Capitolo 18

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Spalancai la porta non curandomi del potente rumore che essa avrebbe prodotto sbattendo sulla scrivania retrostante.

Vidi Amelia avvolta nelle coperte e distesa tranquillamente sul suo letto immerso nell'oscurità. Non si svegliò dopo il rumore assordante che aveva fatto la porta, ma rimase nel mondo dei sogni come se nulla fosse accaduto.

Non mi dava fastidio il fatto che lei stesse con Gideon, ma il fatto che non me l'avesse detto. Entrambe volevamo sapere cosa succedeva all'altra indipendentemente da quello che si metteva tra di noi. Volevamo rimanere unite nonostante il mondo cercasse di dividerci. Volevamo mantenere quello che avevamo nonostante non ci parlassimo più. Non ne avevamo mai parlato, ma la conoscevo abbastanza per capire che per lei era lo stesso. Perché una delle poche cose che mi aveva tenuto a galla durante tutti gli anni trascorsi in orfanotrofio era lei. Non importava se d'un tratto sarebbe comparso uno sconosciuto che pretendeva di portarsi via una di noi. Volevamo far in modo che nessuno ci dividesse pur sapendo che il nostro destino era incerto e che si nascondeva dietro una fitta nebbia biancastra che ci impediva di vederlo e comprenderlo.

Potevamo essere anche diverse caratterialmente, ma non ci importava. Ci eravamo sempre sostenute durante gli anni senza trattarci troppo come due orfane disperate e quello non sarebbe di certo stato la fine di quello che eravamo. Non era di certo il solvente che riusciva a sciogliere la colla che ci univa.

Era mia sorella, in fondo.

Richiusi la porta cercando, questa volta, di far in modo che nessuno mi sentisse. Accesi l'unica lampadina dall'interruttore che affiancava la porta. La stanza si illuminò della classica luce fioca dei vecchi edifici londinesi. Nonostante Kaitlyn avesse aperto quel posto lo stesso anno in cui ero nata io, quindi abbastanza recentemente, la struttura era degli anni sessanta. La governante aveva impiegato la maggior parte dei soldi che aveva ricevuto in eredità dai suoi genitori per ristrutturare tutto l'edificio.

«Amelia.» dissi con un tono abbastanza alto per essere le quattro del mattino. «Amelia, dobbiamo parlare.»

Lasciai cadere le braccia lungo i fianchi aspettando una risposta da lei. Feci qualche passo in avanti guadagnando un po' di vicinanza col letto della ragazza. Rimasi a fissarla attendendo che lei mi rispondesse. Amelia odiava essere svegliata nel cuore della notte e infatti, per la maggior parte delle volte, quando si provava a farlo, lei faceva finta di dormire per evitare che le si rivolgesse la parola.

«Amelia, so che non stai dormendo.»

Ci fu qualche istante di silenzio prima che lei si decidesse a portarsi una mano alla fronte mugolando infastidita. «È possibile che tu mi debba sempre svegliare durante la notte? Sai dormire come una persona normale o hai bisogno di un sonnifero?»

Si mise a sedere strofinandosi gli occhi.

Senza perdere tempo, andai dritta al punto lasciando che dalle mie labbra uscisse quello che avevo appena scoperto. «So che stai con Gideon.»

La ragazza prese un profondo respiro.

«Sinceramente non ho nulla in contrario, ma perché non me l'hai detto? Pensavo che noi ci dicessimo tutto.» Mi sedetti di fronte a lei sul mio letto aspettando che Amelia mi rispondesse. Quando si trattava di cose serie, la biondina stava spesso in silenzio, prima di parlare. Era un comportamento che le veniva spontaneo e le serviva per riflettere e capire cosa dire. Lo aveva sempre fatto fin da piccola. Io ero più spontanea. Quello che mi veniva in mente lo dicevo. Lei era più riflessiva.

«Pensavo non ti importasse...» puntò i suoi occhi azzurri nei miei con timidezza, come se avesse avuto paura di me, come se credesse che sarei scoppiata dalla rabbia. In realtà mi dispiaceva solamente che lei lo pensasse, che non credesse che io tenessi a lei, che non mi importasse di lei.

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