Capitolo 1

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Novembre 2015

La snella figura della governante dell'orfanotrofio sedeva a gambe incrociate sulla sua bellissima poltrona nuova nel suo ufficio mentre puntava su di me il suo sguardo più severo. Non era una donna molto sorridente, come si può ben capire, ma era l'unica che provava a forgiare il mio carattere ribelle.

Da una ragazzina di quindici anni che abitava in orfanotrofio da praticamente tutta la vita, ci si poteva aspettare qualsiasi cosa. Infatti, il motivo per il quale ero finita nell'ufficio di Kaitlyn, era che avevo tentato per la quarta volta di uscire dall'orfanotrofio. Non avevo intenzione di non tornare più, avevo semplicemente voglia di vedere la città in cui avevo abitato per tutta la mia vita, che non avevo mai visto coi miei occhi, tralasciando, ovviamente, quello che si poteva vedere attraverso le finestre dell'orfanotrofio.

«Hilary, devi smetterla.» Kaitlyn era una donna sicuramente rispettabile, ma era molto rigida riguardo le regole. Dimostrava molti più anni di quanti, in realtà, non ne avesse. Era molto giovane per gestire un luogo come quello. Indossava sempre i soliti vestiti monotoni ed eleganti sulle tonalità del blu e del nero. Raramente portava i capelli sciolti, anzi, non l'avevo mai vista senza il suo immancabile chignon basso e ordinario. Utilizzava spesso scarpe col tacco di media altezza e in viso aveva sempre la sua solita espressione seria ed impassibile.

Io ero in piedi, davanti a lei, in mezzo alla stanza coi capelli castani che ricadevano mossi sulle spalle e gli occhi verdi puntati sulle fiamme che si muovevano irregolarmente all'interno del camino.

La flebile luce di inizio Novembre entrava timida dalla finestra mettendo in risalto le ombre del viso scarno di Kaitlyn, facendola sembrare un fantasma pallido.

«Di fare cosa? Non ho fatto nulla di male.» spostai lo sguardo su di lei alzando le sopracciglia.

«Non puoi uscire in quel modo dall'orfanotrofio.» ribatté immediatamente. Si alzò in piedi mostrando la sua vertiginosa altezza.

«E come dovrei fare? Mi devo travestire da clown e passare dall'ingresso principale aspettando che tu e Lexie mi prendiate? Scusami se sono furba.»

«Non essere infantile, Hilary. Parliamoci chiaro: o la smetti di tentare di fuggire o faccio in modo che tu finisca in un orfanotrofio peggiore di questo.» mosse cautamente un passo verso di me come se fossi stata un animale imbizzarrito da tranquillizzare.

«Tu non puoi mandarmi via. Hai promesso ai miei genitori che ti saresti presa cura di me, prima che morissero.» la sfidai con lo sguardo.

«Non è andata esattamente così, ma è proprio per questo che non puoi scappare da qui.»

Ci guardammo dritte negli occhi, quasi avendo paura che se avessimo distolto lo sguardo anche solo per qualche millesimo di secondo, l'altra avrebbe potuto piantare un affilato coltello nella nostra schiena.

«Cosa intendi?»

«Oh, niente di che.» soddisfatta di aver ottenuto la mia attenzione, Kaitlyn si allontanò voltandomi le spalle.

«Kaitlyn, parla.» Avevo la voce ferma, come se quell'argomento mi fosse indifferente, ma in realtà non era affatto così. Dentro mi sentivo sopraffatta da tante emozioni negative che si sovrapponevano l'una all'altra. Era come se quelle emozioni avessero iniziato una competizione tra di loro per vedere chi sarebbe riuscita a spingermi oltre il mio limite, per capire chi riusciva a farmi esplodere. Rabbia, tristezza, dolore e sofferenza cercavano di dimostrare quanto fossero potenti. Lottavano con tutte le loro forze per far in modo che io mi sentissi inferiore a loro e all'influenza che esse esercitavano su di me. E ci riuscivano. Riuscivano a prendersi tutto quello che volevano ogni volta che si parlava, o semplicemente si accennava ai miei genitori e alla loro morte. Tra tutte le insicurezze che ogni giorno tentavo di oscurare alla vista delle altre persone, quella era la peggiore. Era la più potente tra tutti i miei punti deboli.

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