Le vacanze di Natale erano finite, ancora un paio di giorni e sarebbero ricominciate le lezioni. Gli esami si avvicinavano inesorabilmente: era proprio ora di ripartire.
Mi dispiaceva lasciare di nuovo mia madre. Sapevo che con me lontana non avrebbe avuto pace e dovevo confessare che, in fondo, mi sarebbe mancata anche lei, però ero felice di riprendere la mia nuova vita.
Quei giorni di festa insieme a lei non erano stati tremendi come mi aspettavo, eppure avevamo passato molto tempo insieme. Certo le sue domande erano sempre assillanti e invadenti, ma lo vedevo che cercava di lasciarmi i miei spazi e apprezzavo lo sforzo. Anche se questo non mi faceva sentire meno in trappola.
D'altronde c'era chi era molto meno felice di me all'idea di ripartire: Anna, ovviamente.
Lei e mio fratello sembravano attaccati insieme con la colla: lui non la lasciava sola un istante e a lei non sembrava dispiacere.
Era bello vederli insieme: erano come due pezzi di puzzle che, anche senza farli combaciare, si vedeva da lontano che si appartenevano. Ero felice per loro e mia madre, in poche settimane, si era affezionata ad Anna come fosse stata una seconda figlia, ma ora quel legame inaspettato stava complicando le cose perché la mia migliore amica non sembrava per niente intenzionata ad andarsene da lì, mentre io non desideravo altro.
«Dai Anna, sbrigati o perderemo il treno!», le urlai disperatamente, bussando con forza e per l'ennesima volta alla porta del bagno in cui si era barricata da più di mezz'ora.
«Sarebbe una cosa così brutta perderlo?», chiese aprendo finalmente la porta e decidendosi ad uscire.
La sua espressione non era solo triste, era imbronciata, come una bambina che fa i capricci.
«Tanto prima o poi dovremmo partire lo stesso», le feci notare con una calma che stupì anche me.
«Io preferisco poi. Non possiamo restare ancora qualche giorno?», piagnucolò mentre cercava di convincermi, con uno sguardo così carico di dolore da apparire finto.
«No», risposi secca. Non ero intenzionata a farmi condizionare da lei.
«Ma insomma, cosa ti costa?», chiese con rabbia, togliendosi finalmente dalla faccia quell'espressione sofferente che aveva usato solo per impietosirmi. Ora il cerbiattino innocente era diventato una iena. Meglio così, la preferivo arrabbiata, almeno era sincera. Detestavo quando cercavano di manipolarmi facendo leva sulla mia incapacità di resistere alle suppliche.
«Lo sai che lunedì riprendono le lezioni, non voglio restare indietro con gli esami solo perché tu ti sei presa una cotta per mio fratello», fui più pungente di quanto avrei voluto.
«Non è una cotta!», strillò lei, palesemente offesa.
«Sì lo so, era un modo di dire», cercai di riparare, ma senza troppa convinzione. In fondo si conoscevano da appena un mese, cos'altro poteva essere se non una cotta?
«Ora però andiamo. Teo ci accompagnerà alla stazione, così potrete stare ancora un po' insieme», cercai di usare un tono gentile, era già abbastanza triste, non volevo peggiorare le cose.
Lei sembrò calmarsi, ma incrociò le braccia e abbassò lo sguardo, segno che la discussione era finita, ma che non era intenzionata a perdonarmi.
«Sei riuscita a convincerla a restare ancora qualche giorno?», intervenne mia madre, passando nel corridoio con un enorme cestino di vimini.
«Purtroppo no», sbottò Anna, fulminandomi con un'occhiataccia di rimprovero.
«Te l'avevo detto che sarebbe stato tempo sprecato», aggiunse mia madre, rivolgendosi ad Anna come se io non fossi stata lì.
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Lo stesso peso dell'amore
Chick-LitQuanto pesa l'amore? E' leggero come una piuma o pesante come un macigno? Per Giulia il peso è l'unica ossessione. Almeno finché non conosce Luca.