Capitolo 26

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«Ti ricordo Miles?» sospirai guardandola dritta negli occhi, senza alcun timore che il suo sguardo potesse in qualche modo mettermi in soggezione. E nonostante Kaitlyn mi avesse appena paragonato a mio padre, sembrava che l'argomento non la toccasse minimamente. Era ferma immobile, col suo sguardo di pietra e la schiena eretta. Indossava un pigiama serioso del colore del petrolio e i capelli le ricadevano sulle spalle come una cascata scura. Il sorriso che era comparso precedentemente sul suo viso era scomparso dietro la spessa maschera che Kaitlyn portava sul viso, una maschera formata da dolore causato dalle sue perdite. Perché alla fine era quello che aveva trasformato Kaitlyn in una persona impassibile: la sofferenza, la morte di coloro che lei amava più di chiunque altro.

«Sì. Dalla prima volta che sei entrata dalla porta di questo orfanotrofio, ti ho sempre paragonato a lui. Tutte le volte che ci siamo urlate contro, pensavo che tu fossi lui. Come ti ho già detto più volte, a lui non importava il giudizio degli altri e spesso questo ci portava a discutere per scemenze. Sembrava essere il nostro passatempo preferito.» sbuffò scostandosi una ciocca dal viso. Nello sguardo le si accese un bagliore che non avevo mai visto. Nei suoi occhi, vidi un riflesso delle sue emozioni e delle sue insicurezze. Riuscivo finalmente a vedere colei che io potevo definire mia madre, ma sapevo che il rapporto complicato che avevo con Kaitlyn non si sarebbe evoluto in uno migliore, pieno di dolcezza e amore materno. Eravamo molto simili, ma ai miei occhi eravamo completamente diverse, in quel momento. Eravamo due poli opposti: io completamente immobile cercando di capire cosa il mio cuore provasse in quel momento, tentando di identificare delle emozioni a cui non avevo mai fatto caso; lei che provava a rammentare tutti i ricordi che si era scordata, ogni minimo istante della sua vita, ogni emozione provata. Lo leggevo nei suoi occhi quanto le mancasse essere la giovane ragazza spensierata di un tempo, senza problemi, senza doveri verso se stessa e verso gli altri, senza dover nascondere un sorriso pieno di gioia. Aveva bisogno di ridere, ridere per davvero.
«Lui voleva solamente far in modo che io fossi felice, malgrado tutto. Mi dispiace sul serio per tutto quello che ti ho fatto passare, Hilary. Dovevo dirti dei tuoi genitori prima. Potevi andare in una scuola normale, farti amici normali e vivere la tua vita al meglio possibile. Quello che ti ho dato, invece, è solo un'infanzia dolorosa da ricordare e piena di sofferenze.» aggiunse abbassando lo sguardo sulle sue mani appoggiate al tavolo. Era molto fragile, in quel momento, come se il mondo le fosse caduto sulle spalle proprio in quel momento. «Sono stata una pessima madre.»

Sospirai a lungo senza distogliere lo sguardo dai suoi occhi scuri come la pece. Per molto tempo l'avevo vista nei panni della donna acida e distaccata, con gli occhi freddi e l'umore sarcastico, ma in quel momento riuscivo solamente a vederla come una persona spaventata, che stava realizzando quanto male, anche se in parte involontario, avesse causato.

«Non ti mentirò, Kaitlyn: lo sei stata, ma io voglio perdonarti perché credo che tu possa diventare una persona diversa, una persona migliore. Tu non sei cattiva, hai solo bisogno che qualcuno ti aiuti a tornare quella di un tempo. Penso che tutte le tue ferite ti abbiano cambiata, come succede a tutti. Necessiti di tornare indietro a quella che eri.» incrociai le braccia morsicandomi un labbro.

«Non sei più la ragazzina distaccata e sarcastica di un tempo.»

«Will mi ha aiutata a capire che non avrebbe portato a nulla. Una parte di me è ancora così, ma ci sto lavorando.»

«Non è merito di Will. Sei tu che sei cambiata. Crescendo si cambia: è un dato di fatto. Will è semplicemente stato la chiave che ha aperto il portone che ti ha condotto fin qui.» si alzò in piedi, superò la scrivania e si affacciò alla finestra scostando con delicatezza la tenda. «Sai, da ragazza non ero esattamente una delle persone più affidabili, ma poi ho incontrato Fleur all'università e di conseguenza tuo padre. Da quel momento è stata una vittoria dopo l'altra. Ho smesso con le sigarette, ho lasciato il ragazzo dell'epoca che avevo incontrato grazie ad una ragazza tossicodipendente che avevo conosciuto alle superiori e ho cercato in tutti i modi di sbarazzarmi del gruppo di amici che mi ero fatta. Ero pronta a cambiare. Ma poi, nel 2001, tutto è tornato ad essere cupo, dopo la morte dei tuoi genitori. Mi sono lasciata prendere dalla disperazione e dal dolore ed ora sono qui, al punto di partenza, a raccontare alla figlia dei miei due migliori amici quello che ho passato.» distolse lo sguardo dalla strada che si estendeva al di fuori della finestra allontanandosi da essa per venire nella mia direzione.

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