Parte 23 - Little problems, little lies

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"Dormi da me stanotte?" Disse a Defne una volta in macchina, di ritorno verso casa. Lei stava guardando fuori dal finestrino, sembrava serena, ma immersa in chissà quali pensieri.
"Mmm?" Domandò lei, come se l'avesse risvegliata da un sogno.
"Ti ho chiesto se dormi da me stanotte." Aveva ripetuto lui.
"Forse è meglio se mi fermo domani che è venerdì? È già tardi e se non vado a dormire subito domani non mi sveglierò per andare a lavorare."
Lennon guardò l'orario. Effettivamente era già passata la mezzanotte ed erano ancora a Shoreditch.
"Domenica mi piacerebbe venire qui allo Spitalfields Market, non ci vado da una vita." Gli disse guardando il grande cartello con le indicazioni per il noto mercatino domenicale.
"Domenica ci veniamo se vuoi. E comunque per domani potresti prendere mezza giornata libera, è il tuo compleanno. Tim Smith può fare a meno di te per la mattinata."
Defne gli accarezzò il braccio.
"Domani è venerdì e devo consegnare sia l'intervista che la rubrica per l'edizione di domenica. So che se vengo a dormire da te, non dormiremo affatto."
Lui le lanciò un'occhiata obliqua veloce e tornò a guardare la strada.
"E ti dispiacerebbe?" La stuzzicò.
"Mi dispiacerebbe non potermi dedicare come vorrei al mio signore perché sono stanca." Defne si avvicinò a lui e gli accarezzò la coscia muscolosa, salendo lentamente fino all'inguine e fermandosi sul fianco.
Lennon pensò che probabilmente non l'avrebbe lasciata andare a dormire da sola.
"Defne, se continui a fare questo ci schianteremo, ti avverto." Lennon cercò di rimanere concentrato alla guida, ma lei continuò, spostandosi con la mano fino al suo interno coscia.
"Cerco solo di farti sciogliere un po'. Sei particolarmente teso da quando abbiamo incontrato tua madre."
Lennon sbuffò. Lo sapeva che avrebbe dovuto affrontare questo discorso e non ne aveva la minima voglia. Regina era l'ultima persona che avrebbe voluto incontrare quella sera e solo per aver interagito con lei per qualche minuto, il suo umore era precipitato sotto le scarpe.
"Regina mi fa quest'effetto. È tipo carta vetrata sulle palle, capisci?" Le spiegò.
"No, non capisco perché non so i motivi per cui i vostri rapporti sono così freddi. Ma si vede che è una donna tosta."
"Tosta è un complimento. Tu non conosci Regina. In quella donna non scorre neanche il sangue. Non ha mai provato affetto neanche per i suoi figli. Mai un abbraccio, mai un gesto d'amore. Niente di niente." Lennon parlò con tranquillità. Il fatto che sua madre non fosse mai stata presente nella sua vita e che da un certo punto in poi, era stato lui ad estrometterla completamente, era qualcosa che aveva metabolizzato da tempo.
"Eppure tu sei così dolce." Osservò Defne.
"Con te. Solo con te, Defne." Cercò la sua mano. La trovò, calda e delicata come sempre. "Non sono mai stato dolce con nessun altro da quando...mio padre e mia sorella, al contrario di Regina,erano molto affettuosi. Non posso dire di non essere stato educato ad amare."
Defne gli strinse la mano e rimase in silenzio. Le fu grato di non avergli fatto altre domande. Le avrebbe detto tutto, ma non quella sera.
"Mia madre è pericolosa, Defne. Se dovesse contattarti o dirti qualcosa, dimmelo sempre immediatamente. Io so come gestirla."
La vide agitarsi sul sedile dell'auto.
"Per quale motivo dovrebbe contattarmi?" Gli chiese a bassa voce.
"Non lo so. Ma è un'eventualità."
Lennon era sicuro che Regina avrebbe preso informazioni su Defne, avrebbe cercato il suo punto debole, per accoltellarla proprio lì dove le sue carni erano più tenere. Temeva che sua madre sarebbe arrivata con facilità a conoscere il passato di Defne che neanche lui stesso ancora conosceva. Ma non poteva dirle questo, l'avrebbe spaventata inutilmente; ed era sicuro di poter gestire Regina e Jessica da solo, senza coinvolgere Defne.
"Beh è chiaro che io non le piaccio."
"Non le piace nessuno. E comunque me ne sbatto da sempre di quello che pensa lei e vorrei che fosse così anche per te." Tagliò corto.
"Jessica le piaceva però." 
Lennon pensò che avrebbe preferito una martellata sui testicoli piuttosto di dover riprendere discorsi su Jessica con lei a mezzanotte inoltrata.
"Le piaceva soprattutto il padre di Jessica e il suo titolo nobiliare. Ma vanno d'accordo si, sono uguali, due snob del cazzo."
Grazie al cielo arrivarono davanti alle loro case appena un minuto dopo. Lennon accostò l'auto con il freno a mano e scese per accompagnarla davanti alla porta.
"Sei sicura di voler varcare questa porta e di non voler fare due passi in più?" Le chiese stringendola a sé.
"Sono sicura. È stata una serata molto intensa e ho bisogno di rilassarmi un po'. Però ti prometto che per tutto il weekend dormirò abbracciata a te. E non vedo l'ora..." Defne gli buttò le braccia al collo e gli stampò un bacio sulle labbra. Ogni volta che lei si avvicinava così tanto, lui respirava tutta l'aria che lei aveva attorno, sul viso, sul collo tra i capelli; si sarebbe nutrito volentieri solo delle sue labbra e del suo profumo, ne era dipendente. Lennon pensava che con il tempo si sarebbe abituato all'emozione che lei gli dava, ma ogni volta era nuova e rinnovata.
"Prima mi hai detto una cosa che non ricordo. Non credo che me ne andrò finché non me la ripeterai."
Le disse, respirandole il collo. La sentì ridere e non esisteva musica più bella della sua risata.
Lei lo guardò con quegli occhi che lo perseguitavano da quando l'aveva conosciuta, quegli occhi dal taglio unico.
"Ti amo." Gli sussurrò, stavolta con maggiore timidezza. Lennon era un uomo forte, muscoloso, ma davanti a quelle parole, che sapeva quanto le fossero costate, si sentiva improvvisamente debole e privo di ogni altra volontà se non quella di amarla con tutto sé stesso.
La baciò, stavolta più profondamente, come se volesse assorbirla dentro di sé.
"Ho la memoria corta, sappi che lo dimenticherò anche domani." Le sussurrò contro le labbra.
"Sono qui per ricordartelo." Mormorò lei e si leccò le labbra, in una maniera così sensuale, che Lennon gemette e sentì il sangue defluire direttamente a sud del suo corpo.
"Vai Defne. Scappa. Altrimenti sarà peggio per te."
La guardò sciogliersi dal suo abbraccio e trascinarsi a fatica, voltandosi continuamente verso di lui e rischiando di inciampare ad ogni passo nella stoffa del vestito. Era così buffa a volte. Era tante persone in un unico corpo da fata e Lennon non era mai annoiato, o stanco di lei. Le sue mille sfaccettature alimentavano continuamente la sua curiosità, ma anche se un giorno le avesse viste tutte, era sicuro che gli sarebbe piaciuta sempre e comunque.
Tornò a casa, giocò un po' con Nina che lo stava aspettando dietro alla porta, la rifocillò con croccantini e snack, dopodiché raggiunse la sua stanza da letto e si lasciò andare tra le braccia di Morfeo.

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