Capitolo 13 - La nostra giovane custode

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«Sembrate giù di morale, giovane Miwa.» La voce di Ajan mi distolse dai miei pensieri. 

Sorrisi appena. «Sì, non mi sono mai separata da Aegi per più di un giorno. È come un fratello per me» gli spiegai, mentre osservavo dei meravigliosi vasi pieni di fiori ai lati delle case. 

Eravamo arrivati nella Terra di Iside e, anche se era notte, la luce lunare mi permetteva di ammirare quello spettacolo naturale. Appena avevo messo piede su questa terra, ero rimasta incantata da tutto quel verde, ma il mio entusiasmo era durato poco. Mi era venuto naturale voltarmi e cercare Aegi per dirgli cosa avevo visto. 

Non riuscivo a smettere di pensare a lui. Stava bene? Hélena lo avrebbe aiutato ad ambientarsi? Sarebbe riuscito a diventare un faraone a tutti gli effetti? Scossi la testa a quei pensieri. Certo, che ci sarebbe riuscito. Sapeva guadagnarsi la fiducia e il rispetto di tutti. Poi non smetteva mai di sorridere. Il suo sorriso incoraggiante era proprio quello che mi ci voleva adesso.

«Vi rivedrete. Potete starne certa» mi rispose Ajan, comprensivo. «Avete bisogno di tempo per imparare tutto quello che serve sapere su questo regno. Seth non minaccia solo la nostra terra, ma tutta Katàn.» Ajan si fermò e io mi voltai a guardarlo. «Siete la nostra unica speranza, giovane Miwa.» 

Annuii. Aegi aveva fatto la sua parte e si era guadagnato il rispetto di Ra. Adesso toccava a me riportare sulla nostra terra Iside. 

«Farò del mio meglio, Ajan. Per il nostro regno» asserii e il guerriero fece un cenno affermativo con capo. 

Con una nuova energia ripartimmo verso la piramide. Mi chiesi se ci sarebbe stato qualcuno lì ad aspettarmi. Ero rimasta sorpresa quanto Aegi per tutte quelle persone che lo avevano atteso e per il canto finale che gli avevano dedicato. Mi sentivo terribilmente sola in quel momento, anche con Ajan che camminava al mio fianco. Cercai di distrarmi da quei pensieri cupi, soffermandomi con lo sguardo per ammirare dei piccoli fiori azzurri simili a campanelle. Mi resi conto che coprivano gran parte dell'isola e capii che dovevo essere vicina alla piramide. Quei fiori erano gli stessi del mio sogno. 

Chissà quali prove avrei dovuto affrontare per guadagnarmi il rispetto di Iside. L'erba mi solleticava le caviglie e prestai molta attenzione a non calpestare nessun fiore. Com'era diversa questa terra. Anzi questo luogo era diverso da qualunque posto io avessi mai visto in tutta la mia vita. Qui non c'era traccia di sabbia o rocce, da ogni parte fiorivano piante e quasi vicino a ogni casa si levavano al cielo dei maestosi alberi. Era meraviglioso. 

«Eccoci, siamo arrivati» disse Ajan, interrompendo il flusso dei miei pensieri. 

In un attimo il paesaggio naturale che avevo ammirato scomparve, lasciando il posto a una folla radunata davanti alla piramide di Iside. Mi stavano osservando tutti. In quel momento non seppi bene cosa fare, così il mio gioiello prese l'iniziativa. La goccia di zaffiro s'illuminò di una luce azzurra e mi volteggiò intorno come un pesce, poi si mise dietro di me e disegnò il simbolo che avevo inciso nella mano. Accadde tutto sotto lo sguardo ammaliato e sorridente di quello che riconobbi come il popolo di Iside. Il mio popolo. 

«È arrivata!» 

«La Custode!» 

«Anche Iside sta per tornare!» 

Queste furono alcune delle voci che sentii, mentre la magia di Iside smise di pulsare alle mie spalle. Non feci nemmeno in tempo a prendere fiato per dire qualcosa, che udii un'altra voce chiamarmi. Apparteneva a una donna che sbucò dalla folla tra seta e fasce azzurre. Mi colpì la grazia dei suoi movimenti, sembrava quasi che volasse rasoterra invece di camminare. In un attimo mi fu davanti con un sorriso. 

Il Segreto del FaraoneDove le storie prendono vita. Scoprilo ora