Parte 14 - If we never met

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L'articolo di Defne con l'intervista a Johnny Bennet fu pubblicato nel numero del Sunday Star della domenica successiva, e fu il suo primo grande successo. Aveva ricevuto un sacco di complimenti dai suoi colleghi, dal signor Smith, dai suoi amici. Apprese che Lennon e il Signor Smith avevano deciso di inserire un'intervista al mese e se ne sarebbe dovuta occupare lei. Avrebbe dovuto intervistare le più grandi celebrità del panorama musicale inglese; Defne era emozionata, eccitata, estasiata, assolutamente impreparata, ma piena di gioia. Noel e Liam Gallagher, Sergio Pizzorno, Adele, Jarvis Cocker e addirittura Sting, erano solo alcuni dei nomi presenti nella lista che le aveva consegnato Tim durante la loro riunione dopo l'uscita dell'inserto su Johnny Bennet. Riunione alla quale ovviamente Lennon non era presente. Perché, come le aveva promesso, Lennon era scomparso quasi completamente dalla scena. Nelle due settimane successive l'aveva visto si e no tre volte in redazione, due volte in ufficio da Smith e un'altra davanti alla macchina del caffè nell'open space. In tutti e tre gli episodi, lui l'aveva notata, si erano guardati come se tra loro si fosse spalancato un baratro, e poi sempre lui aveva distolto lo sguardo per primo.
Defne non aveva mai passeggiato tanto all'interno della redazione come in quei giorni, con l'unica speranza di incontrarlo. Aveva bevuto decine di caffè, era andata dal signor Smith con le scuse più assurde, aveva fatto vai e vieni dal bagno. Solo per avere l'opportunità di rivederlo ancora una volta. E a casa...a casa si era attaccata per ore alla finestra, per vederlo rientrare, o uscire per la passeggiata con Nina. Ma non aveva mai visto né lui né il cane. Non l'aveva più neanche sentito suonare. Ad un certo punto aveva persino pensato che si fossero trasferiti altrove, ma la sua Bentley era parcheggiata sempre nel vialetto, quindi scacciò quell'eventualità dal suo cervello.

Quel giorno, sin dal mattino si sentiva cupa come il cielo di Londra. Si era spezzato qualcosa dentro, forse perché da tempo ormai covava un fuoco che aggrediva ogni spazio libero.
Spiaccicò il naso contro i vetri del suo ufficio per guardare meglio la pioggia che cadeva fitta, spazzando via tutto, fuorché il silenzio che la circondava.
Il rumore della pioggia le piaceva. Le piaceva soprattutto di notte.
Quando se ne stava avvolta sotto le coperte,
quando voleva che non venisse mai giorno.
Aveva lavorato tutto il giorno ininterrottamente per preparare l'intervista che avrebbe dovuto fare nei giorni successivi a Liam Gallagher. Gli Oasis erano uno dei suoi gruppi preferiti e sarebbe dovuta essere al settimo cielo. Ma invece sentiva un profondo turbamento, un senso di tristezza che soffiava aria gelida sul suo cuore.
In ufficio erano andati via tutti, perfino il Signor Smith, che da quando si era dimesso ormai non passava più le nottate a lavorare. Ancora non avevano trovato un sostituto e probabilmente gli avevano chiesto di rimanere, perché il suo preavviso stava per scadere e non aveva ancora sgomberato la sua stanza.
Anche Defne decise di spegnere tutto e andare a casa a dare una mano a Steffy, che era parecchio indaffarata con i preparativi per la festa di compleanno di Travis, prevista per il venerdì successivo. Avevano invitato mezza Londra e Steffy avrebbe dovuto stravolgere completamente tutto l'ambiente. Il circus aveva una sala molto grande, ma tra il palchetto per la band e il bancone che non poteva essere spostato, per ospitare quella gente avrebbe dovuto togliere quasi tutti i tavoli, e lasciare solo quelli che circondavano il perimetro del locale, dove c'erano i divanetti attaccati al muro, quindi inamovibili.
Gettò velocemente tutte le cianfrusaglie che aveva sparso per la scrivania e guardò il cellulare. Nessuna chiamata, nessun messaggio se non quello del suo gestore telefonico che le offriva extra gigabyte sul suo piano telefonico.
E se gli avesse inviato lei un messaggio? Magari con una scusa qualsiasi. Assolutamente no, si disse. Per quanta la voglia di vederlo fosse insostenibile, non poteva rischiare di calpestare la sua dignità di donna per correre dietro alla codardia di quell'uomo, capace solo di scappare, sparire, eclissarsi quando le cose si complicavano appena un po'.
Lasciò cadere anche il cellulare nella borsa e corse a prendere la metropolitana, ma non si accorse che si era appena illuminato con la notifica di un nuovo messaggio.
Stava per scendere la lunga scalinata che da Oxford Circus portava ai treni dal lato di H&M, quando lo vide. Era dall'altro lato della strada, di spalle,stava guardando la vetrina dell'enorme negozio Microsoft all'angolo, ma era sicura che fosse Lennon. Defne sentì il cuore perdere colpi e boccheggiò; cercò di focalizzare meglio, ma il semaforo nel frattempo era diventato verde e una sfilata di bus rossi le passò davanti, occludendole inevitabilmente la visuale per dei minuti che le parvero infiniti. Quando finalmente il semaforo tornò rosso e le auto si arrestarono, lui non c'era più.
Scese nella metro e si sedette sulla panchina per aspettare il suo treno.
In quel momento, mentre il tumulto si calmava e sentiva i battiti del suo cuore tornare pian piano ad un ritmo normale, capì che Steffy aveva ragione, che si era innamorata di Lennon, che era vittima di un sentimento disperato, assurdamente forte e incontrollato.
Se ne accorse per la reazione che vedere qualcuno che gli somigliava le aveva causato, perché sentiva il bisogno delle sue braccia, perché le mancava la sua voce. Capì che era innamorata quando la mancanza di quel respiro, di quel calore, dell'adrenalina, del batticuore che spinge il sangue fino alle orecchie facendole fischiare, le avevano creato un buco dentro.
Si era innamorata di Lennon MacCartney con ogni fibra del suo essere.
Il sentimento che provava per lui si radicava profondamente dentro di lei, si era propagato nei suoi organi, nel sangue, nelle vene.
Defne rimase immobile di fronte a quell'improvvisa presa di coscienza; le persone passavano vicino a lei immerse in quel moto perpetuo tipico dell'orario post lavoro, la maggior parte camminavano a testa bassa, a passo veloce, per rincasare in fretta. Non sentiva il rumore dei treni sulle rotaie, non vedeva oltre le sue pupille. Guardava dentro sé stessa per cercare di non implodere, rifletteva per decidere cosa fare, i muscoli delle gambe gelati, ma non dal freddo. Aveva bisogno di un secondo di infinità, doveva decidere in fretta ma pensare lentamente. Si rivide a Liverpool con Lennon, in quella bellissima camera d'hotel, cercò di vedere la scena da fuori, osservarsi, pensare a quello che aveva provato lei, a quello che poteva aver provato lui.
Si era innamorata del suo capo. Merda! Era totalmente fottuta.

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