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Mi rigirai a lungo sotto le coperte senza riuscire a prendere sonno. Mi rassegnai all'idea che per liberarmi di Loris avrei dovuto essere sincera. Un netto non mi piaci, non mi sei mai piaciuto e non mi piacerai mai, forse era un po' troppo diretto, avrei dovuto trovare parole più delicate. La diplomazia non era mai stata il mio forte.

Alla fine - e non senza fatica - riuscii ad addormentarmi. Feci un sogno orrendo: Loris ed io eravamo sposati, avevamo cinque bambini identici a lui e parlavano, parlavano in continuazione, io non riuscivo mai a dire nemmeno mezza parola.

Mi svegliai di colpo al suono della sveglia, in un bagno di sudore e con il terrore negli occhi. Dovevo subito telefonare a Loris per dirgli che l'invito a cena non era più valido. Avrebbe capito, altrimenti poco male, magari se la sarebbe presa con mio fratello e ben gli stava. Prima però avrei fatto colazione, codarda come sempre cercavo un modo per prendere tempo.

Scesi in cucina, mi ero stranamente svegliata con un po' di fame e volevo approfittarne, forse il panico metteva appetito.

Anna era già lì, aveva preparato il caffè.

«Buon giorno bellezza», mi salutò con il suo solito sorriso luminoso.

«'Giorno», risposi io, ancora mezza addormentata e di pessimo, pessimo umore.

«Vuoi un caffè?».

«Sì, grazie».

Mi porse la tazzina fumante. Trangugiai il caffè, poi mi alzai per prendere una tazza, Anna mi avvicinò il cartone del latte e i cereali.

«Hai dormito bene?».

«No. La cena di ieri era troppo pesante», non mi riferivo di certo al cibo, lei capì e si mise a ridere.

«Loris è molto carino, non trovi?».

No, non trovavo in realtà.

«Certo, meraviglioso», il mio sarcasmo era palese.

«Dai, è un bel ragazzo», disse come se questo potesse essere sufficiente a compensare tutto il resto.

«Non conta solo la bellezza».

«Sì, ma anche quella è importante».

«Della bellezza ci fai poco quando non riesci nemmeno a scambiare due parole di fila», le feci notare.

«Oh beh, ma lui ha parlato molto», disse ridendo.

«Sì, avrei voluto che ascoltasse anche, oltre a parlare».

Finii velocemente la mia colazione e corsi in bagno a lavarmi i denti. Non mi andava di continuare ancora quella conversazione su quanto fosse carino e simpatico Loris.

Possibile che fossi così d'intralcio a quei due da volere ad ogni costo costringermi ad uscire con uno che non mi piaceva neanche un po'?

O forse gli facevo pena?

Odiavo fare compassione alla gente, io da sola ero sempre stata benissimo.

Uscendo dal bagno incrociai mio fratello.

«Ehi pulce, dormito bene?», chiese di buon umore. Certo, lui era felice, innamorato e non doveva liberarsi di un corteggiatore insistente.

«Ma cosa avete tutti, questa mattina? Siete preoccupati di sapere come ho dormito? Male, ho dormito malissimo», ringhiai.

«Scusa. Nervosetta?», alzò le mani, in segno di resa.

«Se proprio vuoi saperlo, sì, sono nervosa. Non ho bisogno che vi preoccupiate per me, non ho bisogno che mi troviate un fidanzato per togliermi dai piedi, sto benissimo così».

«Guarda che nessuno vuole toglierti dai piedi, anzi è proprio il contrario».

«Cosa intendi dire?», chiesi io, ancora sul piede di guerra.

«Voglio dire che se ieri ti ho fatta uscire con Loris non è perché volevamo liberarci di te, ma perché Anna voleva che uscissi con noi. E sinceramente anch'io vorrei passare un po' di tempo con te prima della tua partenza. Quindi, dato che sapevamo che da sola con noi non saresti voluta uscire, abbiamo pensato di organizzare un appuntamento a quattro».

«Oh», mormorai, spiazzata. Evidentemente non era come avevo immaginato. Mi sentii improvvisamente in colpa per la mia reazione esagerata, poi ripensai a Loris e all'imbarazzo in cui mi sarei trovata quella sera quando sarebbe venuto a cena da noi e un po' di rabbia tornò.

«Perché proprio Loris? Non potevi chiederlo a un altro?».

«Stai scherzando, vero?», chiese sbarrando gli occhi.

«No, affatto. È così difficile riuscire a trovare qualcuno disposto a uscire con me, per una sera?», chiesi offesa, soprattutto perché immaginavo fosse così.

«Non è questo il problema, lo sai», replicò.

«Allora qual è?».

«Hai la minima idea di cosa mi farebbe se ti facessi uscire con un altro? Vuoi che perda il mio migliore amico?».

Rimasi in silenzio, senza parole, non mi aspettavo che il motivo fosse quello, ma sembrava sincero.

Mi sentii una stupida per essermela presa così tanto, ma la situazione con Loris era più grave di quanto pensassi. Avrei dovuto parlargli di persona, una telefonata non sarebbe stata la soluzione migliore.

«Ok, ma la prossima volta chiedi a me prima di organizzare qualsiasi altra cosa che mi coinvolga o che preveda me e Loris nella stessa stanza, nello stesso momento», dissi senza fare il minimo sforzo per nascondere la mia irritazione, ma senza più un briciolo di rabbia.

«Ok pulce, promesso. Ora posso andare in bagno?».

«Certo, certo, vai pure», risposi seria, già persa nelle mie riflessioni.

Rise della mia autorizzazione ed entrando in bagno mi diede un buffetto affettuoso sulla testa.

Ora che le incomprensioni erano state chiarite, mi sentivo più serena e avevo ancora diverse ore prima di dover affrontare il problema "spasimante indesiderato": potevo rilassarmi. O almeno potevo provarci.

Nel pomeriggio Anna ed io aiutammo mia madre a preparare la cena, mentre mio fratello gironzolava attorno, ovviamente senza aiutare a fare nulla. Stranamente cucinare mi piaceva, dopo i primi minuti in cui gli odori si iniziavano a diffondere dandomi il voltastomaco, le cose miglioravano e cucinare mi rilassava, mi faceva sentire normale.

In ogni caso quel giorno non ero molto presente, continuavo a pensare a quali potessero essere le parole migliori per scaricare una persona. Non mi era mai capitato di dover scaricare qualcuno, non volevo essere troppo diretta, avrei rischiato di offenderlo, ma dovevo essere il più chiara possibile.

Ogni tanto mi scivolava qualcosa dalle mani, quando mi rivolgevano la parola dovevano sempre ripetere più volte il mio nome, prima che mi accorgessi che stavano parlando con me.

Mi rendevo conto di stare dando alla cosa più importanza del dovuto, ma io ero fatta così: gli eventi non mi scivolavano mai addosso, ogni cosa, per quanto piccola, mi colpiva come un pugno e continuava a girarmi in testa finché non avevo trovato una soluzione.

Il pomeriggio passò troppo presto, almeno a me sembrò così e, quando suonarono alla porta, non ero affatto pronta ad affrontare il problema, ma andai ugualmente ad aprire.

(continua...)

Lo stesso peso dell'amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora