Cara Violet,
Il mio ragazzo mi ha lasciata. Sono disperata, mi manca molto e spesso lo cerco soltanto per trovare conforto nella sua voce. Mi sento una stupida, ma non so veramente come uscirne, sto soffrendo moltissimo. Mi sento come in un tunnel nero in cui non si intravede neanche uno spiraglio di luce. Aiutami tu! Come posso stare meglio?
Spero che mi risponderai presto. Tua Claire.Mia dolce Claire,
È successo ad ognuno di noi ad un certo punto nella vita, di perdere qualcuno a cui teniamo, che da un momento all'altro finisce di far parte della nostra quotidianità e fa male; lo so.
Non credo di essere un'esperta in materia, perché anche io ho sofferto la mancanza di qualcuno che ho amato nella mia vita e ho sofferto molto. Credo che il primo vero passo importante sia non negare la sofferenza, ma attraversarla, altrimenti rimarrà bloccata nel tuo cuore e nella tua testa e prima o poi riaffiorerà. Un secondo step potrebbe essere quello di prenderti cura di te, di dedicarti a quello che ami fare di più: in un primo momento sarà difficile, non ne avrai voglia, ma piano piano ritornerai ad avere la carica giusta.
Una cosa che ritengo totalmente sbagliato nella ricerca della guarigione, è cercare l'appoggio della persona che ti ha lasciato. È una cosa abbastanza banale, ma solo lasciando perdere qualsiasi contatto con lei e interrompendo qualsiasi tipo di ricerca ed indagine sulla sua vita, su quello che fa ora, senza di te, ti permetterai anche di accettare la fine della relazione passata e poter infine superare il dolore legato alla perdita e al senso di abbandono. Cerca anche di non idealizzare il tuo ex, non ricordare solo quello che di buono c'è stato perché ricordare anche i difetti ti aiuta a mantenere il contatto con la realtà e a non idealizzarlo troppo. Rischieresti di perderti ad immaginare un futuro ormai svanito.
Esci, svagati, goditi la compagnia della tua famiglia e dei tuoi amici, vedrai che starai meglio. Te lo auguro con tutto il cuore.
Tua Violet.Defne salvò il lavoro sul computer e sprofondò sulla poltrona riversando la testa all'indietro. Non era capace neanche a risolvere i suoi di casini, che le toccava anche dispensare consigli agli altri. Cercare l'ex per trovare conforto nella sua voce...Non era abituata a tutte quelle cose Defne, al contrario, era sempre stata completamente emancipata da qualsiasi sentimento che normalmente l'avrebbe indotta a ricercare nell'altro una forma intrinseca di conforto. Avrebbe voluto dire a Claire che il tempo avrebbe lenito tutte le ferite, che sarebbe stato meglio, che avrebbe dovuto soltanto farci l'abitudine, ma sapeva che fosse tutto più complicato di così oltre che dannatamente inutile, perché lei lo vedeva eccome il nero di cui Claire parlava, e non poteva fare a meno di pensare che le facesse paura. E forse le cose sarebbero davvero andate meglio, alla fine, ma il punto rimaneva il presente, quello di cui adesso riusciva soltanto a scorgere appena i tratti perché era troppo impegnata a non farsi schiacciare.
Vedere Lennon, qualche sera prima al Circus, era stato anche peggio che non vederlo affatto; non avevano avuto nulla da dirsi più di qualche stupida frase di circostanza e questo le raggelava il sangue. Alla fine non c'era molto da dire e lo sapeva. Lo sapevano entrambi, Perché certe volte non c'era proprio un cazzo da fare e non esisteva qualcosa che potesse rimettere tutto a posto, e faceva schifo, come se sforzandosi un po' di più si potesse trovare il pezzo giusto per rimontare tutto. Ma non esisteva nessun pezzo giusto. Non c'era da nessuna parte e a furia di cercarlo uno si consumava solo le mani, la testa e la vita, e passava tempo e tempo a dirsi che sì, prima o poi...ma poi niente. Era uno schifo per quello, quando ti trovavi di fronte qualcosa che non poteva essere rimessa a posto. Perché era una continua lotta con la volontà cieca di farlo, di sbattere ovunque pur di farlo, e il semplice fatto che no, non funzionava così, quella vita. Funzionava che le cose andavano e a volte non tornavano più, più spesso che a volte, e alla fine potevi solo startene lì a gustarti l'amaro in bocca perché lo sapevi, ma lo sapevi soltanto dopo tutto quello che avesti potuto fare per evitarlo, tutto quello che avresti dovuto fare per evitarlo, ma l'avevi fatto ugualmente.
E Defne ci aveva anche pensato a riprovarci, a cercare di riconquistarlo, in qualche modo. Perché l'amore per lui era sempre bloccato lì, dove era sempre stato da quando l'aveva visto per la prima volta. Subito dopo però decideva di mollare tutto, mollare tutto e lasciarlo andare, o andare via lei, salvo poi ritrovarsi a scuotere il capo e a mandarsi al diavolo anche solo per averci pensato, perché non poteva davvero essere finita lì, non potevano essere giunti al capolinea dopo tutto quello che era accaduto. Serviva tempo, questo era ciò che continuava a dirsi, eppure più i giorni passavano più lo sentiva lontano. Non nel senso canonico del termine, no, perché lui in qualche modo era sempre lì, lo vedeva in ufficio, al locale; era solo che...non sapeva spiegarlo, perché era tutto di una portata così enorme da non darle neanche la facoltà di esprimersi a parole. Forse perché non esistevano neanche, in fondo. Oppure si erano semplicemente raggrumate da qualche parte nel suo cervello ma si rifiutavano di uscire fuori.
E continuava così, in loop, da giorni, senza sapere esattamente che dire, che fare, se provarci, se arrendersi, se andare a fanculo in vacanza da qualche parte. Non lo sapeva.
Chiuse la posta elettronica, decisa a lasciare quanto prima quel dannato ufficio e andare a cena fuori con i suoi amici. Avevano prenotato un ristorante italiano a Soho, e non vedeva l'ora di mangiare un piatto di tagliatelle al ragù e di bere del buon vino rosso italiano, il suo preferito. Sarebbe andata a piedi, era una bella serata, quattro passi le avrebbero fatto bene. Chiuse l'ufficio, diede voce al signor Smith che stava andando via mentre attraversava il corridoio e prese le scale verso l'uscita.
Stava scendendo i gradini, attenta a non cadere dai tacchi, quando si trovò di fronte Lennon, che invece stava salendo le scale, saltandole a due a due, verso la redazione.
Lei si bloccò come una statua di sale, perché non si aspettava proprio di vederlo arrivare a quell'ora, dopo che non si era presentato per tutto il giorno.
Si appoggiò al muro, percependo un'imperitura sensazione di freddo, mentre lui alzava gli occhi su di lei, la squadrava dalla testa ai piedi come era solito fare sempre; e come se avesse visto la donna delle pulizie lavare le scale le disse un "buonasera" che fu più un cazzotto alla bocca dello stomaco, e le passò davanti, lo stronzo, senza degnarla ulteriormente. Ma allora era veramente un coglione bipolare, "Coglione bipolare" lo disse anche ad alta voce, ma molto alta, in modo che lui potesse sentirla e quindi tornare indietro verso di lei.
"Che hai detto?" Chiese piegando leggermente il viso per guardarla in faccia, perché proprio in quel momento Defne aveva abbassato lo sguardo a terra.
"Niente, ce l'avevo con le mie scarpe, stavo inciampando." Disse lei dandogli le spalle e scendendo un gradino.
"Ah con le scarpe. Dove stai andando vestita in quella maniera e con i tacchi a spillo?" Le domandò mentre anche lui si allontanava di un altro gradino.
"A cena. Non sono affari tuoi comunque." Gli rispose indispettita e tagliente. Vestita in quella maniera significava in realtà che indossava un vestitino nero corto, la giacca di pelle e i tacchi a spillo, un abbigliamento normale quando si esce, ma evidentemente no per quella specie di troglodita.
"Ok ciao buona serata."
Defne rispose "Grazie" e fu tentata, molto tentata, di alzargli il dito medio mentre lui la guardava scendere le scale, ma ci ripensò, perché con lei il Karma si era già accanito abbastanza e come minimo sarebbe rotolata giù per punizione. Si guardò brevemente alle spalle quando imboccò la seconda rampa di scale, lui era già andato, non lo vedeva più.
Due codardi, ecco che cos'erano, scappati poiché troppo impauriti dalle conseguenze di ciò che non avevano mai affrontato. Nessuno dei due aveva visto l'altro cadere, rompersi, odiarsi e fingere d'andare avanti. Era stato molto più facile voltarsi e pensare che andasse tutto bene, che l'altro stesse bene, dandogli la colpa del proprio malessere. Si erano completamente e a vicenda abbandonati.
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Like Dreamers Do
RomanceDefne è un'aspirante giornalista in attesa di una svolta nella sua carriera. In una gelida sera londinese incontra il misterioso e affascinante Lennon, il suo nuovo vicino di casa, dj e talentuoso musicista. Una potente attrazione colpisce entrambi...