35. God will strake me down to hell forever more

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Canzone: Necromance Theatre, Pinkly Smooth


Per la terza volta, si trovava in ospedale nel giro di pochi giorni. La prima volta vi era andato per fare le analisi, la seconda per ritirare i risultati e la terza... bé, poteva descriverlo proprio in quel momento.

Era disteso su un lettino di metallo freddo e duro e la cassetta radiografica, collegata al tubo a raggi x, accarezzava ogni centimetro della sua pelle. Non letteralmente, non c'era alcun contatto fisico tra lui e l'aggeggio, ma sapeva che i raggi riuscivano ad entrare fino nelle ossa.

Erano alla ricerca di metastasi. La parola era brutta quanto ciò che rappresentava; per lo meno, "leucemia" era una parola dolce, scivolava tra le labbra con semplicità anche se era una parola infelice.

Metastasi, invece, era tremenda. Tremenda come il materiale famelico che rappresentava. Una metastasi mangiava gli organi, le ossa, tutto finché non arrivava al cervello ed uccideva.

Aveva consultato un opuscolo informativo, prima di spogliarsi per sottoporsi alla radiografia, e c'era chiaramente scritto che i fumatori rischiavano di esserne affetti maggiormente rispetto ai non fumatori.

Tipico, no?

A volte si chiedeva perché avesse iniziato a fumare e con chi aveva iniziato. Perché non si inizia mai a fumare da soli, lo si fa per dimostrare qualcosa.

Poi i ricordi lo assalirono, ricordò di quanto fosse eccitato Ray quando gli mostrò un pacchetto di Marlboro rosse; il fumo che gli riempì i polmoni e che lo fece tossire come un dannato dopo il primo, fatidico tiro; la voglia di riprovare per essere sicuri che facesse davvero così schifo e scoprire, subito dopo, che non era una cosa malvagia.

Che stronzata! Avrebbe dovuto sapere che le sigarette, il fumo eccessivo, non avrebbero aiutato la sua situazione già precaria. E, sicuramente, poco importava il fatto che non fumasse da quasi un mese: aveva compromesso le cellule dei suoi polmoni nei due anni precedenti. Forse anche i fumi delle vernici che aveva usato non erano state d'aiuto...

Finì le radiografie ai polmoni, le ultime, per quella giornata, e si lasciò cadere su una delle sedie di plastica rossa della mensa self service dell'ospedale.

Donna si era già accomodata e gli aveva preparato un vassoio con una porzione di carne (troppo cotta, per suo dispiacere), fagiolini e una passata di mele (omogenizzato spacciato per frutta).

Nonostante avesse la nausea, ingurgitò ogni elemento presente sul vassoio e si sforzò per tenerlo giù.

Mikey si era rifiutato di accompagnarlo e Frank aveva dovuto organizzare un po' di cose per l'università, per cui erano solo loro due. Ed era strano.

La donna mangiucchiava senza interesse la sua insalata. Anzi, a dire il vero, a Gerard sembrava che sospettasse che fosse piena di insetti velenosi.

-Come sono andate, le radiografie?- chiese dopo aver schiacciato uno spicchio di pomodoro con la forchetta. Il succo rossiccio era colato sulle foglie di cicoria superstiti e i semini si erano appiccicati sulle pareti del piatto.

-Dolorose- dovette confessare. -Ho passato tutto il tempo sdraiato su lastre di ferro e cose simili, per cui non è stata esattamente una cosa confortevole.

Sua madre annuì con fare serio.

Voleva solo andare a casa e prima di mezzanotte, possibilmente con buone notizie, tipo: "Ci siamo sbagliati, non sei malato di leucemia!" o "I tuoi polmoni sono a posto, ragazzo, non temere".

Donna arrotolò una ciocca di capelli scoloriti attorno al dito. -Con la chemio sarà ancora peggio... o vuoi provare con la radio?- fece scivolare la buccia del vegetale dall'altro lato del piatto. -Di solito raccomandano un ciclo di chemioterapia e poi di radioterapia, ma è tutto nelle tue mani...

Smoke gets in your Eyes - FRERARDDove le storie prendono vita. Scoprilo ora