Era riuscito a convincere Gerard che la cosa migliore, al momento, era tornare indietro.
Aveva bisogno di cure, di sottoporsi agli occhi attenti di una persona specializzata.
Gli accarezzò gentilmente i capelli; aveva passato la notte a vomitare, stremato dalla febbre e rincoglionito dal mal di testa. Verso le due del mattino, aveva iniziato a delirare, ad elencare i farmaci che prendeva quando stava male, a chiamarlo e ad invocare Mikey.
Gli avrebbe voluto dare del Tylenol, ma non poteva lasciarlo solo.
In quel momento dormiva tranquillamente avvolto dalle lenzuola ruvide, ma il viso era contratto in una smorfia. Sapeva che stava facendo uno dei suoi sogni bizzarri, pieni di colori ed ombre. Gliene aveva raccontati un paio e, sebbene il suo sogno del burattinaio che lo manipolava tramite i tubi delle flebo rimaneva il più inquietante che conoscesse, i suoi erano strampalati, quasi folli.
Passò le dita nuovamente tra le ciocche sudaticce del suo fidanzato.
L'avrebbe riportato a Belleville appena si sarebbe svegliato, ormai era deciso.
Piegò con cura le magliette, i jeans e contò i soldi. Erano abbastanza per tornare indietro con un treno che aveva anche i letti per la notte. Sarebbero passati di capitale in capitale e se un amico di suo padre l'avesse visto e riconosciuto, meglio! Li avrebbe aiutati a tornare a casa.
-Mi sento un disastro...- mormorò Gerard, ancora seduto sul letto ed avvolto dalle coperte.
Lo guardò. -No, non lo sei...- lasciò perdere l'impacchettamento e si mise in ginocchio davanti a lui. -Non lo sei.
Gerard lo fissò senza parlare; lo guardò e basta, lo sguardo reso vacuo dalla febbre.
Sentì la pietà montare all'altezza della sua gola, rendendogli difficile la respirazione. Inspirò a fatica ed allungò una mano per scostare una lunga ciocca di capelli dal suo viso. Era malato, lo si vedeva da chilometri, e chissà da quanto lo era. Ricordò i lividi che aveva baciato mesi prima, poco dopo la fine degli esami. Quanto era stato stupido, ignorarlo? Era stato un errore ignorare i sintomi, e sì che si erano presentati tutti insieme!
Sospirò e gli strinse una mano, per poi baciarla sia sul palmo che sul dorso. La pelle bruciava.
Compose il numero di telefono tremando.
Aveva ceduto: Gerard aveva bisogno di medicine e subito, e l'unico che poteva dargli abbastanza soldi per il Tylenol e le pasticche al ferro, era suo padre.
Sperava che non fosse troppo arrabbiato. Non avrebbe detto nulla del loro ritorno, né della visita medica alla quale si sarebbe sottoposto Gerard, solo che doveva permettergli di ritirare almeno duecento dollari.
Ancora scosso dai tremori, posò la cornetta del telefono pubblico vicino all'orecchio. Aveva chiamato a casa, anche se era stupido, sperava che qualcuno rispondesse.
-Pronto?
La voce di sua madre gli fece sciogliere il cuore. Poteva mentire a sé stesso quanto voleva, ma i suoi genitori gli mancavano da morire. Preferiva (ovviamente)la compagnia di Gerard, eppure Linda e Anthony, coloro che, sebbene l'avessero lasciato solo tante volte, l'avevano cresciuto nel migliore dei modi, erano i suoi unici parenti, le uniche persone che amava da sempre.
-Pronto?- ripeté la mamma.
Inspirò. Sarebbe riuscito a parlare? -C-ciao, mamma...- mormorò con un po' di voce.
Era incredibilmente felice di sentirla, anche se non aveva detto nient'altro che "pronto". Era stato sicuro di aver dimenticato la sua voce, di come dicesse anche le parole più semplici, invece no, era ancora lì, il ricordo era sempre rimasto intatto nella sua mente.
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Smoke gets in your Eyes - FRERARD
FanficEsistono tre parole che negli ospedali vengono ripetute fino allo sfinimento: "ma", "forse" e "se". Ma: "Certo, ora sei in remissione, ma potresti avere una ricaduta e tornare qui tra qualche mese". Forse: "Forse riuscirai a tornare a casa per Natal...