Capitolo 20

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Il cielo sopra Londra era uguale a tutti gli altri giorni. Le nuvole grigiastre coprivano il sole impedendo a quest'ultimo di risplendere. Tutto sembrava essere quasi opaco, come se il mondo fosse dipinto solamente da colori spenti, colori che non esprimevano felicità.

Io la vedevo così, Londra: una delle città più famose del mondo ma che, dietro alle belle immagini che riprendono la vivace vita dei londinesi, si prospetta come una metropoli dall'aria triste e annebbiata.

In più Londra, col passare degli anni, era diventata il mio inferno. Non c'era ricordo triste che la città non avesse catturato e tenuto al sicuro, pronto a colpire quando meno me l'aspettavo.

Quindi anche in quel momento, mentre passeggiavo per le vie della capitale inglese al fianco di Will, mi sentivo quasi impaurita.

Ero spaventata anche dal fatto che il biondino che camminava vicino a me non fosse più il ragazzo che era riuscito a convincermi a pattinare sul ghiaccio e che solitamente mostrava sempre un sorriso gentile e delicato, ma che fosse completamente cambiato. Vedevo un nuovo Will. Vedevo solamente un ragazzo oppresso dalla morte inevitabile dei genitori. Lui era un ragazzo buono, un ragazzo che non si meritava nulla di quello che gli era successo, ma che purtroppo aveva subito le disgrazie che il destino gli aveva affibbiato. E Will aveva tentato in tutti i modi di superarle nei migliori dei modi, ma era inevitabilmente sprofondato nell'oblio del dolore.

Così lo fissavo persa nei miei pensieri mentre lui guardava davanti a sé con lo sguardo teso e preoccupato. Era al corrente del fatto che io lo stessi osservando quasi come una psicopatica, ma sembrava non importargliene.

Derek, che camminava insieme agli altri tre ragazzi poco più avanti di noi, lanciava ogni tanto delle occhiate sofferenti a Will, come se loro due fossero stati uniti da un legame talmente forte da far provare a uno le emozioni dell'altro. Se uno dei due provava dolore, anche l'altro soffriva.

Solo io sapevo il motivo per il quale Will era così triste e addolorato e Derek era preoccupato per il biondino a tal punto da stare male a sua volta.

Feci scivolare la mia mano all'interno di quella di Will e gliela strinsi forte per attirare la sua attenzione. Quando si girò nella mia direzione, notai che aveva ancora gli occhi rossi e gonfi dal pianto e il viso leggermente umido. I suoi capelli erano scompigliati come al solito e alcune ciocche gli ricadevano ribelli davanti ai lucidi occhi azzurri.

Sembrava stare meglio di qualche decina di minuti prima, nonostante l'impronta ancora visibile lasciata dalla sofferenza che in precedenza aveva occupato il suo viso.

«Hai voglia di rivederli?» domandai al biondino riferendomi ai suoi vecchi amici. Da quello che lui e Derek mi avevano raccontato, neanche io avevo molta voglia di conoscerli, ma sembrava quasi che Meghan fosse contenta di poter tornare alla sua vecchia vita, anche se solo per qualche ora ed io volevo farla contenta, anche se non credevo che per Will fosse lo stesso. In fondo loro erano una delle cause che aveva diviso lui e Derek e se io fossi stata al posto del ragazzo, di certo non avrei mai voluto rivederli. I due ragazzi, in quei tre mesi e mezzo, si erano riavvicinati in una maniera incredibile. Sembravano essere quasi fratelli.

«Non proprio... Ma non importa. Ormai, per me, quello che dice Kaitlyn è legge.» tentò di sorridermi invano: sul suo viso si dipinse un'espressione sofferente.

«Be', non necessariamente. Guarda me, per esempio: io non seguo sempre quello che dice Kaitlyn.»

«Ma tu sei sua figlia.»

«Questo non vuol dire niente. Prima che io lo sapessi prendevo le sue regole come un gioco. Ne rispettavo la metà, se non un quarto!»

Riuscii a strappargli un sorriso. Era questo quello a cui stavo puntando e mi andava bene anche se era un po' forzato.

The Anchor Of DestinyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora