Canzone: Born to die, Lana del Rey
Uscirono dalla porta della cucina, corsero attraverso il giardino, scavalcarono il muro che difendeva quel poco che rimaneva della privacy degli Iero e, infine, poterono dichiararsi liberi.
Lo zaino sulla schiena di Gerard era pressoché vuoto, c'erano solo un po' di vestiti e il portafoglio, ma gli sembrava un macigno: lì dentro c'era tutto quel che l'avrebbe aiutato nella sua nuova vita a Los Angeles, California.
Synnøve li aspettava ad un paio di isolati di distanza, chiusa nel su pick-up malandato. Aveva detto che li avrebbe aiutati in quella missione suicida, ma ad una sola condizione: "se vi prendono, non fate il mio nome, non voglio problemi". Così, avevano inventato una storia che avrebbe retto agli occhi della polizia e dei giornalisti: stanchi di quella situazione, avevano atteso le tre del mattino, erano corsi fuori dal giardino ed avevano raggiunto Bloomfield e che lì avevano comprato due biglietti del treno per Phillisburg e da lì, bé... da lì in poi dovevano ancora inventare una storia solida.
La cosa più difficile, era calcolare quanti soldi ci sarebbero voluti per arrivare in California e se potevano permettersi delle soste durante il viaggio.
Synnøve li avrebbe portati fino ad Albany, sobbarcandosi un viaggio di quasi due ore (quattro, se si contava anche il ritorno) e da lì loro avrebbero proseguito da soli.
Gerard correva nel buio, le gambe metà nude che si bagnavano a causa dei cespugli bagnati che gli intralciavano la strada; la poca luce davanti a lui gli mostrava lo zaino di Frank, rosso scuro, e una parte del suo braccio. Con i polmoni che bruciavano per lo sforzo, saltava come un grillo e cercava di non inciampare dedicando tutta la sua attenzione ai movimenti dei piedi.
Non sapeva quanto mancava al posto scelto per l'incontro, ma di certo, se fosse stato più lontano di un altro miglio, le sue gambe avrebbero ceduto e sarebbe stramazzato al suolo.
Grazie a dio, arrivarono nel parcheggio del cinema molto prima di quanto Gerard si aspettasse e, con ancor più sorpresa, poté vedere che c'era davvero Synnøve chiusa nel suo pick-up.
Attraverso il parabrezza, osservò la sua espressione concentrata e furiosa, gli occhi azzurro ghiaccio che mandavano lampi glaciali ovunque e i capelli che le circondavano il viso in una morbida onda. Arrossendo, ricordò di come si era sentito mentre li stringeva tra le dita mentre facevano sesso.
Frank salì sul fuoristrada, mossa azzardata, dato che la ragazza pareva volerlo sbranare, ma faceva tutto parte del piano.
-Grazie mille per essere venuta- iniziò a dire Gerard una volta che chiuse la portiera dietro di sé. -So che siamo stupidi, ma...
Synnøve lo zittì alzando la mano destra. -Non ho bisogno di queste stupidaggini: so che cosa volete fare, so cosa devo fare, quindi evitate le cazzate, dato che ci vado anch'io di mezzo.- La croce veneziana che portava al collo baluginò alla luce dei lampioni. -Se vi prendono, non fate il mio nome- ribadì.
Frank, schiacciato tra lei e Gerard sul sedile unico del pick-up stringeva tra le mani lo zaino. Dalla tasca più piccola sbucavano gli angoli di due fogli di carta, due buste, due lettere. Una per Donna, una per Mikey.
-Synn... possiamo fermarci a casa mia?- chiese Gerard prendendo le buste.
Synnøve gli lanciò un'occhiataccia: -Non è una gita, se non ti sei accorto. Niente fermate.
-Devo consegnare due lettere!
La ragazza parve addolcirsi leggermente, ma non perse il suo cipiglio severo. -Hai due minuti: entri, posi le lettere, esci.- Imboccò Main Street. -Non voglio ritardi: se non torni entro i due minuti, porto Frank ad Albany e tu ti arrangi.
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Smoke gets in your Eyes - FRERARD
FanfictionEsistono tre parole che negli ospedali vengono ripetute fino allo sfinimento: "ma", "forse" e "se". Ma: "Certo, ora sei in remissione, ma potresti avere una ricaduta e tornare qui tra qualche mese". Forse: "Forse riuscirai a tornare a casa per Natal...