Capitolo 35

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[FUORI CAMPO-ALYCIA]

Tutto era pronto, non stava più nella pelle. Era emozionantissima all'idea, ma anche molto agitata. Si trovava in una stanza con un copione in mano, a ripassare le battute più e più volte. Muoveva nervosamente la gamba su e giù e strusciava le mani sudate e umidicce sui suoi pantaloni. Era il grande giorno e doveva fare assolutamente colpo se voleva ottenere la parte. Le sue amiche la attendevano in macchina, mentre lei stava per fare il provino della sua vita. <Signorina Debnan-Carey, è il suo turno> una donna elegante, fin troppo giovane, la invitò ad entrare. La osservò attentamente, ogni particolare di quella ragazza l'aveva colpita: dai suoi occhi scuri e misteriosi, al modo alquanto bizzarro e originale di rilegare i capelli bruni e lisci. Si avvicinò per entrare e diede una leggera sbirciatina alla targhetta sulla giacca della donna: Jackie, era così che si chiamava. Che bel nome, Jackie! Di sicuro le sarebbe rimasto in mente per tutta la giornata.
<Buona fortuna!> le disse la ragazza accanto a lei; la guardò e sorrise nervosa, in segno di ringraziamento, poi accennò qualche parola che fece colorare di un leggero imbarazzo le guance dell'altra: <Grazie Jackie>. Bloccata davanti alla porta, fece un bel respiro profondo per far scivolare via la tensione che aveva addosso: immaginò di essere sotto la doccia così che i pensieri negativi potessero essere portati via dall'acqua che scendeva sul suo corpo, ed entrò. <Buongiorno Alycia, accomodati pure, io sono Dave Erickson> trovò un po' di persone davanti a lei e un uomo con un sorriso smagliante la salutò appena entrata. <Salve, piacere di conoscerla Signor Erickson> cordialmente Alycia rispose, mantenendo sempre quel rapporto distaccato e professionale. <Oh non darmi del lei ti prego, non c'è bisogno di tutte queste formalità, per te sono Dave e basta> sembrava una persona molto divertente e alla mano, non era per niente sgarbato e durante la loro lunga conversazione non aveva mai dato modo ad Alycia di smettere di sorridere. Era pronta a mostrare il suo talento, ma non la smettevano più di parlare e non riusciva proprio a capire quale fosse il momento adatto per interrompere e passare alla parte tecnica del loro incontro. Ma Dave sembrò precederla: <Vedo che hai un copione in mano...> con l'indice indicò la risma di fogli che aveva appositamente sistemato sulle sue gambe. Chinò la testa guardando il testo: per un attimo aveva dimenticato il perché del loro incontro, ma subito si risvegliò da quello stato di trance e disse qualcosa. < Oh si, se vuoi ti fac-> una voce profonda e intensa la interruppe. <Non ce n'è bisogno...>.
Non capiva, cosa aveva fatto di sbagliato? Da una semplice conversazione era riuscito a capire che lei non andava bene per quel ruolo?
< Non avevo dubbi su di te, Alycia; mi hanno veramente colpito le tue capacità interpretative e sapevo che la parte sarebbe stata tua fin dall'inizio, volevo solo essere certo che l'avresti accettata...> lentamente fece scivolare sulla scrivania un paio di fogli rilegati da una spilla. Sgranò gli occhi alla vista di quel contratto, non si aspettava che ottenere la parte sarebbe stato così facile per lei. Si ritrovò con una penna nella mano destra, mentre un ambito contratto occupava tutta la sua visuale. E quella penna danzava leggiadra su quel foglio, come una piuma in caduta che si muove liberamente nell'aria. Accarezzava quel bianco, come una mamma accarezza il
suo piccolo bambino che si sta per addormentare; lasciava dei segni scuri ma delicati, la sua mano la guidava morbida lungo la carta e andava a disegnare le iniziali del suo nome di battesimo. E quando quella penna ballerina finalmente si staccò, fece un respiro rumoroso e la poggiò sul tavolo. L'aveva firmato.

•••

[ELIZA]

Mi ritrovo di nuovo qui, sola, sdraiata nel mio letto a fissare il soffitto. Non so cosa stia succedendo intorno a me, tutto sta cambiando direzione e sembra venirmi contro: forse sono io il problema. Forse sono io che sto cambiando, o forse sono sempre stata così e non me ne sono mai accorta. Magari le persone che ho vicino si stanno lentamente stancando di questo mio aspetto e ogni giorno fanno un passo indietro, e poi un altro e un altro ancora, finché non si allontanano completamente. Ho allontanato te, perché avevo paura di rovinarti la vita e di farti del male con la mia incapacità di amare, perché dopo che mi hanno spezzato il cuore non sono più stata in grado di creare un legame sentimentale e portare avanti una relazione. Linds non vuole più sentir parlare di me: da quando è uscita arrabbiatissima da quel bar non ha più risposto alle mie chiamate o ai miei messaggi. Non capisco perché se la sia presa così tanto, dovrebbe stare dalla mia parte in ogni caso, no?! E invece continua a prendere le tue di parti e a ripetermi che sono una stupida a lasciarti andare così, tanto da non parlarmi più. In più mia madre è partita: proprio nel momento in cui avevo più bisogno di lei le hanno richiesto il trasferimento, non a caso in Australia. Non ci troviamo molto lontane, ma con il suo lavoro sarebbe veramente uno strazio riuscire a trovare un incastro per poterci vedere. Così mi ritrovo di nuovo qui, sola, sdraiata nel mio letto a fissare il soffitto. Ho la tua maglia accanto, nonostante il tempo passato riesco ancora a sentirvi il tuo profumo. Non so se è veramente il tuo odore quello che sento o se è semplicemente la mia immaginazione che mi gioca brutti scherzi, ma voglio credere che sia reale, anche solo per sentire una piccola parte di te ancora qui accanto a me. Chiudo gli occhi e lascio che quell'aroma così buono e familiare si faccia spazio tra le mie narici. Ti vedo, proprio qui davanti a me: vedo i tuoi occhi verdi, quegli occhi per cui perdo la testa; vedo il tuo sorriso lucente contornato dalle tue labbra morbide e rosse che mi ricordano ogni volta quanto io sia fortunata ad averle assaporate; vedo il castano dei tuoi capelli mossi e ribelli, ancora più belli quando lasci che l'aria secca li asciughi, rendendoli più indomabili che mai. Ricordo perfettamente il giorno in cui ho visto per la prima volta i tuoi capelli al naturale: eravamo compagne di roulotte perché stranamente persi le chiavi il primo giorno sul set. Eri appena uscita dalla doccia, vagavi per la stanza con addosso la tua maglia della NASA da super nerd e non avevi intenzione di asciugarti i capelli date le alte temperature di quella calda giornata. Dopo qualche tempo i tuoi capelli iniziarono ad asciugarsi, diventando ancora più ricci e gonfi per l'aria. Con la tua faccia assonnata poi sembravi un piccolo leoncino con la criniera un po' scompigliata. Mi misi a ridere come una bambina e continuai per tutto il giorno a chiamarti Simba. Non posso immaginare che quando, tra qualche secondo, riaprirò gli occhi, davanti a me troverò soltanto un muro bianco e noioso a consolarmi, quando tutto ciò che mi basterebbe sono i tuoi occhioni verdi e luminosi. Infatti è proprio un muro bianco e noioso quello che trovo non appena mi risveglio da quel bellissimo stato onirico, in cui ancora posso vederti. È un po' di tempo che ho questa melodia in testa, ogni volta che si riproduce nella mia mente penso solo a te: è armoniosa come il tuo corpo e delicata come la tua bellissima voce. D'improvviso un'idea un po' folle mi passa per la mente: mi giro verso il piccolo sgabuzzino in cui io e Matt abbiamo appositamente sistemato tutti i nostri gingilli inutili e mi avvicino per entrarci. Ed immediatamente la vedo: è veramente molto impolverata, ma non posso fare a meno di tirarla fuori e rimetterla a nuovo, facendola tornare bianca e lucida come non lo è mai stata. Lo sto facendo veramente? Inizio a pizzicare delicatamente le sue corde, tentando di riprodurre quel suono che tormenta la mia testa da giorni e quando finalmente ci riesco mi lascio trasportare completamente. Trovo conforto nella musica come non facevo ormai da anni e mi sento un tutt'uno con le mie note, tanto da trasformare il mio pensiero fisso in parole che risuonano liberamente tra le pareti di casa mia.

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