Fissò Frank leccare il bastoncino di zucchero.
Gli aveva portato la colazione con il pacchetto di preservativi in bella vista e, quando era entrato nella stanza, il nano si stava svegliando. Avevano messo da parte l'idea di mangiare e si erano accomodati sul materasso, mettendosi in bocca una caramella dopo l'altra.
Tornare a scuola fu qualcosa di shoccante.
Da Helena aveva passato una settimana spensierata, dove passava dalla camera da letto alla cucina (o alla sala da pranzo) per mangiare e bere vino. Si era pesato, appena tornato a casa: era ingrassato di un chilo.
Quando era tornato a casa, aveva aperto i libri e... ci si era addormentato sopra. Due volte.
Frank era diventato dolcissimo: lo cercava, lo chiamava, aveva chiesto a suo padre ben due volte di comprargli quei magnifici marshmallows con il cioccolato. Si cercavano a vicenda nel letto, ogni scusa era buona per abbracciarsi e toccarsi, e la terapia andava alla perfezione. L'odore dello shampoo di Frank era buono, la sua pelle profumava di pulito e i suoi vestiti di Marsiglia; posava il naso nell'incavo del suo collo e aspirava profondamente. Gli aveva tagliato i capelli di pochi centimetri e lo aveva aiutato con la tinta, cambiando le bande laterali da bionde a rosso scuro. Era un po' geloso, se doveva essere sincero. Era invidioso del fatto che fosse carino ed adorabile anche con un gatto morto in testa.
Passò una mano tra i suoi capelli incampando in un nodo. Bleah.
Frank si era ammalato: mentre camminavano sul vialetto che portava dal gazebo alla casa, il nano era scivolato su una lastra di ghiaccio ed era finito nella neve. Un lieve raffreddore e qualche linea di febbre erano stati inevitabili. Gli era dispiaciuto davvero, perché era per metà colpa sua. Forse si sarebbe preso comunque una malattia, ma era scivolato mentre era con lui e non aveva potuto fare niente che non fosse portarlo di peso dentro casa e farlo immergere di nuovo nell'acqua calda, per poi asciugarlo per bene, avvolgerlo nel piumone e portargli una cioccolata calda. Era rimasto lì tutta la notte, ad ascoltarlo mentre piagnucolava. Gli aveva baciato il viso nonostante scottasse, si era preso cura di lui come aveva potuto.
Scosse la testa e continuò a camminare nel corridoio deserto. Non aveva fame, quel giorno e, in più, non aveva portato né il pranzo, né i soldi per comprarlo, e non voleva chiederli a Lynz o a suo fratello.
Con un gesto naturale, prese dalla tascona della felpa il suo contenitore con le pillole e uno dei pochi biscotti avanzati da Natale. Lo divorò e prese due delle sue pastiglie al ferro. Sapeva che non era molto, un biscotto, per riempirsi lo stomaco, ma non poteva non prenderle: aveva il terrore di sanguinare, e se non ingoiava quelle cosette, il rischio di un'emorragia aumentava vertiginosamente.
Alzò gli occhi dal pavimento di linoleum.
Si bloccò. Jamia Nestor gli stava venendo incontro a braccia incrociate. Le diede immediatamente le spalle e prese a camminare nella direzione opposta, sperando di raggiungere i bagni maschili prima che potesse posargli una mano sulla spalla. Aveva evitato quella persona per mesi e mesi incontrandola casualmente per i corridoi solo un paio di volte, ma non era mai stato da solo.
-Non pensare di scapparmi- urlò Jamia affrettando il passo.
Perché aveva così tanta paura? Era sola, in quel momento, non c'erano i suoi fratelli, non c'era nessuno disposto a farlo andare all'ospedale con una costola rotta o qualcosa del genere.
Si voltò a guardarla. -Che cazzo vuoi?- sibilò guardando il suo viso coperto di trucco.
-Voglio fare un patto con te- disse sfoderando un sorrisetto diabolico. -Riguarda Frank, ovviamente.
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Smoke gets in your Eyes - FRERARD
FanficEsistono tre parole che negli ospedali vengono ripetute fino allo sfinimento: "ma", "forse" e "se". Ma: "Certo, ora sei in remissione, ma potresti avere una ricaduta e tornare qui tra qualche mese". Forse: "Forse riuscirai a tornare a casa per Natal...