Capitolo 10

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«Io te l'avevo detto. Sei un'idiota, Hilary.» Will era seduto su una poltrona della sala comune davanti a me mentre si mordicchiava un'unghia tenendo lo sguardo su un libro che teneva con l'altra mano. «Almeno non ti sei presa la polmonite.» aggiunse.

Erano passati un paio di giorni da quando gli avevo raccontato del mio sogno. Lui aveva avuto ragione, quando mi aveva detto che mi sarei ammalata stando fuori con zero gradi e una semplice felpa primaverile, non che non lo sapessi, ovviamente, ma non pensavo che con tutte le persone che si potessero ammalare, succedesse proprio a me.

«Stai zitto: mi sta scoppiando la testa.» dissi premendomi una mano sulla fronte.

Ero sdraiata sul divano, con gli occhi chiusi.

Avevo passato lì tutto il pomeriggio cercando in qualche modo di coprirmi con una coperta che Meghan aveva chiesto a Magdalen e che in ogni caso mi faceva venire i brividi.

Stare davanti al fuoco non aiutava, la testa mi scoppiava mentre sudavo e avevo freddo allo stesso tempo.

Nel frattempo Will rimaneva seduto tranquillamente ridendo di me e leggendo il libro. Mi sembrava di stare con Amelia.

«Non puoi prendertela con me solo perché avevo ragione.» ribatté chiudendo il libro e appoggiandolo delicatamente sul tavolino da caffè.

«Ma non trovo giusto che tu non ti sia preso niente quando indossavi una giacca estiva.» dissi buttando per terra la coperta. Avevo perso la pazienza. Il calore proveniente dal caminetto acceso si appoggiava dolcemente sulla mia pelle e, anche se non avevo caldo, ero stanca di stare sotto una stupida coperta puzzolente che probabilmente era stata chiusa in un armadio per anni e anni assorbendo l'odore della naftalina.

I capelli si erano incollati alla mia fronte per quando avevo sudato. Sembravo uno di quegli asciugamani che si portavano in palestra per togliersi il sudore dalla fronte e che poi, una volta strizzati, rilasciavano così tanto liquido da far invidia alle fontane.

Will si alzò e mi venne appresso. Afferrò la coperta da terra e, con un sorriso dolce stampato in viso, mi ricoprì fissandomi con uno sguardo che si utilizzava coi bambini piccoli che fanno i capricci.

«Se sudi, la febbre passa prima.» mi ammonì.

Si sedette a terra e appoggiò la schiena al divano sul quale ero sdraiata rivolgendomi le spalle. Fissò avanti prima di tornare a parlare. «Sono andato da Derek prima.»

Alzai un sopracciglio evidentemente sorpresa. Non mi aspettavo che sarebbe stato lui ad andare da Derek. Pensavo che sarebbero stati in silenzio fino a quando non mi sarei intromessa io.

«E me lo dici solo ora?» esclamai tirandogli uno schiaffo leggero sulla spalla. Lui rispose con una smorfia di dolore palesemente finta spostando la testa di lato. Non aveva ancora tolto sguardo dalle fiamme che ballavano irregolarmente all'interno del camino.

«Allora? Hai intenzione di dirmi qualcosa oppure vuoi startene lì zitto zitto a far morire di curiosità una povera ragazza malata?»

Il biondino sbuffò scuotendo la testa. Potevo benissimo percepire l'agitazione che provava il ragazzo nel parlare di quell'argomento. Era chiaro che aveva paura che io lo prendessi in giro.

«Che gli hai detto?» insistetti nuovamente decidendo che se non mi avesse risposto quella volta, avrei lasciato perdere.
Volevo sapere cos'era successo, ma era una loro decisione parlarne. Se non volevano farlo, io non potevo di certo costringerli.

«Non gli ho detto niente. Ho solo fatto irruzione in camera sua e l'ho abbracciato. Stava camminando avanti e indietro per la stanza ripassando Storia. L'ho sorpreso.» voltò il capo nella mia direzione sorridendo a trentadue denti soddisfatto. «Poi abbiamo chiarito. Tutto è tornato come prima. Siamo di nuovo amici ed è merito tuo. Ha detto che più tardi passerà qui a salutarti e a portarti una cosa.» alzò le spalle. «E non chiedermi cos'è perché non lo so.» aggiunse appena vide il mio sguardo incuriosito. Aveva capito che stavo per porgli quella domanda.

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