la vide cadere in ginocchio accanto a Deniz Kaya. Nello stesso momento, lui sembrò riprendere un po' di coscienza e provò ad alzarsi con un lamento di dolore, e Defne accorse al suo capezzale. L'uomo era  ferito e ancora in uno stato di semi incoscienza, ma aprì gli occhi e guardò la ragazza, che gli stava davanti. Aveva gli angoli della bocca rigati dal sangue e la fronte era imperlata di sudore. "Oh mio Dio, sta sanguinando." Esclamò Defne in un mare di lacrime, togliendosi la sciarpa e tamponando la ferita con la stoffa di seta. Lennon osservò tutta la scena in stato di trance, era come pietrificato, come se stesse guardando un film a rallentatore. La mano destra stretta sul braccio sinistro dove aveva dolore per i pugni appena sferrati. Dominato da un tremito osceno.
"Deniz! Deniz parlami. Stai bene? Devo portarti in ospedale!" Diceva accarezzandogli la testa.
Una terribile sensazione di caduta libera si impadronì di Lennon, strattonandolo dalla testa ai piedi, come avviluppato da un'energia oscura. Gli mancò il fiato, come quando ti lanci in corsa dalla cima di una montagna e arrivi a terra stremato, senza più un briciolo di aria nei polmoni e con il cuore in gola che batte fortissimo. Sembrava che stesse per scoppiargli da un momento all'altro, sentiva i battiti violenti contro il pomo d'Adamo.
Fu scosso da un tremore violento, indietreggiò con gli occhi sgranati e quasi andò a sbattere contro il muro.
Defne alzò i suoi occhi atterriti su Lennon. Respirava affannosamente come se avesse corso tutta la notte.
"Lennon...Lennon ti prego aiutami." Lo implorò, devastata dalle lacrime e dai singhiozzi.
Lennon non le rispose.
Era come paralizzato dallo shock, a tal punto da non riuscire nemmeno a parlare.
Fratello.
Non poteva credere a quello che aveva sentito.
Intanto qualcuno si era affacciato alle finestre, attirato dalle grida.
"Chiamo l'ambulanza." Defne rovistò come una pazza nella borsa per cercare il telefono.
"No!" L'aveva bloccata Deniz. "Non ospedale." Bofonchiò tossendo.
"Chiama la polizia." Disse infine Lennon.
Lentamente il blackout fisico stava iniziando a scomparire , dando modo al cervello di riprendere contatto con il resto del corpo.
"Chiama la polizia. L'avranno già chiamata i vicini." Ripetè Lennon, come un automa.
"Se arriva la polizia arresteranno anche te." Sussurrò Defne, come se stesse realizzando in quel momento quello che era accaduto.
"Devo portarlo via di qui."
La nausea invase Lennon dalla testa ai piedi, facendolo vacillare. Era un incubo quello che stava vivendo.
"Lennon!" Gridò Defne, vedendolo fare due passi indietro verso la strada.
Si tolse il cappotto e lo piegò alla rinfusa per metterlo sotto la testa di quell'uomo. Poi si alzò per andargli incontro.
"Lennon!" Si avvicinò e allungò le braccia per toccarlo.
"No!" Avrebbe voluto urlarlo ma si strozzò, incapace di continuare.
La bloccò parandosi semplicemente con le mani,e sentì il cuore congelarsi dentro e la terra che gli veniva a mancare sotto ai piedi quando si rese conto che la stava fissando con un' espressione glaciale, priva di emozione, come se stesse guardando un'estranea.
"Lennon ti prego. Non te ne andare. Prendi la macchina. Aiutami a portarlo a casa. Ti prego."
"Stai scherzando..."
"Ti prego Lennon. Non te ne andare. Te l'avrei detto, giuro. Non ho avuto il coraggio."
Lennon si chiese chi fosse veramente la donna che aveva davanti, e se ci fosse una via d' uscita dall'incubo che stava vivendo.
"Quel pezzo di merda è un evaso. E no, non ti aiuterò. Veditela da sola. Fatti arrestare. L'importante è che io non ti veda mai più in vita mia."
Defne lo guardò sconvolta. Lui si voltò per andarsene ma lei si aggrappò al suo braccio e ricominciò a piangere disperata.
"Non mi lasciare. Lennon, amore ti prego. Posso spiegarti tutto."
Lennon si divincolò dal suo abbraccio con uno strattone e le rivolse un'occhiata carica di risentimento. Si sentiva rovinato, spezzato, lacerato.
"Defne..." il lamento dell'uomo ancora a terra li riportò entrambi alla realtà.
Defne tornò dal fratello e provò ad aiutarlo ad alzarsi.
Lennon non riuscì più a guardarli. Incapace di reggere ancora, incapace di vedere Defne, la sua Defne, aiutare l'uomo che aveva distrutto la sua vita, si girò per andarsene. Improvvisamente, si allontanò veloce da quel posto, quasi impaurito, con il corpo sudato e freddo dall'agitazione. La mente era affollata di pensieri e i percorsi del suo ragionare sembravano confusi.
Non si voltò neanche quando sentì Defne gridare disperatamente il suo nome.

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