Parte 39 - The Preddys

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Lennon si sentiva fottutamente agitato. Come quella volta che era andato all'esame di matematica impreparato o come quando nel giorno della laurea si era dimenticato la tesi nella sua camera del campus. Defne gli aveva detto di stare tranquillo, che i suoi genitori adottivi erano delle persone miti e dolci, ma proprio non ci riusciva. Il che era anche stupido, perché non stava andando realmente a chiedere la sua mano, era solo una cazzo di cena e poi si sarebbero fermati per dormire, nulla di più. Forse il fatto era che sapeva bene che con Defne faceva sul serio e che avrebbe dovuto quantomeno cercare di conquistare la stima e la simpatia della sua famiglia, prima di chiederle ufficialmente di sposarlo e questo lo agitava; perché dopotutto quella famiglia era tremendamente collegata alla sua, alla morte di Michelle e a tutto quello che era successo in quel dannato periodo.
Arrivarono a Bath che era già sera, e faceva decisamente più caldo rispetto al paesino che avevano appena lasciato. I Preddy abitavano in centro, poco distanti dalla farmacia di famiglia, appena aldilà del fiume Avon. La loro era la classica villetta a schiera inglese, con un ampio giardino retrostante.
Lennon si sentiva sudato e accaldato quando una pimpante Defne aveva bussato con entusiasmo alla porta di pesante legno scuro.
Una signora sulla sessantina, chiara di capelli, piccola di statura e con un sorriso emozionato dipinto sul viso aprì loro la porta.
"Defne, figlia mia!" esclamò lanciandosi letteralmente ad abbracciare la ragazza, che ricambiò con affetto. "Margaret, che bello, come sono felice, mi sei mancata tanto"
"anche tu piccola mia, come stai?" disse staccandosi da lei e accarezzandole il viso, per poi alzare lo sguardo su Lennon, che sorrise impacciato abbassando leggermente la testa in segno di saluto.
"Tu devi essere Lennon!" gli disse tendendogli la mano aperta. Lennon la strinse con fermezza. Era stato sempre uno dalle strette di mano sicure e forti, era convinto che da come una persona stringesse la mano durante le presentazioni si poteva capire tanto del suo carattere. La mamma di Defne non aveva una stretta forte, ma neanche troppo debole. Era una donna delicata, quello si percepiva da subito.
"Molto lieto signora Preddy."
"Dai non rimanete sulla porta, entrate, dai dai! Mio marito ci sta aspettando in soggiorno. Dentro è più fresco, oggi è una giornata caldissima!"
Lennon guardò Defne, aspettando che lei prendesse l'iniziativa; incontrò i suoi bellissimi occhi sorridenti e improvvisamente dimenticò ogni paranoia e forse anche il motivo per cui si trovavano lì. Lei era felice e questo bastava a cancellare dalla sua testa qualsiasi altro pensiero. Defne lo prese per mano e lo guidò all'interno dell'abitazione, era una casa molto luminosa e fresca, ben arredata e molto curata, sebbene si vedesse che la mobilia fosse piuttosto datata.
Margaret fece loro strada lungo il corridoio d'ingresso e li accompagnò in salotto, dove trovarono il padre di Defne ad aspettarli comodamente seduto in poltrona. Accolse la figlia con un largo sorriso e quando il suo sguardo si posò su Lennon, quest'ultimo lo notò alzare un sopracciglio.
Che cazzo, sicuramente la prima impressione non era stata positiva. Succedeva spesso a primo impatto: con i capelli lunghi e la barba incolta non piaceva alle persone anziane.
Salutò Defne con un abbraccio, e dopo i convenevoli di rito lei gli presentò Lennon. Il dottor Preddy non sembrava essere particolarmente entusiasta di averlo lì, ma si rivolse comunque a lui molto educatamente e lo fece accomodare sul divano di fronte a sé.
Defne si allontanò in cucina con Margaret lasciandolo lì e, che cazzo, gliel'avrebbe pagata cara; gli aveva promesso di non lasciarlo solo per nessun motivo al mondo, ora il padre gli avrebbe certamente fatto il terzo grado e lui non avrebbe saputo cosa cazzo dire. Infatti Lennon non dovette soffrire l'imbarazzo del silenzio neanche per un minuto, impalato su quella fottuta poltrona di velluto come uno stoccafisso, perché John Preddy aveva una gran voglia di parlare.
"Ho sentito molto parlare di te, ragazzo. So che hai vissuto negli Stati Uniti fino a poco tempo fa e che sei tornato per aiutare tuo zio nell'azienda di famiglia."
Lennon si sedette sulla poltrona accanto a quella di John, scuotendo la testa mentre pensava a come avrebbe potuto fuggire più velocemente; ma scacciò via quel pensiero, era lì per Defne e si sarebbe comportato come un uomo serio e maturo.
"Si dottor Preddy, dopo che mio padre è venuto a mancare se n'è occupato mio zio, ma non è stato bene neanche lui per un periodo e ho deciso di tornare a Londra." Rispose educatamente.
"Puoi chiamarmi John. Sai Lennon , quando Defne mi ha detto che aveva iniziato a frequentarsi con te, e mi ha raccontato tutta la faccenda, quasi non potevo crederci. E' uno strano destino quello che vi ha travolti. Immagino che quando avrai saputo chi fosse in realtà Defne tu sia stato male tanto quanto lei."
Cazzo. Lennon era sorpreso e anche un po' terrorizzato dalla piega che John aveva dato sin da subito al discorso. Non avrebbe mai immaginato che sarebbe entrato a gamba tesa in quella maniera, e francamente non sapeva cosa rispondere, se non con la nuda verità.
"Si, certo. E' stata una brutta sorpresa, all'inizio ero molto arrabbiato ma poi...beh, ecco...voglio molto bene a Defne e questo ha preso il sopravvento sul resto."
John annuì con un movimento della testa e con il dito indice si sistemò gli occhiali da vista sul naso. Lennon si soffermò ad osservarlo, era calvo e aveva una corporatura massiccia ma un po' tarchiata, ma
nel complesso non era un uomo sgradevole.
"E tua madre come sta? È ancora in forma come ad un tempo?"
Lennon lo guardò stranito; era molto sorpreso del fatto che John Preddy avesse conosciuto Regina, ma poi capì che evidentemente i due si erano incontrati dopo la tragedia. Dopotutto Preddy era il padre adottivo anche di Deniz, nonostante Lennon tendesse sempre a scinderlo da tutto il resto della famiglia.
"Sta bene, sempre la solita, le persone non cambiano. Immagino l'abbia conosciuta quando mia sorella è morta."
John annui di nuovo e poi aggiunse: "Capii subito che era una persona che pensa di comprare tutto con i soldi. Tu eri un ragazzino all'epoca, probabilmente non sei neanche al corrente di tutto quello che è accaduto in quei giorni."
Lennon si sentì ancora più rigido di prima su quella poltrona, come se fosse seduto su un cuscino di spine. Effettivamente non era al corrente di nulla, era sempre stato così chiuso nel suo dolore per la perdita di Michelle, da non aver capito niente di quello che all'epoca era accaduto all'interno della sua famiglia.
"Cosa ha fatto? Le ha offerto soldi? Perché è l'unico modo che conosce per risolvere le cose." Domandò non nascondendo una smorfia di disprezzo.
"Diciamo che il mio figliastro aveva commesso troppi errori per poter uscire indenne da quella situazione. Mi sono arreso prima. So che recentemente è fuggito, che è entrato in contatto con mia figlia, che per questo motivo c'è stata una separazione momentanea tra di voi. Ed è questo di cui mi preme particolarmente parlarti. Ragazzo mio, ho provato io stesso quando erano solo dei bambini a dividerli. Volevamo adottare solo Defne, avevamo scelto lei, ma ci hanno costretto a prenderli entrambi perché quei ragazzini erano inseparabili."
John fece una pausa e tirò un sospiro profondo. Lennon si limitò ad attendere in educato silenzio, perché aveva già capito la direzione che aveva preso quella conversazione.
"Non voglio entrare in merito alla tragedia che ha colpito la tua famiglia e delle responsabilità del mio figliastro, ma devo pensare al bene di mia figlia."
Lennon si schiarì la voce; porca puttana, non aveva più salivazione, la sua bocca era asciutta, così come la gola. Era tutto dannatamente secco; dove cazzo tenevano il whisky?
"Ho intenzioni serie con sua figlia, signor Preddy."
Ammise, cercando di mantenere il contatto con gli occhi del suo interlocutore.
" Sei il primo ragazzo che ci presenta, sappiamo che ha avuto altre relazioni, ma non ha mai portato nessuno nella nostra casa, e conoscendo Defne, è perché anche lei ha intenzioni molto serie. Ma non voglio che soffra come ha sofferto nel periodo in cui siete stati separati. Non l'ha confidato a me direttamente, l'ha detto a mia moglie. A me non ha neanche detto che Deniz era andato a cercarla causandole dei problemi, questo ti fa capire quanto ancora lei lo difenda."
Lennon annuì. In realtà lo sapeva già, l'aveva vissuto sulla sua pelle. Aveva provato dolore e quasi repulsione per la donna che amava, quando aveva scoperto che era la sorella del responsabile della morte di Michelle. Ma aveva ampiamente superato quella fase, l'amore incondizionato che provava per Defne era oltre e aldilà di tutto, era un fiume in tempesta che aveva spezzato ogni argine, dentro e fuori di lui. Defne lo aveva cambiato profondamente, gli aveva insegnato a superare il pregiudizio, a superare il dolore, la perdita, a guardare avanti e non voltarsi più indietro.
"Non è stato il nostro periodo migliore, sicuramente un paragrafo da riscrivere. Ma posso affermare con assoluta certezza che è passato. Ora siamo felici. Non le dirò mai di essere contento che Defne sia la sorella di quel...di quell'uomo, ma ho trovato il modo per convivere con questa realtà."
John Preddy gli piaceva, nonostante non fosse proprio a suo agio a parlare dei propri sentimenti con il padre della sua ragazza. Non era un padre particolarmente geloso, era solo naturalmente preoccupato; inoltre apprezzava la sua pacatezza e il fatto che parlasse in maniera diretta senza grossi giri di parole. E forse un po' si era attenuata quella fottuta ansia che aveva avuto per tutto il viaggio verso Bath.
"Ehi, uomini! La cena è pronta, siete ancora qui a parlare di argomenti seri? Non avete fame?"
Defne apparve improvvisamente sulla porta del salotto come una visione. Il suo sorriso e la felicità che aveva negli occhi avevano illuminato tutta la stanza.
"Personalmente sto morendo di fame!" Ammise Lennon, passandosi una mano sulla pancia. Il profumo della Shepherd's pie aveva invaso il soggiorno, causandogli un brontolio allo stomaco e, francamente, non vedeva l'ora di cambiare argomento.
"E ne hai ben ragione ragazzo! Mia moglie ha delle mani di fata in cucina. Ha preparato cibo per un intero reggimento questa sera!" Disse John Preddy, alzandosi dalla poltrona ed invitando Lennon a fare altrettanto.
Lennon si diresse verso la porta e trovò la mano di Defne a guidarlo verso la sala da pranzo. Si sarebbe dovuto abituare presto a quelle persone. Sarebbero diventati i suoi suoceri, se come sperava, il suo progetto di sposare Defne fosse andato in porto.
Tra l'altro se Margaret Preddy li avesse accolti sempre con quella tavola imbandita e stracolma di leccornie, probabilmente avrebbe anche considerato l'ipotesi di trasferirsi per sempre nel Somerset. Oltre alla Sheperd's pie, di cui aveva sentito nettamente il profumo, aveva preparato il roastbeef con cipolle in agrodolce, come contorno i tipici cavolfiori al formaggio e infine una torta di mele appena uscita dal forno e quindi ancora calda. Una delizia. Lennon mangiò tutto quello che aveva cucinato Margaret, riempiendola di soddisfazione.
"E' tutto buonissimo, i miei complimenti." Disse pulendosi la bocca con il tovagliolo in stoffa e si voltò a guardare Defne che era seduta accanto a lui, sorprendendola ad osservarlo con un sorriso a sua volta.
"Vi ho preparato la stanza degli ospiti per questa notte." Disse Margaret accennando un sorrisetto malizioso. "La vecchia cameretta di Defne ha il letto troppo piccolo e tu sei un ragazzone, staresti scomodo." Aggiunse, mentre il marito si schiariva la voce mettendo una mano a pugno davanti alla bocca.
"Oppure Defne potrebbe dormire nella sua camera e Lennon nella camera degli ospiti, starebbero più comodi entrambi."
"John!" Esclamo Defne alzando gli occhi al soffitto, ma non riuscendo a celare un sorriso. Lennon preferì tacere durante quel quadretto familiare, piuttosto che intromettersi o dire qualsiasi cosa, avrebbe preferito fingersi morto.
"Non ti ho chiesto se vivete già insieme." Le chiese il padre.
"Non definitivamente. Io vivo ancora con Steffy e Andrés, ma Lennon abita nella villa di fronte, quindi spesso sto da lui."
Lennon si rese conto che il rapporto tra di loro era molto più aperto di quanto pensasse.
"Ma presto andremo a vivere insieme." Disse istintivamente.
Defne lo guardò sgranando gli occhi. "Hai già deciso?".
Lennon sorrise. "Vado a prendere le valigie dalla macchina prima che si faccia troppo tardi."
"Vuoi che venga con te?" Gli chiese Defne accarezzandogli il braccio con la mano.
"Non c'è bisogno, ci metto un minuto."

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