Parte 18 - Blood sugar sex magic

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Warning: contenuti sessuali espliciti.
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Lennon perse la cognizione dello spazio, del tempo, non c'era niente e c'era tutto, la bocca di lei era calda e fresca, sapeva di champagne e di dolcezza, con le mani scivolò fino alla sua nuca, infilò le dita nei suoi capelli, per poi scendere sulla sua vita, sui fianchi, sulla tenera rotondità dei glutei; sotto le sue mani lei era sottile, quasi fragile, in quell'istante lui non voleva pensare, non voleva pensare a nulla. Quando finalmente l'aveva stretta a sé, aveva realizzato che quell'abbraccio aveva origini lontane, guidato da una mano magica o da una potenza ultraterrena.
I loro cuori battevano al ritmo dello stesso respiro mentre si baciavano ancora e ancora.
Era come se fosse sparita la folla intorno a loro, che si fossero spente le luci, fecero il silenzio persino gli artisti sul palco. Era come se esistesse solo Defne.
E ora? 
Lei gli lasciò una scia di baci sul suo collo, succhiandogli delicatamente il lobo dell'orecchio, e Lennon ringhiò, avvertendo una scarica elettrica scorrergli lungo la spina dorsale fino al suo membro.
"Andiamo di là." Gli aveva sussurrato lei, continuando ad accarezzargli il viso, il collo e il torace con mani febbrili, bollenti. Mani, che come le sue, avevano atteso, sognato, represso troppo a lungo quella passione che adesso non poteva più attendere di essere saziata.
"Di là? Dove di là?" Le chiese lui piano, muovendo le dita lungo la sua schiena e rubandole un brivido.
"In cucina, in magazzino, in bagno. Ovunque." Gli catturò di nuovo le labbra in un bacio infuocato, poi lei gli insinuò la lingua in bocca a cercare la sua. Lennon temette che il l'intero locale andasse a fuoco e le pareti crollassero. Brividi caldi presero a danzargli sulla pelle. Cristo. Adorava quell'audacia, quel suo sapersi trasformare da gattina indifesa a trasgressiva predatrice.
Sentirsi desiderato da Defne era una delle sensazioni più belle e lusinghiere che avesse mai provato prima,  la voglia carnale che aveva di lei era enorme. Ma non l'avrebbe mai amata per la prima volta in un bagno, in un retrobottega o sui fornelli del Circus.
Aveva già deciso da molto prima che Defne meritasse di più di una sveltina che appagasse frettolosamente i loro ardori.
"Defne..." mormorò. "Non qui. Non così."
Lei gli aprì il cuore con un sorriso, mentre gli bloccava entrambi i polsi con le mani e se li portava dietro la schiena.
"Non ti farò scappare via di nuovo, Lennon MacCartney..."
Le baciò la punta del naso e poi le guance, il mento, di nuovo le labbra.
"Non ho intenzione di andare da nessuna parte senza di te." Le prese la mano, se la portò alla bocca, ne assaporò la tenera carne del palmo.
"Andiamo via allora". Lo guardò con sguardo esigente, implorante.
"Andiamo via."
Lennon la prese per mano e andarono verso il guardaroba, dove recuperarono in fretta i loro cappotti, prima di sgattaiolare fuori dal locale e uscire in strada.
Aveva paura che, tolta la magia che si era creata all'interno, lì fuori, al freddo, Defne prendesse coscienza di ciò che stava accadendo e ci avesse ripensato.
Ma Defne era la donna più straordinaria che avesse mai conosciuto, e il luccichio nei suoi occhi non si era spento una volta all'esterno del locale; Defne era come la luna che illuminava la notte buia. L'aveva preso per mano e si era avvinghiata al suo braccio. Quel mezzo miglio che li separava da casa sua non gli era mai sembrato così lontano, erano solo cinque minuti, cinque infiniti minuti.
"Sei stato fantastico su quel palco. Non mi sbagliavo quando ho detto che sembri una rockstar. Perché sei un dio della musica, cosa ci fai qui tra noi comuni mortali?" Scherzò lei mentre camminavano mano nella mano.
Lui si fermò in mezzo alla strada e le sollevò il mento con le mani, avvicinando il proprio viso a quello di lei, accarezzandola con gli occhi.
"Tu comune mortale? Tu sei una fata, ti ho detto che mi hai stregato, sono vittima di un incantesimo." Le baciò lievemente il sorriso che era nato spontaneo alle sue parole. Defne era di uno splendore irripetibile, di fulgida bellezza, quando sorrideva e i suoi occhi si accendevano di sorpresa perché si imbarazzava timidamente per i complimenti che lui le faceva.
Era così naturale camminare con lei, con le mani intrecciate, il profumo dei suoi capelli che gli invadeva le narici, quando lei piegava la testa sulla sua spalla.
"Voglio bere di nuovo un sorso del tuo whisky." Gli aveva detto quando ormai erano vicinissimi alle loro case. Era un modo dolcissimo di dirgli che voleva andare da lui. Lennon le mise un braccio attorno alla spalla e insinuò l'altra mano sotto al cappotto di lei, attirandola a sé per la vita. Aveva bisogno del contatto con la pelle di Defne, ci aveva stupidamente rinunciato per troppo tempo.
"Quindi mi stai chiedendo di invitarti ad entrare perché hai voglia di un whisky?" Le respirò sul collo, non riuscendosi a trattenere dal marchiare la sua pelle con le labbra.
"Esattamente! Ho un'irrefrenabile, spasmodica voglia di whisky e sai perché?"
Gli sollevò la testa, lui la guardò negli occhi accesi di desiderio.
"No. Perché?"
Defne gli baciò le labbra, le lambì sensualmente con la lingua. "Perché mi ricorda il sapore della tua bocca." Lennon assaporò per un attimo quel calore, che si era propagato immediatamente in tutto il corpo, poi approfondì il bacio, accarezzandole con avidità il viso e i capelli. Era così sexy che si sentiva impazzire. Si staccò controvoglia, ma erano ancora in mezzo alla strada, non voleva rischiare che l'istinto avesse il sopravvento e rischiasse di prenderla sul cofano di una macchina. Trenta metri. Solo trenta metri e sarebbero stati a casa.
"Defne. Cammina, non farmi impazzire." Rise, spingendola in avanti.
Quando entrarono in casa, Nina li accolse pimpante sulla porta. Lennon prese un osso dal cesto vicino alla porta e glielo lanciò fuori.
Era meglio che non si aggirasse per casa per le prossime ore, Nina era piuttosto invadente e non voleva che Defne si sentisse a disagio. Inoltre le aveva fatto costruire una mega cuccia a forma di casetta nel giardino, e la sua dogsitter gliel'aveva riempita di coperte, cuscini, e giochi di ogni tipo; praticamente era diventata una suite.
Defne si strinse nelle spalle quando entrarono in salotto. "Hai freddo? Ho acceso i riscaldamenti ma se vuoi accendo anche il camino." Le disse sfregandole vigorosamente le mani lungo le braccia, per riscaldarla.
"No, sto bene. Mi riscalderò con il mio whisky." Sorrise maliziosa.
"È lì sul carrellino, versane un bicchiere anche per me, intanto io metto un po' di musica." Disse dirigendosi verso lo stereo.
"C'è sempre la musica in questa casa." Osservò Defne, armeggiando con la bottiglia di Talisker.
"La musica è sempre stata una compagna per me." Ammise lui, facendo partire una playlist di brani intitolata Chicago Blues.
Lei gli andò incontro e gli porse il bicchiere. Defne bevve un sorso dal suo e arricciò il naso, avvertendo un sapore evidentemente troppo amaro per i suoi gusti.
Lennon sorrise. "Perché stai bevendo qualcosa che non ti piace? Sei a disagio?"
Lei scrollò le spalle, si tolse il cappotto, scoprendo la sua splendida pelle liscia. Lennon trattenne il fiato: alla luce della lampada era ancora più bella.
"No, non sono a disagio. È solo che l'ultima volta che sono stata qui sono andata via nel peggiore dei modi...".
Lennon pensò che fosse arrivato il momento di aprirsi con lei, avrebbe dovuto spiegare il perché di quella messinscena. Probabilmente l'avrebbe mandato al diavolo, ma glielo doveva.
Intrecciò una mano con la sua e la invitò a sedersi accanto a lui sul divano. La strinse a sé, perché non voleva perdere il contatto con il suo corpo neanche per un istante.
"Defne...voglio spiegarti quello che è successo l'altra sera." Le disse portando le loro mani intrecciate alla bocca.
"Lennon, non è necessario dirmelo ora, ho sbagliato io a dire quella frase. Ero arrabbiata perché pensavo che volessi far ingelosire lei usando me. Ma ora ho capito che mi ero sbagliata. Che sono una stupida. Un'insicura. Non è necessario che me lo racconti adesso, non voglio rovinare questo momento, abbiamo tutto il tempo per parlarne."
Quando non era spaventata o sulla difensiva, Defne era una persona saggia, che si concedeva il tempo per riflettere, per soppesare le parole e dire la cosa giusta. Ma non ebbe più tempo per pensare a nient'altro perché lei gli aveva preso il viso tra le mani e gli aveva respirato sulle labbra. "Adesso ci siamo solo tu ed io, Lennon MacCartney. Solo tu ed io."
Defne giocò con le punte dei i suoi capelli e lo guardò, dolce e arrendevole, gli occhi languidi e le gote arrossate. Non aveva senso continuare a pensare: non c'era spazio per i ripensamenti in quel momento.
Lennon appoggiò la fronte contro la sua e bisbigliò il suo nome con voce piena di desiderio.
"Non puoi capire quello che mi fai Defne...tu non devi essere insicura di niente." Poi ci furono solo le sue labbra, quelle meravigliose, invitanti labbra. La baciò con impeto, invadendo la sua bocca e accarezzandole la lingua con la sua; voleva cercare di essere dolce, lento, di gustarsi ogni momento, ma poi lei emise un gemito e i sensi di Lennon andarono in delirio.
Inspirando profondamente, la attirò a sé, afferrando il suo cuore e portandolo dentro il suo. Intrecciò le dita con le sue, facendola stendere le braccia sopra la testa, baciandola ancora più profondamente.
Defne allargò piano le gambe, per fargli posto e lui le scivolò addosso.
Il divanetto era diventato improvvisamente piccolo, stretto, come se li obbligasse a stare l'uno sull'altra, a stare stretti, come se dovessero aggrapparsi l'uno all'altra per poter respirare. Mentre il suo corpo scopriva il contatto la stupefacente morbidezza di quello di Defne, le loro labbra non smettevano di rincorrersi, le loro lingue di accarezzarsi, scoprirsi, assaporarsi. Lasciò scivolare lentamente le mani sui suoi fianchi, accarezzando le sue morbide curve, esplorando ogni centimetro di lei.
Lei gli sciolse i capelli, che gli ricaddero selvaggi ai lati del viso, e ci affondò entrambe le mani. Lennon scese a baciarla sull'incavo tra collo e spalla e respirò il leggero profumo di lei, respirò ancora più profondamente con le narici dilatate per fermare nella sua mente quel momento, quel profumo. Le accarezzò il seno, nudo sotto la leggera stoffa del vestito, mentre con le labbra percorse la linea scoperta che dall'incavo dei seni scendeva verso l'ombelico. Aveva intenzionalmente indossato quell'abito per farlo impazzire, piccola strega.
I sospiri di Defne iniziarono a farsi più pesanti e lui stava per perdere il controllo di sé stesso; il desiderio di lei lo stava facendo uscire di testa. Sentiva la voglia ruggire e smaniare. Voleva baciarle ogni centimetro di pelle, assaporare tutto di lei, non c'era angolo del suo corpo che lui non avrebbe assaggiato.
Le sollevò la gonna, tenendo gli occhi chiusi, respirando il profumo del suo corpo. Risalì verso l'ombelico, camminando con le labbra sulle sue gambe.
E poi tornò alla sua bocca. Sempre.
"La sogno sempre la tua bocca..." le disse in un sospiro roco.
Le accarezzò i capelli e le baciò la punta del naso. E la fronte. E gli occhi. E le guance. E le orecchie. E la bocca. Ancora la bocca. E sempre la bocca.
Lo guardò mentre iniziava a sbottonargli la camicia.
Sì, lei lo guardava. Lo guardava forte quando, incredibilmente calda, si infilò nella camicia, gli accarezzò il torace ; perché davanti al suo sguardo lui sentiva una pressione sul cuore, sentiva il petto implodere, come se fosse pronto ad aprirsi e a permettergli di metterci le mani dentro.
Gli tolse la camicia, accarezzando la pelle calda e nuda. Lennon le strinse le natiche tra le mani per attirarla a sé e le morse le labbra. Defne sospirò nella sua bocca e Lennon sentì il fuoco divampare nel sangue. Si strofinò contro i suoi fianchi e ansimò quando lo sentì così duro contro di sé.
"Piano piccola." Le sussurrò.
"Perché ?"
"Perché voglio metterci molto tempo". Si alzò in piedi e la sollevò come una piuma. Lei gli saltò in braccio e si strinse a lui, forte. Una mano si infilò tra i suoi capelli, premendo sulla nuca, lo attirò a sé. "Voglio fare l'amore con te." Mormorò un attimo prima di baciarlo con ferocia, con urgenza. Lo schiuse e cercò la sua lingua.
Lennon la trasportò in braccio per le scale, fino alla sua stanza da letto.
"Defne..."La sua voce era un ansito soffocato tra i baci che le dava e quelli che si prendeva. La adagiò dolcemente sul letto, poi carezzandole il collo con le labbra, le sciolse il fiocco che manteneva su il suo vestito, scoprendo il suo seno sodo e perfetto. "Cazzo..." mormorò. Era stregato da tanta bellezza, come se vedesse un seno di donna per la prima volta. Lo carezzò . Avvicinò la testa e lo riempiì di baci. Poi lo prese, con forza, nelle mani e lo palpò appieno sentendone tutta la rotondità. Ritornò a baciarlo ancora. Dicendole quanto gli piaceva, quanto adorava baciarla ovunque . Defne soffiò fuori il suo nome in un modo così eccitante e disperato che dovette soffocare un gemito. Le sfilò il vestito e si liberò a sua volta dei pantaloni, le prese il viso tra le mani. Con gli occhi dentro agli occhi. E la fece scivolare sotto di lui, baciandola ovunque. Infilò un braccio tra i loro corpi, raggiunse le sue mutandine di pizzo mentre l'attirava rudemente a sé e le divorò le labbra. Defne gemette nella sua bocca, inarcandosi contro di lui, iniziando a contorcersi sulla sua mano. Lennon scostò il pizzo sottile dei suoi slip e percorse lentamente la sua fessura, accarezzandola dolcemente. Toccare la sua pelle liscia, le sue dolci carni gli causò una vertigine. E anche gli ultimi indumenti d'intralcio finirono sul pavimento.
"Sei bellissima...bella, bella..." le mormorò mentre la accarezzava intimamente e la sentì gemere. Si riempì l'anima del suo piacere.
Non desiderava altro che darle piacere.
Sollevò il viso e la guardò, era accaldata, rossa e terribilmente eccitante. La baciò.
La baciò ancora, e ancora.
E tornò ad accarezzarle i seni.
Li tenne così, dolcemente stretti, e poi li afferrò tra le labbra e li sorbì. Adorava quello che le stava facendo, la sua reazione ai suoi baci, alle sue carezze . Era oltre tutto quello che Lennon avesse mai immaginato durante le sue notti solitarie.
Era così inebriante sentire la sua eccitazione venire allo scoperto sotto le proprie labbra. E la sentì di nuovo smaniosa muovere il bacino contro di lui, allungare la mano sulla sua virilità, percorrere con le dita la sua intera lunghezza.
Era meravigliosamente bello. Si guardarono negli occhi, travolti e confusi dalle proprie emozioni. Lennon le sorrise per rassicurarla.
Lui l'amava. Loro stavano facendo l'amore.
Lo stavano facendo meravigliosamente.
I gemiti di lei e il sussulto del suo corpo quando si fece strada con le mani tra le sue cosce,infiammarono ulteriormente i sensi di Lennon, che con movimenti infinitamente delicati entrò dentro di lei. La sentì tendersi sotto al suo corpo, e lui sentì il sangue affluirgli dalle tempie all'addome. Defne era calda e stretta. Si sforzò per muoversi lentamente in lei all'inizio, ma l'impazienza con cui lei sollevò i fianchi per accoglierlo completamente, gli mandò i sensi in totale delirio. L'avrebbe voluta inghiottire, assorbire dentro di sé, sentirla sotto la pelle, per catturarne il piacere, per sentirne tutte le carnali emozioni e regalarle le sue. Ogni movimento ora era all'unisono, e lei accompagnava ogni sua spinta con il bacino e con un leggero gemito. Lui le prese il viso fra le mani e baciandola continuò delicatamente a spingere.
Tutto il suo peso su di lei, tutta la sua energia in lei. Lei lo stringeva fra le gambe e quando le spinte iniziarono a essere più intense le sue mani gli strinsero i fianchi, i glutei,
le spalle. Lennon sapeva che quella prima volta sarebbe stata breve, che non sarebbe riuscito a resistere dopo tanta eccitazione repressa così a lungo e si lasciò andare totalmente. La possedette con forza, con disperazione. Quasi volessero diventare un'unica entità.
Il corpo bollente di Defne sembrava fosse stato creato solo per accoglierlo dentro di sé e lasciare che sfogasse il proprio desiderio. Solo i loro gemiti riempivano la notte, fondendosi in un'armonia perfetta.
Non ci volle molto prima che il piacere la cogliesse di sorpresa, intenso e spossante. Defne gridò il suo nome e guardarla contorcersi sotto di lui in estasi fu l'esperienza più erotica della sua vita.
Gli spasmi e i gemiti di lei lo implorarono ancora di non fermarsi, lo invogliavano ad affondare in lei con più violenza, fino a quando in preda a quel piacere travolgente non riversò tutto il suo io dentro di lei, in un ultimo gemito profondo e liberatorio.
Non riuscì a venire via. Non voleva venire via da lei.
Voleva inondarla completamente con il suo corpo.
Voleva farla completamente sua e voleva che il suo odore le rimanesse dentro per sempre. Si accasciò su di lei, avendo cura di non schiacciarla, la baciò, con forza, anche se non aveva più fiato, per suggellare quel momento, per avere la scusa per non doversi staccare da lei, per prometterle che non sarebbe finito lì e che l'avrebbe amata ancora e ancora. Scivolò al suo fianco e la guardò. Era una visione divina con i capelli sparsi sul cuscino, il petto che si sollevava e si abbassava al ritmo del suo respiro affannato, le labbra gonfie e arrossate per lo sfregamento contro la sua barba. Avrebbe dovuto abituarsi a quel bruciore, perché lui non avrebbe mai smesso di baciarla, mai.
"Sei stupenda.." le sussurrò, perso con lo sguardo sul volto di lei.
"Anche tu sei stupendo. È stato tutto stupendo come avevo immaginato."
Lennon sorrise. "Avevi immaginato? Immaginavi spesso noi due?" Le tracciò la linea del volto con dita delicate.
"Si. Dalla prima volta che ti ho visto." Ammise sinceramente lei. E Lennon, che aveva vissuto lo stesso identico desiderio, pensò che fossero stati due sciocchi. Lui di più, un idiota paranoico.
"Un po' ti volevo, un po' ti odiavo. Ma in fondo ho sempre desiderato che mi facessi questo." Rise, e Lennon si beò della sua risata cristallina.
"Io non ti ho fatto ancora niente, Defne." Disse posandole un bacio sulla spalla e accarezzandole un seno. "Non ho fatto ancora niente di tutto quello che voglio farti. Ma non ho nessuna fretta."
La vide trattenere il fiato e Lennon sperò di non averla spaventata. Sembrava così innocente in quel momento. Chissà con quanti uomini era stata Defne. Non era certamente quello il momento di domandarglielo, ma era curioso di saperlo. Voleva sapere tutto di lei, ma sapeva anche che lei era così reticente a parlare del suo passato, proprio come lo era lui.
"Quanto tempo sei stato insieme con Jessica?" Gli domandò lei, molto probabilmente si stava facendo gli stessi pensieri di Lennon.
"Mmm. 9,10 anni."
"Cosa?" Defne balzò a sedersi sul letto, poi si accorse di essere completamente nuda, con i seni al vento alla mercé dello sguardo di Lennon, che si accese immediatamente alla vista del suo corpo perfetto. Colta da imbarazzo, afferrò il lembo del lenzuolo ai suoi piedi e se lo tirò fino a coprirsi interamente. Lennon avrebbe voluto godere ancora di quello spettacolo ma la lasciò fare, c'era tempo.
"Dieci anni?" Ripetè, guardandolo in faccia.
"Si dieci anni in cui io vivevo a New York e lei a Londra. Non era una storia seria, da parte mia non lo è mai stata, ma ci sono state delle complicazioni e ho sempre rimandato e sono trascorsi molti anni."
Defne si era un po' irrigidita. Farla sciogliere di nuovo sarebbe stata una dolce tortura.
"Ma sono sempre dieci anni. Un sacco di tempo. Vi sarete visti anche se vivevate lontani." Disse.
"Si certo, ci siamo visti, un paio di volte all'anno, per quindici giorni. Poi lei si trasferì da me, abbiamo provato a stare insieme seriamente ma non ha funzionato e se n'è tornata a Londra."
Avrebbe voluto dirle che non aveva mai amato Jessica, neanche un decimo di quanto stava amando lei in quel momento, ma non lo fece, per non spaventarla ulteriormente con i suoi sentimenti impetuosi e forse esagerati.
"Lei è ancora innamorata di te." Sentenziò con un sospiro.
"Ma non è un problema mio. È una storia finita da un pezzo, morta e sepolta. Sarebbe finita molto prima se Jessica non fosse anche la mia sorellastra."
Defne tossì, come se le si fosse incastrato qualcosa in gola. Si erano appena avvicinati e già stava subendo i casini della sua vita, e non erano neanche quelli per lui più difficili.
"Sorellastra?"
"Regina, la donna che mi ha messo al mondo, tanti anni fa ha sposato il padre di Jessica." Le spiegò, sperando che lei si accontentasse di quella spiegazione e non scavasse ulteriormente. Non in quel momento.
"Vuoi dire tua madre?"
"Si, una cosa del genere."

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