Capitolo 37

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Emetto un sonoro gemito quando Ian mi bacia la clavicola, incrocia le sue dita alle mie e mi porta sull'orlo del baratro, ai limiti del parossismo.

Le sue pupille sono dilatate e le guance arrossate per il piacere, gli poso un lungo bacio sulle labbra mentre entrambi annaspiamo ancora.

Crolla al mio fianco respirando affannosamente -Cavolo...ti ho mai detto che sei fantastica?-

Mi volto verso di lui e ridacchio.

-Non lo so, ma non mi dispiace che tu lo ripeta ogni tanto-

Fa un sorriso sghembo e scuote la testa lentamente.

Dopo qualche secondo si sporge verso il comodino, aprendo un cassetto estraendone una sigaretta.

Lo osservo attentamente, beandomi della sua bellezza, pura e semplice, senza troppa massa muscolare o particolari spigolosi.

Le lenzuola che gli coprono la parte bassa del ventre donando alla sua personalità una punta di timidezza e di pudore che in realtà non possiede.

Si passa una mano lungo la testa, scostandosi i capelli umidi di sudore dalla fronte, in modo lento e sensuale.

Ad un tratto mi guarda furtivamente, come se si fosse accorto solo adesso che lo sto fissando.

-Che c'è?-

-Ti amo-

Sulle sue labbra si forma un sorriso ampio e luminoso.

-Anche io- fa una breve pausa -è bello sentirtelo dire-

-Beh mi rendo conto che ci ho messo un po'-

-Non importa-

Si avvicina al mio viso e mi schiocca un bacio, l'odore del fumo appena inalato mi pizzica il naso e la mia mente non può fare a meno di associarlo a suo padre, amante dei sigari.

E sì, siamo a letto insieme e penso a suo padre, dovrei almeno provare ribrezzo per me stessa, ma l'unica cosa a cui riesco a pensare è che dovrei parlargli della telefonata di ieri sera.

Ad un tratto, per mia fortuna Ian si alza dal letto scuotendomi dai miei pensieri, si infila un paio di pantaloni e cammina spedito verso il suo armadio.

-Volevo aspettare domani per dartelo- apre un'anta e prende un pacchetto di medie dimensioni, incartato di blu e me lo porge.

-Ian, non ce n'era bisogno, hai fatto così tanto per me-

Fa un gesto della mano di noncuranza -oh piantala, non è niente-

La consistenza è solida ma leggera, presa dall'impazienza e dalla curiosità lo scarto.

Si tratta di una cornice color avorio di una fotografia.

Mi ricordo benissimo di questo scatto, siamo io ed Ian al lavoro, lui seduto sulla mia scrivania e io sulla sedia.

Ci stiamo guardando dritti negli occhi, ridiamo e abbiamo i volti molto vicini, come in un fermo immagine dei film, ma più bello.

Ce l'aveva fatta Eddy di nascosto, io non amo farmi fotografare, per questo Ian ed io non abbiamo praticamente foto insieme.

E' incredibile come un solo scatto, un ritratto della realtà interrotta e stampata per sempre, possa suscitare così tante emozioni.

La foto risale a un po' di tempo fa, a quando ci eravamo appena messi insieme, avevo il colorito un po' spento ma negli occhi c'era tanta felicità.

-Sai, pensavo che siccome non hai avuto dei genitori che ti appoggiassero e che ti volessero bene,ho pensato che avessi bisogno di far parte di una famiglia e che una cornice potesse aiut...-

Lo interrompo scoppiando in lacrime per la gioia.

Non è una semplice cornice, rappresenta la mia appartenenza a qualcosa, qualcosa di estremamente buono, ho trovato tutto quello che mi è mancato negli ultimi anni, protezione, uno scopo nella vita e affetto.

Vedendomi in questo pietoso stato corre a stringermi fra le sue braccia e in tutta risposta mi aggrappo a lui senza lasciare il meraviglioso regalo che mi ha appena fatto.


-Bere non ti servirà a sopportare tuo padre- dico entrando in soggiorno, sistemandomi il vestito lungo i fianchi.

-E' il tuo regalo, sarebbe scortese non berlo- ribatte in tono sarcastico

Ian ripone la bottiglia di whisky che gli ho regalato nella credenza in cucina e nel momento in cui si volta mi squadra da capo a piedi.

Il mio regalo non è nulla rispetto alla splendida cornice che mi ha regalato lui, ma almeno gli è piaciuto e la cosa mi ha resa felice.

-Cavolo...sei bellissima-

-Non esagerare. Vogliamo andare?-

Si avvicina a me lentamente con occhi adoranti e fa scorrere lo sguardo su di me da capo a piedi.

Fremo nel momento in cui posa le mani sui miei fianchi e fa una lieve pressione.

Gli aggancio le mani dietro il collo e inspiro il suo profumo, acqua di colonia, semplicemente irresistibile.

-Potremmo fare un po' tardi- sussurra al mio orecchio, facendomi rabbrividire.

-Ci ho messo un quarto d'ora per pettinarmi i capelli, quindi, te lo scordi-

Mi costa molto dirlo, sono veramente tentata da lui e dalla sua sensualità, ma ho fatto una fatica immane a creare questa coda alta, che modestamente mi è uscita anche bene.

Fa il finto broncio e si avvia alla porta.

-Me la pagherai- sussurra insolente.

Vedo il mio riflesso nella porta finestra del soggiorno, il rosso del vestito mi riporta al momento in cui con Eddy ho incontrato la ex fidanzata di Ian al centro commerciale.

Pensandoci,c'è qualcosa in lei, qualcosa nella storia che mi ha raccontato Ian, che non mi torna.

Penso che le cose siano andate diversamente, è ovvio che ogni coppia abbia i suoi segreti, ma in questo caso il mio sesto senso mi dice che qualcosa non va.

Scaccio questi inutili idee dalla mente e mi concentro per non morire congelata quando le mie gambe scoperte entrano in contatto con il freddo dell'ambiente circostante.

Durante il viaggio in auto guardo fuori dal finestrino, siamo in pieno giorno ma della luce solare non c'è traccia.

Mi ero gradualmente abituata al freddo autunnale, d'altronde ho passato cinque anni in una località balneare, ma l'inverno mi ha completamente colta di sorpresa e scombussolata in ogni sua forma.

-Tuo padre mi ha chiamata ieri sera, dopo che ti sei addormentato-

Stringe la presa sul volante e mi rivolge una rapida occhiata.

-E perché mai?-

-Era preoccupato per te. Non rispondevi al telefono e sapeva quando quella giornata potesse essere dura per te. Mi ha anche chiesto di prendermi cura di te, ti vuole bene-

Sbuffa senza distogliere gli occhi dalla strada nemmeno per un secondo.

-Non voglio iniziare questo discorso proprio ora che siamo praticamente arrivati a questa stupida festa di Natale-

Infatti senza nemmeno accorgermene siamo arrivati nella suntuosa villa Scott e stiamo facendo il nostro ingresso nel vialetto.

Ad attenderci fuori dal portone di casa c'è Robert che sta fumando un sigaro, visibilmente agitato e in trepidante attesa del nostro arrivo.

Scendo dall'auto seguita da Ian, mentre suo padre si precipita da noi avvolgendosi nel lungo cappotto nero.

-Ian, nel mio ufficio. Subito-

Sgrana gli occhi e si avvicina al padre.

-Che succede?-

-Vieni e basta. E' un'emergenza e sai benissimo di cosa si tratta-

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