20. We keep writing, talking and planning but everything's changing

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Canzone: Second Heartbeat, Avenged Sevenfold

La chiamata di domenica mattina lasciò gli Way spiazzati.

La polizia non aveva mai chiamato, tanto meno per Gerard. Avevano chiesto che l'ormai diciannovenne si recasse alla stazione di polizia per "una questione urgente".

Andarono immediatamente dalla polizia. Donald era già pronto a prenderlo a schiaffi ed a sbatterlo fuori di casa a calci. Ma non capiva cosa avesse fatto per essere chiamato dagli agenti. Lui e Frank non avevano mai fatto niente di sbagliato, non aveva rapinato nessuna banca, non aveva ucciso un professore, non aveva fatto niente di illegale. Che i colori acrilici che aveva comprato la settimana precedente fossero tossici? No, impossibile: sarebbe già morto asfissiato.

L'aria nella centrale puzzava di disinfettante, come quella degli ospedali.

-Sia chiaro, se è per la tua "questione" con Frank- sputò Donald mentre percorrevano uno dei tanti corridoi a piastrelle bianche e nere, -io ti lascerò lì.

-Capitan ovvio- sibilò in risposta.

L'agitazione lo rendeva aggressivo: se veniva attaccato, rispondeva di conseguenza.

Donald fece per rispondergli, ma notò l'agente che li attendeva accanto a...

-Frankie!

Frank sussultò alzando di scatto gli occhioni verdi. Vicino a lui c'erano Linda e Anthony agitati e dall'aria stressata. -Gee! Sai cos'è successo? Perché ci hanno chiamati?- si alzò dalla sedia e gli corse in contro. Lo abbracciò stretto cercando di allontanare il panico che lo avvolgeva. Riusciva a percepire che era spaventato a morte, terrorizzato per il loro destino; lo strinse: se era il suo unico conforto, doveva agire di conseguenza.

L'agente si era alzato dalla sua seduta di plastica rigida e si era avvicinato ai due con passo incerto. Non aveva mai visto un poliziotto agire in quel modo. -Gerard Way?

Senza sciogliere l'abbraccio, mosse la testa positivamente. -Sono io.

-Devo parlare sia con lei, che con il signor Iero.

Il più piccolo si agitò a disagio.

Non ho fatto nulla di sbagliato. Non ho preso la macchina di Donald per scappare in Messico, non ho ucciso nessuno, per ora, e non ho minacciato nessun individuo sul pianeta Terra! Che ci faccio qui?!

Sempre più nel panico, non riusciva a pensare a qualcosa che non fosse cercare nella sua mente quell'azione sbagliata, quell'idea che aveva obbligato la polizia a chiamarlo. Ma non trovava niente. Il suo cervello non era altro che un archivio vuoto privo di qualunque documento recente. Che avesse rubato dei colori? L'unica volta che lo aveva fatto erano stati gli acquarelli della scuola ad essere trafugati, ma nessuno gli aveva mai detto niente. E poi era un furto "innocente", fatto per pura ambizione e che non aveva messo in pericolo la vita di nessun essere umano.

-Seguitemi.

Sciolsero l'abbraccio e, tremando come foglie autunnali, seguirono l'uomo. Si tenevano per mano; il calore che scaturiva dalle loro dita intrecciate non era per niente rassicurante: era quella calura appiccicosa che la pelle sprigionava quando si era sotto tensione.

-Andrà tutto bene- mormorò a bassa voce. Voleva calmarlo, non avevano fatto nulla di male, no?

L'agente aprì una delle tante porte nere e li fece accomodare nella stanza spoglia.

La sedia dura e scomoda non serviva ad altro che farlo agitare. Squadrò il locale: le pareti erano dipinte di un pallido color crema, ma l'umidità le aveva macchiate negli angoli, rendendole di un verde sporco; il tavolo era di compensato marrone chiaro, della stessa tonalità delle sedie; l'ultimo oggetto che notò, fu uno schedario blu arrugginito, messo in un angolo, come se dovesse risulare invisibile.

Smoke gets in your Eyes - FRERARDDove le storie prendono vita. Scoprilo ora