Parte 27 - Break my Baby

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Lennon stava ancora litigando con Jessica, quando Defne aveva aperto la porta e, vedendoli insieme, si era bloccata sulla soglia.
Era pallida come un lenzuolo, gli occhi sgranati e più scuri di un cielo buio. Accidenti.
Aveva osservato prima lui, poi Jessica, il suo sguardo era smarrito, ma poi, mossa da chissà quale impulso che proveniva dall' interno, aveva riacquistato immediatamente lucidità e si era avvicinata a lui.
"Ciao amore." Lo baciò sulle labbra, appoggiandogli una mano sul torace e marcando così il suo territorio. Lennon le passò possessivamente un braccio attorno alla vita e la tenne stretta a sé.
Poi Defne si voltò verso Jessica, decidendosi a degnarla della sua attenzione. "Ciao Jessica. A cosa dobbiamo questo piacere?"
Lennon sospirò, sentendo il cuore iniziare a perdere battiti. Non voleva che venisse a saperlo così. Approfittò del fatto che lei non lo stesse guardando, per fare un cenno a Jessica, chiedendole tacitamente di tenere la bocca chiusa. Jessica lo ignorò e guardò Defne con aria spavalda, con quel sorrisetto indisponente che gli faceva saltare i nervi uno ad uno.
"Defne, carissima. Stai bene? Ti trovo un po' pallida rispetto all'ultima volta. Sei dimagrita anche. Beata te. Io ormai sono destinata ad ingrassare."
Lennon digrignò i denti come una bestia in gabbia. Doveva portare Defne fuori da quella stanza. Subito.
Defne non si perse d'animo: "Tutto bene, grazie. Sei venuta per la pubblicità?"
"Jessica stava andando via." Intervenne Lennon, sperando in cuor suo, che la bionda cogliesse il suo invito a togliersi dalle palle.
"No, non sono venuta per la pubblicità, dovevo dire una cosa a Lennon. Una cosa privata."
Lennon sentì gli occhi affilati di Defne puntarsi sulla sua faccia, avvertì il calore affiorargli sul viso e ringraziò il cielo di avere la barba lunga ed incolta.
"Ne parliamo dopo." Le sussurrò, cercando di fare appello a tutto il suo autocontrollo per non farle percepire il suo profondo disagio.
Poi guardò Jessica con sguardo torvo, indeciso se cacciarla fuori con la forza o attendere che lei muovesse le sue regali chiappe verso l'uscita.
Ma Jessica non era una stupida e sapeva quando era il momento di togliere il disturbo.
"Allora vi lascio discutere in pace, cari i miei uccellini innamorati. Lennon ci sentiamo per quella faccenda. Presto."
Salutò ondeggiando la mano, in perfetto stile royal wave, e uscì dalla stanza lanciandogli un ultimo, fulminante, sguardo di sfida.
Quando uscì Lennon cacciò tutta l'aria che aveva bloccato nel petto in un lungo sospiro.
Aveva bisogno di restare da solo, di pensare, di riflettere sul da farsi; ma Defne era lì in attesa di una spiegazione, e non sapeva come fare a rimandare quella discussione, che non poteva tenersi nella maniera più assoluta in quell'ufficio, wlla portata delle orecchie curiose di chiunque.
Ma anche lei era silenziosa, stringeva al petto delle vecchie riviste, visibilmente smarrita.
"Lennon?" Il tono della sua voce era preoccupato.
Come cazzo poteva dirle che Jessica si era appena dichiarata incinta di un figlio suo? Come le avrebbe giustificato tutto questo?
Defne non avrebbe mai creduto alla sua versione dei fatti, al totale oblio di quella maledetta notte in cui non ricordava neanche di essere stato insieme a quella donna.
Doveva ricordare, sarebbe andato in ipnosi regressiva se fosse stato necessario.
Un bambino. Lennon non aveva mai pensato neanche lontanamente di diventare padre. O meglio, aveva avuto un pensiero del genere una o due volte, guardando Defne, si era domandato come poteva essere un figlio loro, ma era finita là. Anche se fosse stata Defne a dirgli che era incinta, si sarebbe sentito impreparato. Però in quel caso, si disse, ne sarebbe stato senza dubbio felice.
"Defne...devo finire di leggere e firmare una montagna di carte..." le disse tornando a sedersi alla sua scrivania. Lei lo seguì con gli occhi in ogni movimento, stava per dire qualcosa, ma grazie al cielo il suo telefono aveva iniziato a squillare.
Defne rovistò per qualche secondo nella borsa e poi rispose. "Steffy. In ufficio. Che? Ma non può andarci Andrés? Ok. Va bene, va bene. Ci vado io. A dopo."
Lennon alzò lo sguardo su di lei. "Che succede?"
"Devo tornare a casa." Sospirò. "Steffy ha chiamato l'idraulico stamattina perché c'è una perdita nel bagno a piano terra, l'ha appena contattata per fare l'intervento adesso, ma sia lei che Andrés sono impegnati al locale per un compleanno..."
"Capisco...beh ci vediamo dopo a casa allora." Lennon si sentì uno schifo. Normalmente si sarebbe offerto di accompagnarla in auto, ma in quel momento l'unica cosa che desiderava ardentemente era rimanere da solo. Defne fece il giro della sua scrivania, gli prese il viso tra le mani e lo baciò dolcemente sulle labbra. Lennon si sentì invadere da un'ondata di calore, che gli correva lungo le vene e convergeva in ogni angolo del suo corpo. L'effetto che quella donna aveva sui suoi sensi era sempre sconvolgente.
"Passo da te più tardi. È venerdì, ti va di fare qualcosa?" Gli chiese pettinandogli i capelli con la mano.
"In realtà no. Ma se tu vuoi andare a bere qualcosa al Circus, puoi passare da me anche dopo." Le disse. Lei gli lanciò un'occhiata di sospetto, effettivamente non era da lui non voler trascorrere ogni secondo libero con Defne.
"Va bene. Penso che andrò da Steffy, ho bisogno di dirle qualcosa. Ci vediamo dopo."
E uscì.
Lennon incrociò le braccia sulla scrivania e ci sprofondò il viso dentro. Sarebbe stata una serata lunga e difficile.

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