Capitolo 34

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Ian stringe ancora di più le sue dita sulle mie e quella presa sulla mia pelle mi fa tornare nel mondo reale, da cui mi ero estraniata per un secondo.

Il cuore mi sta palpitando nel petto da un tempo indefinibile ed ora l'unica cosa che riesco a distinguere davanti ai miei occhi sono le rifiniture chiare del tappeto ai nostri piedi.

Le parole sono bloccate in bocca, vorrei dire qualcosa e rispondere, ma la mia attitudine allo sbaglio è più forte della mia volontà.

Ad un tratto di rendo conto che in realtà non ho proprio idea di cosa dire.

Sono totalmente intorpidita.

-Ho capito-

Interrompe il contatto fra noi e le mie braccia ricadono inermi lungo i fianchi.

Prende un paio di pantaloni e delle scarpe afferrati, ne sono sicura, totalmente a caso e lascia la camera da letto evitando il mio sguardo.

Non so quanto tempo passa prima che io decida di seguirlo e tentare di mediare all'orribile figura che ho appena fatto, ma nel momento in cui giungo in cucina c'è solo Nadija che borbotta qualcosa, di sicuro non in inglese.

Sospiro sommessamente attirando la sua attenzione e per salutarmi mi rivolge un cenno col capo.

-Hai visto Ian uscire, per caso?-

-Buongiorno anche a te. Sì l'ho visto uscire dieci secondi fa ed era...come si dice nella vostra lingua...serdityy?- fa una pausa di riflessione picchiettandosi l'indice sul mento -ah, giusto, incazzato-

Scuoto il capo e mi siedo sullo sgabello della cucina, guardando la russa paffuta davanti a me  mentre prepara l' abituale tazza di caffè.

Era prevedibile che si sarebbe arrabbiato ma, in fondo, cosa ho fatto di male?

Mi ha detto che probabilmente mi ama e in fondo cosa significa?

Sono sicura di non aver mai amato in passato, a Seattle ero troppo piccola per amare i miei genitori e quando la mia mente era in grado di farlo, il destino ha deciso che in me non c'era posto per l'amore.

-Problemi in paradiso, matjuška?- chiede poggiando davanti a me una tazza rossa piena di liquido fumante.

-E' così evidente?-

Annuisce mentre estrae dalla tasca della giacca la solita fiaschetta argentata.

-Comunque sì,mi ha detto che mi ama e io non gli ho risposto-

Inarca le sopracciglia e assume un'aria sorpresa.

Invece di mettere via la fiaschetta la apre di nuovo facendo scricchiolare il tappo d'acciaio e versando un po'di liquido nella mia tazza.

Devo fare davvero pena...

Restiamo in silenzio, senza bisogno di dire nulla e per questo mi piace la sua compagnia.

Ad un tratto, però, mi salta in mente una nostra conversazione di qualche giorno fa.

Ingoio il caffè amaro misto a vodka, che ha un sapore al limite del terribile, ma una volta ingerito caldo e rinvigorente.

-Senti, un po' di giorni fa ti avevo chiesto se ti fossi mai innamorata, perché non mi hai risposto?- domando schietta, forse troppo.

-Questi non sono affari tuoi- risponde acida

-Senti, ho avuto anche io una brutta storia, mia madre è morta e mio padre...- mi rendo conto che faccio ancora fatica ad ammetterlo ad alta voce -beh, lui era una persona orribile. Stare con Ian mi ha aiutata a superare tutto- mento -Se tu mi raccontassi la tua storia potresti aiutare me a sapere come fare con lui-

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