17 Giugno 2021
«Allora, mi dia pure del tu.»
La signora si sedette di fronte a me sulla sua sedia da studio di pelle nera. Indossava una gonna scura aderente che le arrivava fino al ginocchio e una camicetta azzurra leggermente sbottonata all'estremità. Mi fissava con i suoi occhi marroni perforanti in attesa che le rispondessi, invece di starmene seduta sul divano di pelle bianca guardando la stanza che si estendeva attorno a me come se fossi stata una bambina in un negozio di dolci. La donna continuava a scrutarmi con una certa insistenza sperando in un segno di vita da parte mia. Gli occhiali dalla montatura di metallo e dalla forma a mezzaluna le erano scivolati sulla punta del naso aquilino. I capelli erano raccolti con un mollettone sulla nuca mentre si appuntava qualcosa sulla sua cartelletta blu distogliendo il suo sguardo penetrante da me per qualche secondo.
«D'accordo.» sospirai.
«Allora, Hilary, perché è venuta qui?»
«Perché ho bisogno di buttarmi alle spalle un passato complicato.» risposi completamente impassibile. Qualcosa l'avevo pur preso da mia madre.
«Va bene. Iniziamo: come si chiama?»
«L'hai appena detto.»
Erano passati cinque anni, ma una cosa non avevo perso mentre il tempo scorreva lentamente: l'impertinenza. Ero sempre la solita rompiscatole che rispondeva a tono a qualsiasi persona mi trovassi davanti. Forse era per quello che a quasi ventun anni non avevo ancora un lavoro.
«Me lo ridica. Devo controllare tutti i dati che ho su di lei.» ribatté la donna sicura di sé.
«Mi chiamo Hilary Kalene Lancaster, ho vent'anni e sono nata a Londra, in Inghilterra. Il mio ID è...» iniziai alzando gli occhi al cielo. La prima volta che vidi la dottoressa Jones capii immediatamente che non mi sarebbe mai stata simpatica. Infondo fui costretta ad iniziare una terapia per via di un patto che avevo accettato qualche settimana prima.
«Si fermi.» mi interruppe immediatamente. «Non voglio sapere vita, morte e miracoli, per ora. Mi dica solo i dati principali.»
«Glieli ho appena detti.»
La dottoressa mi lanciò un'occhiataccia spingendosi indietro gli occhiali a mezzaluna. Scrisse qualcosa sulla cartella cercando in tutti i modi di impedire al mio sguardo di leggere quello che l'inchiostro nero della sua penna lasciava sul foglio bianco. Non che fosse possibile leggere la sua calligrafia: aveva pur sempre studiato medicina, anche se era un campo totalmente inutile.
«Mi racconti la sua storia, Hilary.»«Okay...» guardai la dottoressa pensando a cosa dire. Ripercorsi ogni istante della mia vita, fin dai primi ricordi che avevo dell'orfanotrofio, di Galway e di quelle poche settimane trascorse a Los Angeles. Avevo raccontato la mia storia a pochissime persone e in quel momento stavo per raccontare tutto ad una sconosciuta strizzacervelli. Però mi ero ripromessa che avrei tentato di farmi stare bene con me stessa e con il mio passato. Per questo avevo deciso di andare da uno psicologo. «Be'... I miei genitori morirono quando avevo un anno e così finii in orfanotrofio. A quanto pareva tutti i miei parenti se n'erano andati via dall'Inghilterra. Sinceramente li capisco: l'Inghilterra è così monotona.»
Stavo per continuare a parlare quando la dottoressa mi interruppe: «Come sono morti i tuoi genitori?»
«Incidente stradale.» risposi brevemente annuendo col capo.
La dottoressa Jones mi osservò per qualche secondo come se avesse voluto capire qualcosa di me che superficialmente non si vedeva, ma poi si limitò ad abbassare lo sguardo sulla cartelletta e scrivere qualcosa in velocità.
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The Anchor Of Destiny
Teen FictionOrfanotrofio: un posto triste e monotono, che lega il passato col presente. Ma è così anche quando hai degli amici con cui condividere la tua tristezza, il tuo sarcasmo, le tue battute e le tue preoccupazioni? È così anche quando scopri fatti di cui...