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La mensa scolastica si trovava a pochi metri dalla facoltà e quando arrivai Anna era già lì.

«Ma quanto ci hai messo? Ti sto aspettando da mezz'ora», mi riproverò.

«Scusa hai ragione, la lezione è finita più tardi del solito e ho perso un po' di tempo per... una penna», involontariamente sorrisi.

«È una metafora?».

Le raccontai brevemente tutta la storia e la bella sgridata che mi ero presa.

«Ce n'è di gente strana», commentò ridendo. Che detto da lei suonava quasi come un complimento: non conoscevo nessuno più strano di Anna, né qualcuno a cui piacessero di più le persone strane. «Voglio assolutamente conoscerlo», aggiunse e non poteva essere altrimenti.

«Ok, se capita te lo farò vedere. Ma non posso presentartelo perché non so nemmeno il suo nome. Dovrai presentarti da sola, ma ti avverto, non è un tipo molto socievole», di certo lei non avrebbe avuto problemi a farlo.

Quando entrammo la mensa era piena, mancava meno di un'ora alla chiusura e tutti gli studenti che avevano seguito le lezioni fino all'una si erano affrettati ad andare a pranzo prima che la mensa chiudesse. Non che nei paraggi mancassero bar o pizzerie, ma lì un pasto completo costava come altrove un pezzo di pizza.

Quel posto mi faceva venire l'angoscia. Fosse stato per me avrei evitato volentieri di andarci, ma Anna insisteva perché l'accompagnassi e mi costringeva a prendere sempre qualcosa. I piatti del mio vassoio restavano costantemente quasi integri.

A volte non riuscivo nemmeno a fingere di assaggiare qualcosa. Speravo sempre che Anna si sbrigasse a finire il suo pranzo per poter andare via.

Con i vassoi in mano, dopo venti minuti buoni di fila, Anna ed io cercavamo disperatamente un posto dove sederci. Finalmente, dopo vari minuti di inutile vagare per la sala, trovammo due posti vuoti, ci catapultammo subito ad occuparli prima che ce li portassero via. Era stata una fortuna trovarne due vicini.

Seduta al mio tavolo guardai con una punta di disperazione il piatto pieno davanti a me e mi sfuggì un sospiro.

«Oggi hai deciso di perseguitarmi?».

Alzai lo sguardo per osservare il ragazzo seduto al mio fianco, che non avevo nemmeno notato nella fretta di sedermi.

Trovai due occhi straordinariamente azzurri a pochi centimetri dai miei.

Era il ragazzo strano della penna, il ragazzo con cui avevo parlato circa mezz'ora prima e che avevo avuto vicino per quattro ore di lezione. Era lo stesso ragazzo, eppure mi sembrò di averlo visto davvero solo in quel momento.

I suoi occhi fissi su di me, un sorriso appena accennato che gli illuminava il viso.

Possibile che non mi fossi accorta di quanto fossero assurdamente belli i suoi occhi? Forse era stata la luce artificiale dell'aula di lezione, forse che lì, invece, la luce del sole filtrava della vetrata davanti a noi e gli si rifletteva proprio in faccia.

Per un momento, in quegli occhi, mi ci persi.

«Ciao», fu l'unica parola che riuscii ad elaborare e mi ci vollero alcuni secondi per pronunciarla con tono normale, la voce mi si era chiusa in gola.

«Non ti è bastato distruggermi la penna, vuoi rovinarmi anche il pranzo?», sorrideva, segno evidente che non era realmente arrabbiato, mi stava solo prendendo in giro e questo mi diede una strana sensazione di sollievo.

«In realtà non l'ho fatto apposta», dissi riprendendo lucidità, «non ti avevo nemmeno visto, erano solo gli unici posti liberi in tutta la mensa», sentii quasi il bisogno di giustificarmi, temevo avesse frainteso.

«Già, non è una novità».

Pronunciò quelle parole a voce molto bassa, tornando a guardare il suo vassoio, lo sguardo improvvisamente cupo.

Pronunciò quelle parole come se non le stesse dicendo a me, come se stesse facendo una constatazione con se stesso. Così non risposi, feci finta di non aver sentito e tornai a fissare il mio pranzo, giocherellando nervosamente con la forchetta.

Anna nel frattempo mi diede una gomitata, capii al volo cosa volesse chiedermi, accennai di sì con un mezzo sorriso.

«Carino», disse solo con le labbra, senza farsi vedere, ma io arrossii ugualmente, facendole cenno di tacere. Ero sicura che fosse già convinto che ci stessi maldestramente provando con lui, ci mancava solo che Anna gli desse ulteriori conferme. Mi sentivo davvero stupida.

A lezione, non l'avevo trovato particolarmente interessante: non era bellissimo, almeno non di quelle bellezze che ti colpiscono subito.

Non aveva un viso delicato, di quelli che si possono definire perfetti o che possono dirsi oggettivamente belli, era troppo pallido e quegli occhi cerchiati di nero gli davano quasi un aspetto malato, ma i suoi occhi, quegli occhi, erano gli occhi più belli che avessi mai visto, così chiari da sembrare quasi ghiaccio, ti guardavano dentro senza permetterti di guardare, erano una barriera fredda incantevole.

Mi sedeva vicino, l'espressione triste, forse per qualcosa che avevo detto, ma davvero non riuscivo a capire cosa potesse avergli fatto cambiare umore così rapidamente.

Sentivo il bisogno di recuperare, di parlare con lui.

Cercavo qualcosa di sensato da dire, si era dimostrato cordiale ed io, senza volere, l'avevo offeso e non sapevo nemmeno in che modo l'avessi fatto.

Volevo dirgli qualcosa, avrei dovuto, ma non sapevo cosa e nel tempo che mi ci volle per prendere un minimo di coraggio, lui si alzò e se ne andò, salutandomi con un piccolo cenno del capo, ma il sorriso di qualche minuto prima si era spento completamente.

Io ricambiai il saluto, con un debole ciao detto a mezza voce e lo guardai allontanarsi velocemente, fino a scomparire dalla mia vista.

Che imbranata!

Chissà se l'avrei rivisto o se avrei mai più avuto l'occasione di averlo così vicino.

E non gli avevo nemmeno chiesto il nome.


Vedo che pochissimi seguono la storia e un po' mi dispiace, ma io continuerò a pubblicare. Ho fatto una promessa a me stessa, recentemente: seguire tutti i miei sogni. Ho ripreso a disegnare e scrivere, sto per chiudere una parentesi della mia vita per seguire davvero ciò che voglio e sono. Sento un bisogno assurdo di condividere tutto ciò che fino ad ora ho tenuto gelosamente per me, tutto ciò che ho nascosto. Lo voglio mostrare ed esserne fiera, accettare le critiche e crescere, migliorare.
A chi leggerà fino a qui dico grazie di cuore, lasciatemi le vostre impressioni, i vostri consigli, anche in privato se volete.

Un abbraccio

LSV

Lo stesso peso dell'amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora