Capitolo 14

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Il Natale era passato da qualche giorno e, ormai, in orfanotrofio non si vedeva l'ora che finisse l'anno. Non sarebbe cambiato nulla, dopo la mezzanotte del 31 dicembre, e lo sapevano tutti, ma ancora si ostinavano a sperare che, col nuovo anno, molte cose sarebbero cambiate. Per me era uguale. Non avevo nulla in cui sperare e soprattutto non credevo che le cose, quasi per magia, potessero cambiare da un giorno all'altro. Tutto sarebbe rimasto esattamente come prima, come se non fosse mai cambiato anno e poi avevo il sospetto che l'anno seguente sarebbe stato peggiore di quello precedente. Esattamente com'era successo per tutti gli anni della mia vita.

Ero pessimista e dubbiosa riguardo al nuovo anno e mi sarebbe piaciuto tantissimo andare in giro per l'orfanotrofio insieme ad Amelia per dare fastidio ai bambini. Io e lei l'avevamo sempre fatto, fin da bambine. Passavamo tutto il 30 dicembre a correre da una zona all'altra della struttura infastidendo o facendo piangere i bambini raccontando storie mai accadute ma spaventose. Durante gli anni, Amelia aveva iniziato a scriversi tutte le storie che raccontavamo su un quaderno così che poi avevamo la possibilità di leggerle ai bambini l'anno seguente. Era molto divertente vedere come i mocciosi passassero dal sorridere al piangere in pochi secondi.

Però quell'anno non era uguale agli altri. Io e Amelia non ci parlavamo da un bel pezzo ed io passavo la maggior parte del mio tempo con Derek e Will. Quando tornavo nella mia stanza, Amelia stava già dormendo oppure era in biblioteca con Gideon e Meghan.

Avevo bisogno di parlare con qualcuno e forse lei sarebbe stata la persona adatta, se non fosse stato che era troppo presa dallo stare con gli altri. In più, neanche io contribuivo: sarei potuta andarla a cercare durante il giorno, ma decidevo ogni volta di lasciar perdere e fare come se nulla fosse.

Necessitavo di qualcuno con cui condividere l'accaduto alla pista di pattinaggio. Non ne avevo fatto parola con nessuno come credevo che avesse fatto anche Will. Temevo che, se ne avessi parlato con Derek, Will avrebbe potuto andar a chiedere al moro se io gli avessi accennato a quello che era successo. Non che non mi fidassi di Derek, ma avevo paura di metterlo in una posizione spiacevole tra me e il biondino. Non volevo che si sentisse obbligato a scegliere tra me e Will. Così preferivo starmene zitta tra i miei pensieri e lasciare che tutto scorresse fluidamente come dell'acqua in un ruscello mentre tentavo in tutti i modi di evitare Kaitlyn.

Perché, oltre a non sapere cosa diamine passasse per la testa di Will, Kaitlyn mi assillava pretendendo che io andassi nel suo ufficio per parlare come due persone "normali", a detta sua. Il punto è che sapevo benissimo che non sarebbe stato così: io e Kaitlyn non eravamo normali. Io e Kaitlyn non potevamo stare da sole nella stessa stanza senza urlarci contro e lei lo sapeva benissimo, ma, adesso che avevo scoperto che lei era mia madre, pensava di avere il diritto di controllarmi come se fossi stata un macchinario difettoso. Voleva dirmi cosa fare e come farlo pretendendo che le parlasse di tutto quello che mi accadeva.
Mi seguiva nei corridoi chiedendomi di presentarmi nel suo ufficio per una "chiacchierata veloce" e per un tè. Facevo tutto il possibile per evitare di andarci. Non volevo parlarle dopo quello che mi aveva nascosto. Non avevo il coraggio di affrontare mia madre.

Così mi nascondevo nella sala comune con Will e Derek sperando che lei non mi trovasse. I due ragazzi, comunque, non erano da meno. Infatti mi avevano consigliato più e più volte di provare a parlare con la governante, sentire cos'aveva da dire e lasciare che lei mi spiegasse le sue motivazioni. La mia risposta era stata sempre no.

Anche quel tardo pomeriggio, dopo aver passato la mattinata in biblioteca con Gideon e Derek, io e il moro eravamo tornati nella sala comune. Will aveva passato tutto il pomeriggio in camera sua a fare non so cosa, quindi c'eravamo solamente io e Derek.

«Mi chiedo il motivo per cui avrebbero dovuto pubblicare quella saga. È davvero orribile!» esclamò Derek. Era seduto sulla poltrona con le gambe appoggiate al bracciolo.

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