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Quella sera stessa, quando mi riaccompagnò ai collegi, invece di andare a dormire andai di corsa in sala studio, ovviamente a quell'ora deserta. Mi collegai ad internet con uno dei computer in dotazione, cercai notizie sulle droghe, sui sintomi, sugli effetti. Dovevo documentarmi se volevo cercare di aiutarlo. Purtroppo erano quasi tutte nozioni per me incomprensibili.

Gli effetti di quelle sostanze erano abbastanza chiari: euforia, irrequietezza, paranoia, insonnia, allucinazioni, mancanza d'interessi, apatia, depressione. Ma a parte il fatto che gli effetti di certe sostanze fossero piuttosto incompatibili, restava in ogni caso il dato, allarmante, che negli ultimi mesi ero stata spesso insieme a Luca e non mi ero accorta di niente. Non c'era mai stato niente, in lui, che potesse farmi sospettare qualcosa.

A parte quello sguardo spesso vuoto e assente che, tuttavia, si accendeva quando incrociava il mio, non c'era niente di strano in lui, niente che potessi ricondurre a quei sintomi.

Come avrei potuto controllarlo se per mesi non avevo avuto nemmeno un dubbio?

Gli attacchi di panico, che forse avrebbero dovuto già presentarsi se fossi stata una persona normale, arrivarono quando passai ad esaminare i sintomi della crisi d'astinenza: dolori ai muscoli e alle ossa, vomito, insonnia, brividi di freddo, depressione, ma la frase che più di tutte mi colpì diceva:

La persona in crisi d'astinenza si sente incapace di fare qualsiasi cosa se non sotto l'effetto della droga, finché arriverà al punto di non riuscire davvero a fare niente. Nulla per lei sarà più importante, né cose, né persone, si disinteresserà di tutto e tutti. Farà di tutto, rinuncerà a tutto, anche a cibo, affetti, lavoro, danneggerà perfino se stessa pur di ottenere la sua dose.

Dovevo prepararmi al peggio, dovevo prepararmi al fatto che, presto, Luca avrebbe voluto liberarsi di tutto ciò che si sarebbe posto tra lui e ciò che più desiderava al mondo. Avrebbe voluto liberarsi anche di me.

Potevo perderlo, poteva odiarmi, ma non m'importava. L'avrei perso in ogni caso, perciò dovevo provarci, non avevo altra scelta, l'unica alternativa era stargli lontano ed era fuori discussione. Io avevo bisogno di lui, forse allo stesso modo in cui lui aveva bisogno della sua dose.

Sarebbe stato difficile vincere, ma ciò che avevo da perdere era troppo, la posta in gioco troppo alta, dovevo farcela.

Il rumore del cellulare che squillava nella mia borsa, nel silenzio assoluto della sala studio, mi scosse dai miei incubi.

«Pronto», risposi a bassa voce, anche se lì non c'era nessuno da disturbare.

«Giulia, dove diavolo sei?», era Anna, non avevo pensato di avvisarla.

«Sono in sala studio, aspettami in camera mia, arrivo subito».

Avevo addosso ancora quello stupido vestito rosa, dovevo cambiarmi.

Spensi il computer, raccolsi le mie cose e corsi via.

Anna mi aspettava davanti alla porta della mia stanza, in tuta e scarpe da ginnastica, pronta per la corsa mattutina delle sei ed io non avevo chiuso occhio.

«Ti costava tanto avvisare che eri tornata? Mi ha preso un colpo quando ho visto che in camera non c'eri. Ma cosa ci facevi vestita così in sala studio? Hai passato la notte lì, da sola?», Anna sembrava un fiume in piena, mi guardava con uno sguardo stupito e indagatore.

Il mio probabilmente non diceva niente, ero troppo stanca e confusa, le sensazioni e i pensieri che si accumulavano erano troppi e troppo diversi per poter emergere in una sola espressione.

«Anna, per favore, adesso ti spiego tutto. Fammi mettere la tuta che così mentre corriamo ti racconto», la mia voce era come il viso, inespressiva, speravo solo che le gambe mi reggessero.

Mentre correvamo nella debole luce dell'alba, per quelle strade che ormai erano casa mia, raccontai ad Anna tutta la serata, tutto quanto.

Lei non disse niente, non m'interruppe mai.

Correvamo fianco a fianco, con l'aria fresca di primavera che sapeva di fiori e di buono.

Quando la mia voce si incrinò, rotta leggermente dalla corsa e dalle lacrime, lei restò in silenzio e mi prese la mano.

Non c'era persona al mondo che riuscisse a darmi forza come lei, sapeva capirmi come nessun altro, ascoltarmi, incoraggiarmi. Io e lei eravamo una sola cosa, il mio dolore e la mia gioia erano anche suoi e viceversa.

Tornai da quella corsa esausta, mi infilai sotto la doccia con il desiderio che l'acqua portasse via anche i problemi, ma non esiste al mondo acqua in grado di farlo.

Infilai i miei amati jeans e una maglietta leggera. Non avevo più il problema di nascondere il mio corpo, né mi importava. In quel momento io ero l'ultimo dei miei pensieri.

Raggiunsi Anna in sala mensa per fare colazione con lei.

Mangiavamo senza dire una parola, finché fu lei a rompere il silenzio.

«Senti Giulia, devo essere sincera con te: normalmente ti direi di lasciarlo perdere, di allontanarti da lui il prima possibile, prima che sia troppo tardi, prima che lui possa farti soffrire. Ti direi che la vita è troppo breve per perdere tempo dietro a un tossico - quella parola, riferita a lui, mi face rabbrividire - e forse dovrei farlo, dovrei dirti di lasciarlo perdere perché per me sei troppo importante e non voglio che tu soffra, né che ti succeda qualcosa di brutto - abbassai lo sguardo, sapevo dove voleva arrivare, ma questa volta non avrei potuto ascoltarla - ma io ho visto com'era la tua vita prima che arrivasse lui e ho visto com'eri prima di incontrarlo. Ti guardavo spegnerti lentamente, giorno dopo giorno, senza poterti aiutare, senza riuscire a fare niente. E ho visto cosa è riuscito a fare lui, ti ho vista riprendere vita, ti ho vista innamorarti della vita e tutto grazie a Luca. Perciò, quello che ti voglio dire, è che appoggio in pieno la tua scelta di stargli vicino e sappi che potrai sempre contare su di me, sempre».

Le sue parole mi sorpresero. Insomma, lei era la mia migliore amica, ero certa che, in ogni caso, mi sarebbe stata vicina, ma mi aspettavo un rimprovero, un te l'avevo detto o un stai facendo una "stupidaggine". Mi aspettavo che mi chiedesse di lasciarlo, di dimenticarlo. Invece, come al solito, mi aveva capita meglio di quanto potessi immaginare e mi aveva sorpresa, come sempre.

«Grazie Anna, sei l'amica migliore del mondo», le sorrisi.

«Lo so», rispose ricambiando il mio sorriso, ma si vedeva, nei suoi occhi, una tristezza molto simile alla mia.

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Mi scuso per il ritardo nella pubblicazione, sono stata assente per un po', sono rimasta indietro anche con le letture. Recupererò presto! Un abbraccio  

Lo stesso peso dell'amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora