39. Angels will call on me and take me to my home

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Canzone: Everywhere I go, Lissie

Gli scoppiava il cuore nel petto.

Ti amo, aveva detto Gerard con la voce più dolce al mondo. Gli aveva detto "ti amo" senza mostrare tentennamenti, era sicuro di ciò che diceva e Frank era certo che quella notte avrebbe segnato un nuovo inizio.

Più splendente, sincero, pulito...

Strinse la mano di Gee mentre un singhiozzo dovuto alla felicità eccessiva gli facesse sussultare il petto dolorosamente.

Fu allora che la macchina che misurava il battito cardiaco del suo fidanzato impazzì; un lungo stridio uscì dall'affare e lo schermo non segnò altro che una linea dritta.

Con calma, Frank si mise seduto e, con mani esperte, aggiustò il pulsiossimetro sull'indice di Gee. Solo allora si rese conto degli occhi sbarrati e dall'espressione vuota del ragazzo.

-G-Gee?- domandò stringendogli la mano. Era innaturalmente fredda e il suo petto non si alzava né abbassava.

Ci mise qualche secondo a capire cosa fosse successo e, dopo quasi un minuto, non aveva realizzato appieno; però un istinto nascosto da qualche parte nel suo corpo lo fece scattare: corse a premere il pulsante per chiamare gli infermieri e lo schiacciò il più forte possibile, le mani tremanti e gli occhi che bruciavano a causa delle lacrime.

Il rumore delle suole che slittavano sul linoleum del corridoio lo assordò prima che un team di infermieri capitanati dal dottore che aveva in cura Gerard entrassero.

A bocca aperta, Frank si lasciò cadere sulle ginocchia e un altro singhiozzo gli uscì di gola; ma non di gioia, felicità, meraviglia come quello di prima... erano le lacrime troppo violente per poter uscire dai suoi condotti lacrimali. Era andato via così? Non era possibile! Non era possibile!

Voleva urlarlo con tutta la sua voce, strillare che non era vero.

Era tutto un incubo. Ma certo! Come poteva essere la realtà? Si era sicuramente addormentato accanto a Gee e si sarebbe svegliato entro pochi minuti e Gee sarebbe stato lì con lui, stanco ma vivo e pronto a guarire.

Affondò le unghie nel palmo della mano e fissò gli infermieri spingere il suo fidanzato fuori dalla stanza, nel corridoio e poi chissà dove. Ma lui rimase lì, ginocchia e piedi ancorati a terra.

Sentiva freddo. Nei sogni era possibile? Da quel che ricordava, no. Nei sogni era tutto statico, non esisteva dolore, né freddo o caldo, né piacere senza che qualcosa di esterno desse il giusto impulso ai nervi e, nella maggior parte dei casi, era possibile avvertire solo sofferenza e impulsi sessuali.

Sentiva freddo, lo stesso freddo che avrebbe sentito Gerard per il resto dell'eternità, lingue di ghiaccio che lo leccavano senza riguardo.

Passò interi quarti d'ora in quella posizione e sul quel pavimento, la mente impegnata a cercare di capire se fosse tutto un sogno o se fosse accaduto realmente.

Non riusciva nemmeno a piangere.

-Frank...- la voce di Donna lo riscosse; era ovattata e flebile, ma gli bastò per alzare lo sguardo e concentrarsi su qualcosa. -Frank, vieni fuori, dai...

Guardò la mano pallida di sua suocera protendersi verso di lui, le unghie spaventosamente lunghe sembravano artigli pronti a recidergli la carne, eppure la prese e si lasciò aiutare. La donna lo condusse nel corridoio e, prima di uscire, Frank voltò il capo e inspirò profondamente, intenzionato a catturare l'ultimo respiro di Gee con i suoi polmoni e tenerlo per sempre con sé.

Smoke gets in your Eyes - FRERARDDove le storie prendono vita. Scoprilo ora