Capitolo 39 - Il regno di Katàn...

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-2 + leggere incoerenze che sistemerò = capitolo di oggi

Appena mi ritrovai dall'altra parte, constatai che solo io e Ra eravamo atterrati nell'Ara del Dormiente. La riconobbi per lo spazio sconfinato che la caratterizzava. Ebbi giusto il tempo di vedere l'acqua torbida del fiume poco più avanti, prima che la voce irridente di Oscar si propagò per tutto il posto. 

«Non ho mai detto che era una scorciatoia a senso unico» ci provocò.

Su di me ottenne l'effetto sperato. 

«Sei solo un vigliacco» ringhiai al vuoto.

In risposta mi arrivò un'altra irritante risata. 

«Credimi, non mi conosci e poi il mio è stato un gesto di cortesia. Volevo trattare tutti gli ospiti allo stesso modo e dedicargli tutta l'attenzione che meritano. Nessuno escluso.»

«Sono stanco delle tue chiacchiere» tuonai, al limite della pazienza. «Abbiamo fatto quello che volevi, adesso dimmi cosa vuoi!» 

«Una promessa è una promessa e io non le infrango mai, a differenza di altri.» 

Mi sfuggì il senso di quelle parole, ma Ra dovette averlo compreso: fece un solo passo in avanti, eppure fui certo che il suono si propagò per tutto il luogo. 

«C'è ancora una cosa che devi fare, faraone» cantilenò, ignorando la reazione del dio. 

«Sarebbe?» lo incalzai. 

«L'Ara del Dormiente non è un luogo per tutti, quindi voglio che mi dimostri di essere forte e deciso a conoscere la verità» si spiegò. 

Forte e deciso? La verità? 

«Spiegati meglio» insistetti.

Ma Oscar non rispose. Avrei voluto averlo di fronte per poterlo affrontare a viso aperto. Il mio desiderio venne soddisfatto nell'istante in cui udii un ringhio acuto in risposta. Ra non aspettò nemmeno che i nemici – era scontato che ce ne fosse più di uno – si palesarono. 

«Impugna la spada, faraone» ordinò perentorio, prima di aprire una mano di lato ed evocare la sua lama lucente. Io lo avevo già anticipato, pronto a sgominare gli avversari. 

Tenni lo sguardo fisso in avanti a scrutare la cortina di nebbia oltre il fiume. Udii ancora degli strilli acuti eppure, per quanto mi sforzassi, non vidi nessuno. Così concentrato su quello che sarebbe potuto succedere davanti a me, non pensai certo di guardarmi le spalle. 

«Aegi, attento!» esclamò Ra, la mano tesa verso di me, ma non fu abbastanza veloce. 

Commisi l'errore di indugiare, colto di sorpresa dal fatto che il dio mi avesse appena chiamato per nome. Così permisi a un nemico di colpirmi alle spalle. Un calore insopportabile mi avvolse la spalla destra e mi costrinse in ginocchio. Cacciai un urlo di dolore fra i denti, mentre cercai di portarmi una mano alla ferita. Ra si guardò intorno. Le iridi dorate erano attraversate dalla preoccupazione. Non era da lui e tantomeno lo fu ciò che seguì. S'inginocchiò vicino a me e pronunciò al volo un incanto di cui mi sfuggirono le parole. Il dolore alla spalla diminuì rapidamente fino a scomparire. 

Lo avrei anche ringraziato, se non mi fossi perso nei lineamenti duri del suo viso: teneva la mascella serrata e una ragnatela di rughe gli metteva in risalto gli occhi. Era la prima volta che mi stava così vicino, tanto da potergli leggere le emozioni in faccia. Emozioni che non gli avevo mai visto addosso. 

«Gebka» proferì. 

Emisi un suono confuso. 

«Sono creature dell'Oltretomba, cosa ci fanno nell'Ara del Dormiente?» interrogò il vento in un sussurro. 

Il Segreto del FaraoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora