Capitolo 20 - Rivalità d'oro

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Allora, a che punto eravamo?

«Raddrizza la schiena.» 

«Stringi la presa sull'elsa.» 

«Occhi su di me.» 

Non avevo idea di quanto tempo avessi passato in quella stanza ma, a giudicare dal calore che emanava il pavimento illuminato a scacchi, doveva essere ancora mattina. Ero nel bel mezzo di un allenamento intenso con Ra, intento a insegnarmi l'arte del combattimento con la spada. La praticavo costantemente da quasi due mesi, ma oggi sentivo di essere tornato alle prime armi e le parole del dio ne erano la conferma. Aspettai la mossa di Ra, che non tardò a farsi avanti con un fendente in diagonale. Lo schivai per un soffio, arretrando con un salto. Il dio roteò la spada e si rimise in posizione, pronto a difendersi o ad attaccare. 

Non riuscivo a prevedere le sue mosse: era troppo veloce a cambiare da un'offensiva incalzante a una difesa inviolabile. Strinsi la presa sull'elsa. Sicuramente Oscar avrebbe parato il colpo o contrattaccato all'istante. Io invece continuavo a scappare. Spinto da quel pensiero scattai in avanti con un fendente, ma il dio lo parò con una sola mano e, a giudicare dall'espressione quasi neutra sul suo viso, non si sforzava nemmeno di metterci troppa forza. 

Era una chiara dimostrazione della mia impotenza. Se non riuscivo neanche a concludere un attacco o a parare alla perfezione un colpo, che speranze avevo di fermare Oscar e Seth? Feci strisciare la lama della sua spada contro la mia e disegnai velocemente un cerchio, per costringere Ra a perdere la presa sull'arma. Purtroppo non servì a nulla. Il dio impugnava l'elsa così bene che non vacillò nemmeno un secondo, anzi rispose con fendente dritto sulla mia lama e fui io a perdere l'arma. Sbalordito la osservai mentre volava lontano. 

Questo era un problema. Tornai con lo sguardo sul dio e lo vidi pronto ad attaccare. Sapevo che non si sarebbe fermato, perché era stato proprio lui a dirmi che avrebbe continuato la sua offensiva in ogni circostanza. Era quello che avrebbe fatto Oscar. Dovevo recuperare la spada e in fretta. Danzai tra fendenti e imbroccate continue, ma riuscii a portarmi vicino alla mia arma. Adesso dovevo solo trovare un modo per recuperarla senza farmi colpire. A un tratto vidi il dio abbassarsi e tentare una spazzata. 

Quella era la mia occasione. Saltai e, mentre Ra si rialzava, riuscii a buttarmi di lato e a recuperare la spada, in tempo per parare una stoccata. A parte la cacofonia di metallo contro metallo, si sentiva solo il mio respiro pesante. Impugnando la spada con due mani spinsi indietro la lama del dio, per mettere un po' di distanza tra noi. Gli puntai contro la spada. Ra invece si mise la lama su una spalla. Aveva una tecnica perfetta persino per risparmiare le energie, mentre io ne sprecavo troppe per un solo colpo. 

Al culmine della rabbia che provavo per me stesso l'immagine sorridente di Oscar si sostituì al dio davanti a me. Lo vidi tirare le labbra in un sorriso di scherno e farmi cenno di attaccarlo. Non ci vidi più. Fendetti l'aria e corsi verso Oscar, intenzionato a mandare a segno il colpo. Tentai un affondo che si rivelò piuttosto maldestro. La figura del dio si sovrappose a quella di Oscar, facendomi ricordare cosa stavo facendo. Ra lasciò che le nostre lame strisciassero l'una contro l'altra, poi eseguì una semplice rotazione del polso e io, già sbilanciato dallo slancio, persi nuovamente l'arma e finii in ginocchio. 

Oscar non lo avrebbe mai permesso. 

«Fermiamoci» affermò, rinfoderando la spada. 

Mi asciugai una goccia di sudore sotto il mento e mi alzai, ansante ma ancora capace di guardare il dio negli occhi. Dopo quella notte in cui avevo tenuto il mio primo discorso da faraone, il peso sul mio petto era diventato più sopportabile. Invece il ricordo di Oscar gravava sempre di più nella mia testa. Per qualche minuto io e il dio ci guardammo negli occhi senza dire una parola. 

Il Segreto del FaraoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora