Sembrava che il tempo si fosse fermato. Tutto era completamente immobile. Il sole che entrava dalle finestre illuminava la polvere che volteggiava leggiadra verso il basso.
Sapevo che fuori dall'orfanotrofio c'era caldo, ma all'interno di esso aleggiava un'atmosfera inquietante e fredda, come se stesse per succedere qualcosa di sgradevole.
Continuai a salire i gradini ritrovandomi poi al piano di sopra, vicino ai dormitori, alla biblioteca e alla sala della musica. Ero spaventata. Sapevo che qualcosa stava succedendo, ma era come se dentro di me ci fosse stato un buco nero che mi impediva di sapere il motivo per il quale io fossi tanto spaventata. Stava succedendo qualcosa che io non ricordavo.
Mi diressi verso la sala della musica. Sentivo, in qualche modo angosciante, che dovevo entrare lì.
La porta era spalancata, ma da quella stanza non proveniva alcun tipo di rumore. Mano a mano che mi avvicinavo, sentivo dei gemiti di dolore. Sentivo qualcuno che sussurrava in cerca di aiuto.
Mi affacciai alla porta. La stanza era buia, ma alcuni raggi solari riuscivano ad illuminare leggermente l'ambiente passando dagli spiragli lasciati dalle tende socchiuse. Riuscii ad intravedere delle chiazze di sangue sul pianoforte a coda e sul giradischi. Le macchie proseguivano fino al centro della stanza dove, sul grande tappeto, vidi quello che non avrei mai voluto guardare. Era l'immagine più raccapricciante che io avessi mai visto.
Una grande chiazza scarlatta di stava estendendo pian piano sulla tappezzeria della sala della musica e, al centro di essa, si trovava un ragazzo sdraiato supino, con lo sguardo fisso sul soffitto, i capelli biondi scompigliati e la maglietta bianca impregnati del liquido scuro che si estendeva sul pavimento. Negli occhi azzurri del ragazzo vedevo la sofferenza di chi era consapevole di star morendo, di qualcuno che sapeva che se ne stava andando, ma che era impaurito più dal fatto di non aver lasciato nulla al mondo, che dalla morte stessa.
Mi fiondai disperatamente su di lui iniziando a cercare la ferita da cui proveniva tutto quel sangue, ma essa non c'era. Non esisteva la fonte dalla quale usciva tutto quel liquido rosso.
Le labbra del ragazzo erano piegate in una smorfia di sofferenza mentre mi pregava di aiutarlo, ma non c'era niente che io potessi fare.
«Will.» lo chiamai. Lui girò il volto nella mia direzione puntando i suoi occhi stanchi nei miei. «Da dove esce tutto questo sangue?»
Le mie mani iniziarono a tingersi del colore del sangue di Will sotto il suo sguardo spaventato.
Il ragazzo mi afferrò il polso sinistro con la mano destra per attirare la mia attenzione su di lui. «Aiutami, ti prego.»
Iniziò a chiudere gli occhi lentamente mormorando cose assurde che neanche capii. Sapevo che lui stava morendo. Mi sentivo incredibilmente impotente. Non potevo fare nulla. Non potevo aiutarlo.
«Will, Will, non lasciarmi. Ti prego. Rimani qui con me. Will!»
«Hilary, avanti, svegliati!»
Mi misi a sedere in velocità. Avevo il fiato corto e i capelli appiccicati al viso per via del sudore. La stanza sembrava girare mentre a fatica mettevo a fuoco il viso pallido della biondina.
Amelia era seduta sul mio letto e mi osservava spaventata. Sembrava essere molto scossa, ma pensai che la sua espressione fosse il riflesso della mia. Mi guardai intorno in cerca di Will, ma ovviamente non lo trovai. Ero nella mia stanza e quello era stato solo un sogno.
Mi sentivo completamente persa, interamente focalizzata sull'orribile e angosciante sogno che avevo fatto. Nella mia mente era ben impressa l'immagine di Will sdraiato sul tappeto della sala della musica, con una larga chiazza del suo sangue sotto di lui, con i capelli e la maglietta bianca impregnati del liquido scarlatto. Sembrava essere tutto così reale.
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The Anchor Of Destiny
Roman pour AdolescentsOrfanotrofio: un posto triste e monotono, che lega il passato col presente. Ma è così anche quando hai degli amici con cui condividere la tua tristezza, il tuo sarcasmo, le tue battute e le tue preoccupazioni? È così anche quando scopri fatti di cui...