Capitolo 53

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-Come diavolo fai a saperlo?- gli chiedo sconvolta.

Ian si passa una mano tra i capelli nervosamente e ricomincia a camminare avanti e indietro per la stanza.

-Sul tuo comodino c'è lo stesso flacone che tiene lui in camera sua, uno dei tanti. Non ci vuole un genio- risponde gesticolando.

-E cosa ti fa credere che io lo ricatti?-

-Gliel'ho chiesto e lui mi ha risposto che erano le sue. Facendo due più due su quanto è appena successo ho tratto le mie conclusioni e comunque tu non stai negando niente-

-Ammetto di essermi approfittata della situazione, ma quella storia del problema è una stronzata-

A quelle parole mi lancia uno sguardo fulminante e se mi potesse uccidere in questo momento sarei già morta.

-Non dirai sul serio- dice alzando il tono di voce -tu sei una cazzo di tossica, pensavo che avessi smesso da quando stavi con me ma evidentemente mi sbagliavo-

Apro la bocca sconcertata, non posso credere che mi stia dicendo queste cose, spero solo che siano frutto di una rabbia non adeguatamente smaltita.

-Mi stai dando della tossica? Come cazzo ti permetti!- stavolta sono io ad alzare la voce, incurante di Josh e dei vicini di casa che stiamo probabilmente disturbando.

Me ne infischio, non li conosco nemmeno.

-Andiamo, ultimamente sei completamente rimbecillita, lunedì non ti ricordavi nemmeno dove avevi lasciato il maglione blu e ce l'avevi addosso!- mi urla contro

-Vaffanculo, Ian- esclamo andandomene da camera sua sbattendo la porta.

Lui non si rende nemmeno conto di quanto quei farmaci mi abbiano aiutata, soprattutto nel periodo in cui soffrivo per colpa sua.

Mi rifugio nella mia stanza, buttandomi sul letto accanto al gatto, che ha risentito meno di me di quel manrovescio da parte di Josh che a proposito, ho visto in bagno chino sul lavandino con mia somma goduria.

Ho sempre avuto problemi per quanto riguardava l'ansia, gli incubi e il sonno, molte persone le prendono anche per molti anni, su prescrizione medica, certo, ma non capisco cosa cambi.

Ad interrompere i miei pensieri c'è il mio cellulare che squilla dalla tasca dei pantaloni, si tratta di un numero sconosciuto, perciò non rispondo.

Prendo un paio di pillole di Lorazepam e le inghiotto in modo irruento, senza bere una singola goccia d'acqua.

E' sempre stato così, inghiotto le brutte giornate, i dispiaceri, gli incubi e le urla di Ian che mi arrivano da dietro la porta dopo due minuti scarsi da quando me ne sono andata.

Batte le mani sulla porta con una violenza che non gli è mai appartenuta.

-Greta, apri questa porta! Dobbiamo parlare, non puoi andartene così nel bel mezzo di una discussione-

Vorrei rispondergli di lasciarmi in pace, di smaltire la rabbia e poi venire a parlarmi, ma il mio cellulare inizia a squillare di nuovo.

Lo afferro e perdo un battito nel momento in cui sullo schermo appare un numero sconosciuto con il prefisso 206.

Il prefisso di Seattle.

Potrebbe essere mio padre, o qualcuno che conoscevo lì che ha trovato il mio numero in giro, anche se non so come ed entrambe le opzioni sono terribili.

Ma mi conosco troppo bene per sapere che verrei risucchiata dall'angoscia e dalla curiosità se non rispondessi adesso.

Mi rifugio nel bagno della camera da letto per evitare che le urla di Ian al di là della porta sovrastino il volume del cellulare, per adesso accantono quel problema, ce n'è uno più grande adesso.

Deglutisco e premo la cornetta verde.

-Pronto?-

-Greta Johnson?-

E' una voce femminile e squillante che parla.

-Sì, sono io- mormoro

-Qui è il Virginia Mason Medical Center di Seattle. L'ho contattata per comunicarle che suo padre Frank Johnson è deceduto quattro giorni fa. Mi dispiace-

Mi si mozza il respiro in gola e non mi curo del cellulare che cade a terra frantumandosi, probabilmente.

Cerco di respirare, ma è molto difficile.

Quando mi sta per venire un attacco di panico solitamente tutti i rumori intorno a me si attutiscono, invece questa volta riesco benissimo a sentire Ian che continua a sbattere le mani contro la porta della mia stanza, proprio come faceva mio padre.

Iniziano a passarmi davanti mille scenari, Ian, mio padre, Josh, indistintamente.

Fiumi di lacrime iniziano a scorrere sul mio viso, mi lascio andare sul pavimento coprendomi le orecchie con le mani.

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