L'urlo di Donald era risuonato in tutta la casa.
Li aveva visti. Aveva smontato la telecamera e guardato il video. Per pochi secondi, aveva visto Frank e suo figlio baciarsi per poi sparire in cucina.
-Ma si può sapere che cazzo ti ha detto il cervello?!- strillò sbattendo i piedi sul parquet del salotto.
Era mezz'ora che urlava e non riusciva ad interromperlo. Se ne stava seduto sul bordo del divano, con le mani in grembo e l'espressione dispiaciuta, lo sguardo basso.
Non capiva il perché, di tutte queste urla. Insomma, era già successo, era una cosa passata; anche urlando, non si sarebbe risolto niente. Lo aveva visto baciare un ragazzo. E quindi? Che cosa sarebbe cambiato nella sua vita?
Si sentiva stupido, ma anche scervellandosi non capiva.
-Io...
-Stai zitto!- ruggì Donald facendogli chiudere la bocca. -Non permetterti di parlare! Non dopo quello che hai fatto!
Voleva dire di non avere fatto niente... quello era il suo ragazzo, era una cosa assolutamente reciproca, non aveva stuprato nessuno!
La porta si aprì, segnando, forse, la sua salvezza. Entrarono Donna e Mikey, carichi di buste della spesa. Sua madre fece scorrere lo sguardo da lui a suo marito e immediatamente chiese: -Cos'è successo?
Donald riprese ad urlare, descrivendo un bacio che, da casto, un solo incontro di labbra, era diventato una specie di porno con gli attori vestiti.
-Non è successo niente!- riuscì a dire interrompendolo. -Ci siamo solo baciati! Niente di tutto quello che sta dicendo è vero!
Suo padre tornò ad attaccarlo a male parole.
Vide Mikey chiudersi nello sgabuzzino delle giacche.
-Senti, io vado da Frank- annunciò scorgendo uno sguardo omicida negli occhi di sua madre. Iniziava a riconsiderarla, quella donna.
Prima che potesse essere fermato, prese la giacca e volò fuori.
Era già buio, ovviamente, ma non se ne preoccupò molto. Doveva andarsene da lì. In tutti i sensi.
Aveva già ritirato i fascicoli per l'università delle belle arti di New York, aveva studiato la posizione per riuscire a capire se fosse vicino a quella con i corsi di Regia che interessavano a Ray e alla facoltà di psicologia per Frank. C'era anche un edificio completamente a disposizione degli studenti: erano settecento dollari mensili, ed erano piccoli appartamenti composti da due camere da letto, bagno e una specie di zona cucina. Avrebbero lavorato, per riuscire a pagare tutte le spese, ma ne sarebbe valsa la pena; bé, per le tasse della scuola avrebbero usato i fondi che c'erano nel conto in banca.
Affrettò il passo. Non aveva la minima intenzione di tornare indietro.
Sorrise. Le labbra di Frank erano morbide, le sue braccia lo stringevano con naturalezza. Con Frank, si sentiva protetto. Era bellissimo, passare tanto tempo con lui.
Si strinse nel cappotto e un dubbio si fece strada nei pensieri confusi della serata: lo amava? No. La risposta era un no deciso. Non amava Frank: gli voleva bene perché era l'unica persona, che era riuscito a vedere oltre la facciata triste che lo avvolgeva perennemente. Era riuscito a capire cosa lo potesse aiutare e lo stava facendo. Lo stava aiutando. Tutta la fiducia che aveva guadagnato negli ultimi mesi, la doveva a lui. Ed era perfetto.
Ma... no. Non si stava innamorando. Era una cosa... passeggera. Come molte altre cose. Arrivò alla fermata dell'autobus, tirò fuori dalla tasca dei jeans gli ultimi spiccioli e si sedette sulla panca. Era tardi, le sei e mezzo, e non aveva alcuna intenzione di tornare a casa. Perché, lo avrebbe dovuto fare? Morse la lingua. La risposta era ovvia. Per Mikey: suo fratello aveva bisogno di lui, così come lui aveva bisogno di Mikey. Era una cosa reciproca, non lo avrebbe mai potuto abbandonare. Lasciarlo nelle grinfie di quei due non sarebbe mai stata una buona idea.
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Smoke gets in your Eyes - FRERARD
FanfictionEsistono tre parole che negli ospedali vengono ripetute fino allo sfinimento: "ma", "forse" e "se". Ma: "Certo, ora sei in remissione, ma potresti avere una ricaduta e tornare qui tra qualche mese". Forse: "Forse riuscirai a tornare a casa per Natal...